I misteri centrafricani
La storia di come la Russia è arrivata e si è stabilita in Repubblica Centrafricana è paradigmatica del modello russo di cooperazione.
Come la Russia usa la Chiesa Ortodossa per ingraziarsi i fedeli nel continente africano.
La nostra serie sulle attività della Russia nel continente africano.
Il 12 febbraio 2016, presso la sala VIP dell’aeroporto internazionale José Martì de L’Avana, Cuba, Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa, si incontravano per la prima volta per aprire nuove strade di collaborazione nel Sud del mondo tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa.
Solo in Africa, secondo la Guida delle missioni cattoliche del 2010, i cattolici sono oltre 172 milioni, meno del 20% della popolazione del continente, mentre gli ortodossi, divisi nelle varie confessioni (copta, etiope, eritrea), sono circa 70 milioni. In Africa settentrionale il cristianesimo, per secoli, si è identificato con l’Ortodossia: la Chiesa copta è nata dalle predicazioni di San Marco, discepolo di San Pietro, mentre molto più recente è la presenza dell’Ortodossia in Africa subsahariana.
Oggi la giurisdizione sul continente dei fedeli ortodossi è del Patriarcato di Alessandria, anche se nel 1959 la chiesa ortodossa copta si è scissa da quella etiope ed eritrea per ragioni di organizzazione, finanziaria e non solo. Come scrive Africa Rivista, “negli anni Trenta alcuni metodisti delusi dal razzismo presente nella loro Chiesa fondano in Sudafrica la Chiesa ortodossa africana. Inizialmente non si trattò di una vera Chiesa ortodossa, ma i suoi membri si riconobbero subito nella lettura teologica ortodossa, tanto da chiedere di entrare a far parte del Patriarcato di Alessandria che, da sempre, aveva giurisdizione sul continente. Alessandria diede il suo assenso. Da quel momento le vicende di questa Chiesa si intrecciarono con quelle della lotta contro il colonialismo. Gli ortodossi lottarono per l’indipendenza del Kenya e dell’Uganda e pagarono duramente questa loro posizione. Molte chiese vennero chiuse e molti religiosi arrestati. In quel periodo nacque una forte amicizia tra Jomo Kenyatta, padre dell’indipendenza del Kenya, e l’arcivescovo Makarios, che lottava per la fine del dominio britannico su Cipro. Non è un caso che, proprio a Nairobi, nacque il primo seminario ortodosso dell’Africa subsahariana, fondato su un terreno donato da Kenyatta, con fondi raccolti da Makarios e dal Patriarcato di Alessandria. Con le indipendenze dei Paesi africani, si sviluppò anche l’azione evangelizzatrice ortodossa attraverso la predicazione, i progetti di sviluppo, l’assistenza medico-sanitaria, la costruzione di istituzioni scolastiche. Metodi non dissimili da quelli utilizzati dai missionari cattolici o riformati. Presenze ortodosse si sono fatte consistenti in Repubblica Democratica del Congo, Ghana, Kenya, Madagascar, Nigeria, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Attualmente sono presenti dodici arcidiocesi e cinque diocesi e tutte rispondono al Patriarcato di Alessandria d’Egitto. In Africa però manca un tipico elemento della spiritualità ortodossa: i monasteri. Nonostante alcuni monaci e monache abbiano lavorato nel continente, non è mai stato fondato alcun monastero”.
Oggi potremmo essere di fronte a una nuova era per la Chiesa ortodossa in Africa: il 28 luglio 2023 il Patriarca russo Kirill ha pronunciato un discorso al vertice Russia-Africa, tenutosi a San Pietroburgo, nel quale ha espresso il suo desiderio di “espandere la Chiesa ortodossa russa in Africa”, un processo che in realtà è in atto almeno da qualche anno. Tra il dicembre 2021 e il luglio 2023 l’Esarcato Patriarcale d’Africa della Chiesa ortodossa russa ha aperto oltre 200 parrocchie in 25 Paesi africani. “Oltre allo sviluppo della vita liturgica ci sono state opportunità per lanciare molti progetti educativi e umanitari, in particolare per la traduzione dei libri nelle lingue nazionali” ha detto Kirill nel suo discorso ai leader africani, ricordando di aver visitato egli stesso, tra il 1971 e il 2016, 18 diversi paesi africani. L’esarca patriarcale d’Africa della Chiesa ortodossa russa Leonid di Klin ha promesso la fondazione di monasteri “a immagine e somiglianza dei monasteri russi”. Il centro amministrativo e spirituale della Chiesa ortodossa russa in Africa, ha detto Klin nel 2022, sarà a Kampala, in Uganda, e sorgerà su un terreno di 6 ettari donato dal presidente ugandese Yoweri Museveni “nel posto migliore della capitale, proprio davanti al palazzo presidenziale”.
Nel suo discorso di San Pietroburgo di fine luglio 2023, Kirill ha manifestato un nuovo, ennesimo, scontro di potere che affligge la Chiesa ortodossa: il Patriarca russo infatti ha detto che il Patriarcato d’Alessandria d’Egitto ha perso la sua legittimità in Africa a causa delle “manovre politiche al suo interno”, riferendosi senza troppi giri di parole alla decisione di Alessandria di riconoscere l’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina da quella russa: “Il Patriarca di Alessandria, trascinandosi dietro il carro di alcune potenze occidentali, ha deciso sotto pressione esterna di riconoscere i gruppi scismatici in Ucraina. Queste tristi circostanze hanno spinto la nostra Chiesa a creare il proprio esarcato patriarcale” per l’Africa.
Kirill, che di fronte aveva 17 capi di Stato africani, Vladimir Putin e persino il defunto capo del gruppo mercenario Wagner Yevgeny Prigozhin, ha detto che il Patriarcato d’Alessandria “inganna il gregge di Cristo su questioni politiche”. Si tratta di uno scontro scismatico che risale al 2019, quando il Patriarcato di Kiev si è separato da Mosca per ragioni politiche: la Chiesa russa ha scomunicato il clero ucraino ma, quello stesso anno, il Patriarca d’Alessandria Teodoro II ha riconosciuto il Patriarcato di Kiev, divenendo una delle figure religiose più importanti a sostenere l’indipendenza spirituale dell’Ucraina. Teodoro II è un peso massimo nel clero ortodosso: detiene il titolo di Patriarca della Grande Città di Alessandria, Libia, Pentapoli, Etiopia, di tutto l’Egitto e di tutta l’Africa, un’autorità spirituale che si estende dall’Egitto al Sudafrica, sul cui potere Kirill sembra intenzionato a mettere le mani. Il patriarca russo ha pubblicamente denunciato il Patriarcato d’Alessandria come “corrotto e degenerato” e sostiene che Teodoro II privi “gli africani della guida spirituale”, legittimando così l’espansionismo della Chiesa ortodossa russa oltrela religione, per contribuire alla buona riuscita delle relazioni politiche russo-africane.
Kirill fa promesse agli ortodossi africani, mettendo sul piatto molto più di una “nuova e vera guida spirituale”: welfare, infrastrutture, scuole e ospedali, le promesse degli ortodossi russi fanno gola ai fedeli africani in contesti difficili e di crisi, con la Chiesa russa che promette di aiutare e sostenere le popolazioni “in condizioni politiche dure e critiche, come la rottura dei legami con i paesi e le istituzioni occidentali”, proprio come accade in Eritrea o tra i Paesi della recente stagione golpista saheliana. La minaccia è chiara: “Teodoro II porterà i fedeli nella sfera d’influenza occidentale” mentre l’agenda di Kirill vuole “proteggere i Paesi africani” dalle pressioni esterne. Intervenendo poco dopo Kirill allo stesso vertice pietroburghese, Maria Lvova-Belova, commissaria russa per i diritti dell’infanzia (ricercata con Putin dalla Corte Penale Internazionale per la deportazione di minori ucraini in territorio russo), ha detto che il governo di Mosca prevede di utilizzare le parrocchie ortodosse come base per scuole, orfanotrofi, programmi di sviluppo e progetti umanitari.
La Repubblica Centrafricana è il primo paese africano in cui è stata registrata una Chiesa ortodossa russa, nel 2022, grazie in particolare al lavoro del sacerdote Serge Voyemava, formatosi e ordinato sacerdote in Russia, ordinato diacono da Klin a dicembre 2022. Voyemava, precedentemente fedele ad Alessandria, ha sposato la causa ortodossa russa e il Cremlino lo ha generosamente ricompensato con lo stanziamento di fondi per nuove scuole e infrastrutture partendo da alcuni progetti a Bimbo, dove ha fondato la Chiesa ortodossa del Santo Apostolo Andrea il Primo Chiamato.
Qui, grazie a fondi della cooperazione russa, si stanno realizzando un ospedale e una scuola, che l’ambasciatore russo a Bangui Alexander Bikantov ha definito “prioritari” per i russi in Centrafrica, per i fedeli centrafricani e per i progetti di cooperazione russo-cinesi in Centrafrica.
Teodoro II ha più volte manifestato pubblicamente le sue preoccupazioni, anche chiedendo maggiore unità tra le varie chiese ortodosse e stigmatizzando il silenzio di alcuni Patriarcati, come quello di Serbia, sui crimini russi in Ucraina e nel mondo. Il timore di Teodoro è che l’influenza russa in Repubblica Centrafricana possa estendersi ad altri paesi con credenti ortodossi, anche cavalcando l’ondata politica anti-francese e anti-occidentale di molte realtà sociali africane.
Oggi la Russia ha interferenze dirette nel mondo istituzionale centrafricano: russi sono gli uomini che si occupano della sicurezza personale del presidente Faustin Archange-Touadera, russi sono il primo e il secondo consigliere per la sicurezza della presidenza, russi sono i principali istruttori militari delle Forze armate e russe sono le forniture militari di cui si sta dotando l’esercito centrafricano, ovviando così all’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite. La Russia oggi influenza la politica, la burocrazia, l’industria (e l’economia) centrafricana, oltre che i media, e sono due i temi principali su cui si fa propaganda: la sicurezza e l’Ortodossia. “La maggior parte dei Paesi africani ripudiano i valori non tradizionali” ha semplificato Kirill nel suo discorso di San Pietroburgo: “La Russia non ha mai parlato male dei popoli africani da una posizione di presunta superiorità e non ha mai considerato l’Africa come uno spazio per l’estrazione di profitti”. Secondo Kirill, gli sforzi dei Paesi occidentali alimentano un clima spirituale e morale pericoloso: “Il tentativo di incitare alla discordia interreligiosa è un altro strumento criminale della politica odierna. Queste manifestazioni si sono diffuse pericolosamente nel continente africano, dove i cristiani sono soggetti alla più grande persecuzione dei nostri tempi”.
L’Ortodossia funge da strumento culturale della Russia per esercitare la sua influenza in Africa, con la religione che può ancora servire come strumento di soft power. La guerra scismatica, e politica, interna alle Chiese ortodosse d’Africa, in questo senso, è appena cominciata.
La nostra serie sulle attività della Russia nel continente africano.
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La Rivoluzione d’Ottobre ha portato al grande ritorno della Russia in Africa.
Cosa fa il gruppo Wagner russo in Repubblica Centrafricana?
La Russia ha occupato il vuoto lasciato dal resto del mondo nel Sahel: per ragioni politiche Mosca vuole fare il gendarme d’Africa.
La Russia oggi detiene il 44% del mercato delle armi in Africa.
La propaganda è uno strumento fondamentale della strategia russa in Africa.
Da quando l’Unione Europea ha bloccato i network russi RT e Sputnik, questi hanno spostato le loro operazioni in Africa.
Le esigenze di sicurezza di Pechino e la sfrontatezza russa in Centrafrica.
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Sullo stesso terreno, Bancroft e Wagner operano nello stesso settore e nello stesso territorio, con le stesse regole d’ingaggio e gli stessi obiettivi.
Quella in Burkina Faso è la prima missione in cui ufficialmente Wagner utilizza il nuovo marchio dell’Africa Corps.
Ci sono cose che sopravvivono al proprio creatore, magari assumendo forme nuove, diverse, reinventandosi. Ci sono cose che sopravvivono persino alla damnatio memoriae.
Questo episodio potrà sembrare merce per appassionati ma, in realtà, tratta di politica. Quella molto spiccola.
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Nel solco dei “neo-idealisti”, l’ex presidente estone riflette in questa intervista sulla necessità di continuare lo sforzo di coesione attorno al sostegno militare all’Ucraina. Secondo lei, le trasformazioni nate in mezzo alla prova della guerra dovrebbero permettere all’Unione di approfondire la sua integrazione interna e di rafforzare le relazioni con il suo vicinato a Sud.
Ridurre i divari e le disuguaglianze tra le regioni è un obiettivo fondamentale dell’integrazione europea. Destinata a favorire la convergenza e la crescita, la politica di coesione si sviluppa su un lungo periodo, ma è stata messa a dura prova dagli shock improvvisi della pandemia e della guerra in Ucraina. In 10 punti e attraverso 26 grafici e mappe, tracciamo un bilancio dello stato attuale della politica di coesione e del suo futuro, mentre gli Stati membri si preparano a un allargamento che potrebbe sconvolgerne le coordinate.
La pietra angolare vacilla. Dopo la pandemia, mentre la guerra si estende da Gaza a Kiev, per liberare le forze vitali della costruzione europea, bisogna avere il coraggio di intervenire sul cuore dell’Europa: il mercato unico. Un contributo firmato da Enrico Letta.