Ep. 01

I retaggi coloniali in Camerun

La rivalità tra Francia e Regno Unito non si è mai sopita e il caso moderno del Camerun è emblematico.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Dalle nostre serie Serie Giornalistiche
Rinascimento africano

L’Africa è da decenni “il continente del futuro” ma, da decenni, subisce una narrazione eurocentrica che non rende onore alla realtà del continente africano.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

La rivalità tra Francia e Inghilterra è antica di secoli. Per lungo tempo questa si è sviluppata, con le armi, in terra europea: il sangue dei francesi e degli inglesi è stato versato sul suolo del vecchio continente copiosamente e, negli ultimi mille anni di storia, sono milioni gli europei che hanno dato la vita in questo conflitto senza fine.

Con la creazione dell’Alleanza Atlantica, delle Nazioni Unite e degli organismi internazionali che caratterizzano l’Era moderna ci si è illusi di porre fine ai conflitti in terra europea, e questo fortunatamente è avvenuto portando a far convivere chi, fino a qualche decennio prima, voleva annientarsi a vicenda. In realtà la rivalità tra Francia e Regno Unito non si è mai sopita e il caso moderno del Camerun è emblematico.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
@ Wikimedia Commons – Photokadaffi

Molte delle tensioni che si sono registrate nel corso degli ultimi decenni in Africa derivano in genere da dispute basate su differenze etniche o religiose tra le popolazioni: il colonialismo bianco in terra africana infatti ha spartito il territorio tracciando, come in Medio Oriente, linee dritte e compassate, linee che spesso hanno spaccato a metà comunità, tribù e famiglie intere, costringendo le persone a identificarsi con vicini che fino al giorno prima erano rivali.

Questo è vero per tutto il continente africano tranne che per una nazione, il Camerun: colonia tedesca dal 1884 fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, col Trattato di Versailles nel 1919 il Paese fu spartito tra Gran Bretagna e Francia. Durante il conflitto mondiale, che vedeva in Africa uno scenario importante e attingeva dall’Africa forze fresche da mandare in trincea, le truppe francesi e belghe occuparono Buéa, allora la capitale del Camerun tedesco, il 27 settembre 1914: per quasi due anni le truppe tedesco-africane opposero loro resistenza, capitolando infine nel febbraio 1916. Alla fine della guerra la Francia ottenne la zona più grande del territorio tedesco in Africa occidentale, circa tre-quarti, chiamandolo Camerun francese, mentre il Regno Unito ottenne il restante quarto e lo divise in British Southern Cameroon e British Northern Cameroon.

Mentre il Camerun francese veniva integrato nel sistema economico in vigore a Parigi, cosa che migliorò le infrastrutture e le condizioni generali di vita della popolazione con investimenti importanti, integrando lavoro qualificato e lavoro forzato, la porzione inglese, confinante a nord con la Nigeria, fu trascurata da Londra. I nativi lamentavano di essere visti dalla Corona britannica come «colonia di una colonia» e in effetti era proprio così. Di fatto tra il Camerun francese e quello inglese vi erano disparità economiche e culturali notevoli e questo, con l’indipendenza ottenuta da Parigi il 1 gennaio 1960, ha creato problemi irrisolvibili alla neonata Repubblica del Camerun.

Sulla scia della lotta per l’indipendenza della parte camerunese francofona il Camerun britannico si trovò di fronte tre opzioni: creare una nazione indipendente, annettersi alla Nigeria o annettersi alla neonata Repubblica camerunese. Nemmeno il tempo di dibatterne internamente nel rudimentale sistema governativo locale che, in un atto di post-colonialismo decisamente forzato, nel febbraio 1961 le Nazioni Unite organizzarono un referendum con sole due opzioni per i camerunesi britannici: Nigeria o Repubblica del Camerun. Questo spaccò a metà la popolazione locale: al nord scelsero la via nigeriana mentre al sud quella camerunese, creando così il 1 ottobre 1961 la Repubblica Federale del Camerun.

La Repubblica rimase un Paese diviso su base coloniale: per decenni sia la parte angolofona che la parte francofona mantennero i rispettivi sistemi politici e governativi e mentre la popolazione francofona celebrava la natura bilingue della nuova nazione le zone rurali anglofone restavano marginalizzate. Paul Biya, presidente dal 1982, è stato accusato dalla popolazione anglofona di essere indifferente nei loro confronti: come nota Quartz i documenti ufficiali del governo sono scritti e pubblicati in francese e tradotti in inglese solo su richiesta e lo stesso vale per gli esami scolastici e nei concorsi pubblici, cosa che chiaramente è a totale discapito della popolazione anglofona. «L’Armonizzazione» linguistica del Camerun di Paul Biya è in realtà un retaggio coloniale drammatico e discriminante per una minoranza di cittadini camerunesi.

Nel novembre del 2016 centinaia di avvocati ed insegnanti delle zone anglofone del Camerun si sono messe in sciopero per protestare contro l’imposizione della lingua francese nei tribunali e nelle scuole di quei territori. Un atto di ribellione vero e proprio che oggi rischia di spaccare in due il cuore dell’Africa: nonostante una repressione durissima, con diversi morti in diverse occasioni, gli scioperi si sono prolungati e diffusi a macchia d’olio in tutto il nord-ovest del Camerun e i manifestanti hanno assunto sempre più i connotati da separatisti, arrivando a rivendicare la sovranità politica dell’Ambazonia, 3 milioni di abitanti, proclamandone l’indipendenza il 1 ottobre 2017.

Non si tratta della prossima crisi africana, questa in Camerun è una crisi che è stata taciuta per troppo tempo: addentrandosi nei rivoli delle due lingue europee parlate nel paese infatti si osserva con drammatica chiarezza come la divisione tra anglofoni e francofoni sia anzitutto una ferita intra-etnica che lacera l’unità tribale. Un aspetto che complica enormemente la soluzione al problema.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

I Sawa, ad esempio, sono di maggioranza anglofona nella città di Buéa ma a Douala, il più grande agglomerato urbano del Camerun appena 70km a sud-est, gli stessi parlano francese. Questo, considerando anche la disparità in termini di trattamenti economici (il presidente Biya investe enormi capitali nelle regioni del Sud, da dove proviene, ma trascura le regioni anglofone del nord e del sud-ovest) e di semplice considerazione culturale, è il carburante che ha dato fuoco alla crisi in Camerun. Le zone anglofone, come sempre quando si osservano i contesti di grave disparità socio-culturale, sono rappresentate politicamente da burattini senza fili come Philemon Yang, primo ministro imbrigliato dal potere del presidente, del Senato e dell’assemblea nazionale, tutti francofoni.

Il retaggio linguistico post-coloniale, che implicherebbe maggior preoccupazione da parte degli ex-coloni Francia e Gran Bretagna, messo in mano ad un dittatore come Paul Biya ha dato il via ad una crisi che è tutta figlia dell’oscuro passato «bianco» del Paese. L’arresto nel gennaio scorso del leader indipendentista Ayuk Tabe in Nigeria, dove si trovava in esilio, è già uno sconfinamento della crisi su altri territori e considerando che questo è per il Camerun anche anno di elezioni presidenziali è sottile il confine tra ingerenza e amicizia.

Nel frattempo è, come sempre, la popolazione a pagare le spese: sono 55.000 i profughi che dalle zona anglofone del Camerun sono fuggite in territorio nigeriano, una cifra che è in continuo aumento. Il manifestoin questo pezzo, ha perfettamente descritto quelli che sono i dettagli militari dello scontro: la militanza infatti si trasformata in sconforto col passare dei mesi ed ha preso piede una sorta di guerriglia che assume sempre più i connotati di guerra civile. Scuole bruciate, città morte, violenze e scorribande da un lato e l’indisponibilità politica al dialogo dall’altro, perché Biya sa bene che dovrebbe assumersi impegni concreti ed evita pertanto ogni tipo di dichiarazione e di dialogo con gli insorti.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
@ US Department of State

Mentre le zone anglofone del Paese sono letteralmente in fiamme la parte francofona non sa quasi nulla di tutto ciò. Le autorità tendono a ridurre il tutto alla sua dimensione linguistica ignorandone completamente gli aspetti politici ed economici, oltre che storici, in una sorta di azione per accecamento che spesso è anche incompresa: in genere i cittadini francofoni non sanno nemmeno di esserlo, almeno fino a quando non vengono a contatto con un anglofono, e questo crea incomunicabilità anche culturale perché norme e procedure che governano il Paese derivano dal dominio francese e i francofoni non comprendono l’attaccamento degli anglofoni alla cultura anglosassone. Questo, declinato in politica, assume connotati come «centralismo VS federalismo» che conosciamo benissimo e per questo siamo tenuti a capire.

TAG:

Continua a seguirci
Slow News ti arriva anche via email, da leggere quando e come vuoi...
Iscriviti gratis e scegli quali newsletter vuoi ricevere!
Stai leggendo
Rinascimento africano

L’Africa è da decenni “il continente del futuro” ma, da decenni, subisce una narrazione eurocentrica che non rende onore alla realtà del continente africano.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Prossimo episodio

Tutti gli episodi

01
02

Marocco, dalla piazza al digitale

Verso la metà di aprile sui social network più in voga in Marocco è partita una campagna volta a promuovere un boicottaggio di alcuni prodotti di larghissimo consumo come il carburante dei distributori Afriquia, le acque minerali Sidi Ali e i latticini di Centrale Danone.

03

Tunisia, il futuro è donna

Dal 3 luglio 2018 il sindaco della capitale della Tunisia è, per la prima volta, una donna. E questo è un fatto assolutamente rivoluzionario: si chiama Souad Abderrahim, ha 53 anni ed è a capo di un’azienda farmaceutica.

05

Afro-Money for nothing

Secondo la filosofia Ubuntu, un’etica filosofica antica dell’Africa sub-sahariana, «io sono perché tu sei»: in lingua bantu ubuntu significa «benevolenza verso l’altro» e descrive in una parola una regola di vita basata sul rispetto e sulla compassione, nel senso più classico del «patire con».

06
07
08
09
10
11
13

Cacao amarissimo

I futures ai livelli più alti, la difficoltà di pagare dignitosamente la produzione e l’emergenza climatica, sono le tre bombe a orologeria che stanno esplodendo nel mercato del cacao.

14
Altri articoli Ambiente
Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Un bosco 2.0

La rigenerazione di Biccari, in Puglia, passa anche da una gestione innovativa del suo bosco. «Le foreste – per l’associazione Riabitare l’Italia – sono la più grande infrastruttura verde del paese» E i fondi Ue sono importanti per gestirle.