La coesione per le armi

I leader dell’Unione Europa vogliono investire fortemente in armi e difesa. La Commissione europea ha annunciato un pacchetto chiamato “ReArm Europe” e il Consiglio europeo straordinario dello scorso sei marzo ha dato il suo benestare politico. Il Parlamento europeo è stato parzialmente coinvolto e ora si aspettano i prossimi passi concreti, che dipenderanno soprattutto dalla volontà degli Stati Ue.
ReArm Europe è composto da una serie di iniziative diverse, finanziate in modi diversi. Insieme, tutte queste proposte «potrebbero mobilitare quasi 800 miliardi di euro di spese per la difesa per un’Europa sicura e resistente», ha spiegato la presidente della Commissione Ue von der Leyen.
Il condizionale però è d’obbligo perché tutte le soluzioni andranno testate alla prova dei fatti, gli ostacoli da superare sono molti e non è detto che la cifra degli 800 miliardi venga davvero raggiunta.
Una delle possibilità che la Commissione ha previsto all’interno di ReArm Europe è usare anche i fondi della politica di coesione per progetti di difesa. Non si tratta di una scelta obbligata, ma facoltativa che spetta a ciascun Paese UE. L’Italia si è già detta contraria. «Il Governo italiano non intende dirottare fondi di coesione sull’acquisto di armi», ha dichiarato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
L’idea della Commissione di spostare risorse dalla lotta alle disuguaglianze agli investimenti militari è politicamente eloquente, e dice molto dell’atmosfera che si respira a Bruxelles in questo periodo. È necessario però inquadrarla meglio, con alcuni elementi ulteriori. Per la loro natura, per la loro quantità e anche perché molti stati fanno fatica a utilizzarli, i fondi di coesione sono uno dei pochi ambiti del bilancio europeo dai quali l’UE può reperire risorse economiche in breve tempo.
E infatti sono stati presi in considerazione per fronteggiare diverse emergenze, come la pandemia da Covid-19, l’accoglienza dei rifugiati ucraini e il caro energia. Non sempre però gli Stati Ue sfruttano davvero la possibilità di reindirizzarli, anche perché si giocano del consenso sottraendoli alle regioni meno sviluppate. È successo anche in passato, con l’iniziativa ASAP, che nel 2023 ha dato la possibilità agli stati Ue di usare anche i fondi di coesione per aumentare la produzione di munizioni.
“Nessun paese vi ha fatto ricorso”, ci ha spiegato un funzionario UE.
Finirà così anche per ReArm Europe?