I giornali rappresentano il punto di vista delle auto o delle persone?
A leggere come chiamano le categorie in cui si parla di come ci muoviamo, delle auto.
Diario di un autore contemporaneo perso tra le variabili del nostro tempo
Premessa: questo non è un articolo informativo. E a pensarci bene non è nemmeno un articolo, io non sono un giornalista e non sono tenuto/portato a informare la gente. Io la gente voglio confonderla, semmai. Per cui qui non si spiega l’avvento dell’elettrico, non si parla delle normative europee e non si dice quali siano i vantaggi e gli svantaggi correlati alla transizione ecologica, all’avvento delle auto full electric o delle ibride. E soprattutto non dobbiamo capire e non capiremo con questo articolo se tutto questo renderà migliore e più pulito il mondo in cui viviamo.
Io ho solo cercato di comprare un’auto elettrica e non ci sono riuscito.
Attualmente sono abbastanza green. Non ho un’auto. Mi muovo in metro. Negli ultimi anni mi sono sempre mosso sulle due ruote. Se può aiutare, il mio incarnato tende al giallastro.
Però avrei deciso di acquistare o noleggiare a lungo termine un’auto, per comodità e perché vivo a Roma, città che con la parola comodità ci litiga all’incirca dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ma siccome sono green per le ragioni espresse sopra, ho deciso di orientarmi verso questo mio secondo colore preferito (il primo non è rilevante, al momento) e mi son detto: ho un animo green, ho un box sotto casa, non ho intenzione di andare a Milano in auto, perché non mi prendo una city car completamente elettrica?
Bene. Così da un giorno all’altro vado al concessionario, orientato verso una smart Eq fortwo, un giocattolino poco più grande di un autoscontro che costa mediamente 25k ma che full-accessoriata (l’ho scritto, sì, ma dobbiamo adottare il linguaggio dell’automotive [ho scritto anche questo, sì]) può costare anche molto più di 25k, e questo appunto a seconda delle versioni, degli optional, etc. Anche qui, popolo dell’internet e del social che fate le pulci alle genti, vale la regola che questo non è un articolo informativo (e non era nemmeno un articolo, se solo ci pensaste bene e rifletteste), per cui se volete conoscere prezzi e modelli dell’autoscontro plasticoso ma molto ben fatto rivolgetevi alle testate specializzate, non a me.
Insomma, vado al concessionario, e lo zelante venditore di auto, sempre pimpante e scattante ma oggi vagamente depresso (e scopriremo facilmente dopo il perché), mi ha enunciato tutte le magnificenze della piccola auto elettrica, che è vero che fa 145 km circa con una carica completa ma è anche vero che ne fa 80 se pesti troppo sull’acceleratore (una forchetta di 65 km che mi pare un po’ spropositata, ma sono green e ci passo sopra), e mi ha subito detto che ne aveva una in pronta consegna, mi ha spiegato che per averne una con gli optional di mia scelta e del colore mio preferito (quello di cui non-sopra) avrei dovuto aspettare circa tre/quattro mesi, mi ha convinto che il colore opposto a quello mio preferito non era poi così male, mi ha stampato un paio di preventivi per acquistare o noleggiare l’auto in pronta consegna del colore opposto a quello mio preferito e infine, come un guardiano della soglia in un filmaccio anni Ottanta, con occhio torvo e sollevando una mano al cielo, mi ha detto: «Quest’auto bianca che non ti piace ma che per ragioni a me ignote tu vuoi comunque acquistare a un prezzo esageratamente alto per quello che è, aspetterà te e il tuo esborso di danaro, sì, ma stai attento a una cosa fondamentale, e cioè informati bene se nel tuo palazzo o meglio nel tuo quartiere» – nel mio quartiere?!? – «sì, proprio nel tuo quartiere, c’è non fase-fase ma fase-neutro».
A leggere come chiamano le categorie in cui si parla di come ci muoviamo, delle auto.
A quel punto ho frenato gli entusiasmi e ho chiesto: scusa, non ho capito, che cosa mi serve per caricare quest’auto? Che c’entrano gli impianti e l’erogazione? Non hai detto che voi gratuitamente mi installerete nel box la torretta di ricarica? E lui mi ha detto che sì, mi avrebbero installato loro gratuitamente la torretta di ricarica, ma che siccome l’auto in pronta consegna aveva un sistema di ricarica a 22 kilowatt, e cioè veloce e stupendo e bellissimo blablabla perché ricarica in un’ora e mezza invece di otto ore (anche qui le forchette esagerate ma sono pur sempre green e ci passo sopra), siccome l’auto in pronta consegna appunto era dotata di un sistema di ricarica a 22kw veloce e non di uno regolare con ricarica lenta a 4.5 o 4.6, se non avessi avuto fase-neutro nel mio box-condominio-quartiere-città-mondo-universo avrei dovuto rinunciare a quella specifica macchina con la ricarica veloce (anche se in realtà a mie spese avrei potuto fare installare da Enel/Acea/GestoreX un trasformatore [sempre a mie spese ma sono green, chissenefrega] nel mio esatto box per la modica cifra di mille euro circa), e quindi per cercare di meglio capire in che situazione mi andavo ficcando mi sono segnato in una nota dello smartphone delle cose che metto qui come risultano ancora adesso dopo qualche settimana nel telefono:
1. Erogazione potenza in senso di disponibilità kw. Min 3 se può essere portato a 4.5.
2. Verificare che l’impianto sia fase + neutro (altrimenti non carica) + messa a terra per avere 20 kw.
3. Okay contatore monofase.
4. Se non c’è fase neutra si mollano i 22kw e si prende un’auto che ricarica a 4.6kw, ma ovviamente è più lenta specialmente nelle colonnine per strada.
È chiaro come queste siano le note di un uomo disperato e ignorante, lo capisco anch’io. Ed è altrettanto chiaro come chi abbia preso questi appunti (cioè sempre io) versasse in uno stato confusionale totale. Ma questo è solo l’inizio.
Qui comincia il mio pellegrinaggio fatto di chiamate per cercare di capire se il mio box-palazzo-quartiere è dotato di fase-neutro o è un semplice fase-fase (cosa di cui ignoro ancora adesso il significato profondo, anche dopo essermi fatto un minimo di pelo sullo stomaco sulle strade di Google), roba che per un conoscitore di impianti elettrici deve essere un po’ l’abc, ma che per uno che ha le mie conoscenze sul campo (nulle o quasi) rappresenta la chiave di un mondo inaccessibile, e tale è rimasta.
Insomma.
L’amministratore di condominio mi dice che non sa, che non crede, che chi se n’è mai fregato di fase-fase e fase-neutro (io, adesso, dottor cavalier) che forse è possibile che ci sia fase-neutro ma chi può mai dirlo. Mi dice «scenda lei giù e veda cosa c’è scritto nel contatore», e io che ho presente la faccia di un contatore e che so che di solito non c’è scritto niente di pregnante (e consapevole che le scritte che stanno stampate su un contatore non sono destinate a me e alle mia abilità di lettore di contatori) vado comunque giù a controllare che ci sia quel niente che infatti trovo scritto e che per me significa appunto un bel niente. Perfetto. Lo richiamo.
L’amministratore si dispiace e mi dà l’informazione che la disponibilità in garage in termini di kilowatt è comunque di 7, e io non so se essere soddisfatto o disperato, e anche lui mi dice «non so se le è utile», e io boh, non so appunto se gioire o disperarmi, perché 7 è certo maggiore di 4.5 o 4.6 (anche su questo dato sono stati tutti piuttosto imprecisi) ma è anche sensibilmente più basso di 22 a mio modestissimo modo di vedere. Queste nozioni di matematica le capisco anch’io, ma sento pure che non necessariamente i numeri in questione siano collegati al concetto di efficienza. Dico, potrebbe essere altro, io sono green e basta, che ne so?
Allora richiamo il venditore di auto, e gli faccio: 7 va bene anche se richiede 22? Lui mi dice che 7 va bene e me lo dice in quel modo un po’ telefonico-sorridente in cui l’ascoltatore (cioè io green) riesce a visualizzare il dente del parlante (cioè il venditore), e si capisce che dei due io sono quello che di tutta la questione non ci sta capendo un cazzo (e grazie, a questo ci sono arrivato anch’io, amico venditore), ma mi ripete che in ogni caso intanto serve fase-neutro altrimenti l’auto che ha quel magnifico pacchetto di ricarica veloce che è bello assai (ma che chissà come mai gli è rimasta infatti in pronta consegna in concessionario, comincio a chiedermi [e immagino un signor qualcuno che l’abbia ordinata tutta full-accessoriata – l’ho riscritto – e sia stato felice di riceverla e poi abbia scoperto di non avere fase-neutro a casa]) l’auto bella e con ricarica veloce se non c’è fase-neutro durante la ricarica va in blocco di sicurezza, per cui meglio che parli (io, chiaramente, perché loro non hanno un servizio che si occupa di questo, e qui ce ne sarebbe da dire ma va be’) è meglio che io parli con un elettricista, e anzi che gli faccia anche fare un sopralluogo per essere certo, sicuro, sicurissimo che nel quartiere-condominio-garage-box ci sia fase-neutro, altrimenti l’acquisto dell’auto sarebbe inutile e il denaro investito soldi buttati, anche se al limite potrei sempre installare nel mio box quel trasformatore tramite Enel/Acea/GestoreX con una modica spesa di circa mille euro.
Non mi abbatto. Sono green. Chiamo il responsabile della ditta di edilizia che mi ha ristrutturato casa. Nativo elettricista, ora imprenditore, uomo della cui onestà rimango commosso ogni volta che ci penso, ultimo baluardo di sincera umanità in un mondo di approfittatori senza scrupoli e cementificatori, e gli dico Giuse’ (si chiama Giuseppe e sarebbe la persona che stareste cercando per i vostri lavori in casa, ma è sempre impegnato e poi un’onestà del genere chiaramente non la meritereste), gli dico Giuse’, ma può essere che da me ci sia fase-neutro visto che sto cercando di acquistare un’auto elettrica e mi servirebbe fase-neutro per la ricarica veloce a 22kw dell’auto appunto con ricarica veloce che starei per comprare?
Lui, dall’alto della sua limpida umanità e onestà e buon cuore, un po’ dispiaciuto, mi dice testuali parole: «99% no». È chiaro come abbia lasciato fuori quell’un percento perché Giuseppe è un uomo onesto e sa che potrebbe esserci una remota possibilità che nel mio box ci sia fase-neutro.
Barcollo ma non mollo. Lo ringrazio, lo saluto, richiamo l’amministratore, gli spiego la situazione, lui molto gentilmente mi dice «non so che altro dirle», e allora mi faccio dare il numero di telefono di Dario (perché gli ho chiesto di un elettricista conoscitore del box-garage-condominio-quartiere), Dario appunto l’elettricista conoscitore del box-garage-condominio-quartiere.
Ora, sicuramente un esperto di impianti elettrici si starà facendo una risata (beato te, mio elettrico amico), ma in un mondo che sta per convertirsi in dieci anni e rotti all’elettrico secondo me dovremmo vagamente preoccuparci (non solo noi green) della situazione, e considerare questo se non esattamente come un problema vero e proprio almeno come un problemino.
Problemino che anche Dario mi conferma. Riporto qui il primissimo dialogo telefonico.
Le conseguenze e i paradossi dell’ideologia automobilista sono note da tempo. Nel 1973 André Gorz le raccontava così.
– La disturbo? Ha un minuto?
– No, e de che, sto nel traffico, fino a due ore ce l’ho.
– Ah-ah-ah. Senta, vorrei sapere se nel condominio tal dei tali c’è fase-fase o fase-neutro. Lei lo sa?
– Cento percento fase-fase, – mi fa, – come in tutti gli altri condomini di quella zona e forse della città.
– E per essere sicuri, – gli dico, – come facciamo? Può passare, lei, a fare non so, un check?
– Posso passare, sì, ma tanto sicuro che è fase-fase. Le farei solo spendere i venti euro della chiamata.
– Per me va bene, – sono una cifra che posso affrontare per capire se l’Italia ha un futuro green o meno.
– Ma guardi che è fase-fase, – insiste lui. – Fase-neutro sicuro non è.
– E per essere sicuri? – gli dico. – Come facciamo?
– Faccia una cosa: vada in un negozio di materiali elettrici, una ferramenta, oppure dai cinesi [sì, i bazar comunemente gestiti da cinesi la gente li chiama direttamente cinesi] e compri quel cacciavite che se accende la luce una volta è fase altrimenti è neutro, ma lo deve mettere nella presa di corrente e stia attento perché deve trovare il contatore per, – a quel punto lo interrompo.
– Seconda opzione? – chiedo.
– Scatti delle foto ai contatori e me le mandi, e io in base ai cavi che escono le saprò dire se c’è il neutro o non c’è il neutro.
Bene. Ci siamo. Scoprirò la verità. Mi ritroverò ancora faccia a faccia con i contatori ma sarà sempre meglio che morire fulminato come una stella del punk anni Settanta per aver infilato un cacciavite in una presa di corrente. Quindi scendo giù, scatto tremila foto a tutti i contatori, gliele mando via Whatsapp e lui, dopo avermi preso per il culo per l’eccessivo numero di foto con un messaggio vocale che vi farei sentire ma che non vi farò sentire per difendere la privacy di Dario l’elettricista di quartiere, mi conferma che, non essendo presenti i cavi esatti che avrebbe voluto o dovuto trovare in caso di un impianto fase-neutro, sicuramente non potrò avere la mia auto elettrica di un colore che non mi piaceva e pagata uno sproposito per essere una due posti sostanzialmente di plastica ma tutto sommato molto green (e non entro nelle polemiche «le batterie per costruirle e smaltirle e se vanno a fuoco perché si sa che vanno a fuoco inquinano più della Cina!». No, grazie).
Dario mi dice anche una cosa da non esattamente sottovalutare, ma certo lui non è un ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, non ha la stessa padronanza della materia di un Gilberto Pichetto Fratin (segnalo questa come la battuta migliore del pezzo, popolo dell’internet), ma vale la pena riportarla.
– Vorrei poi capire come si farà, – mi dice Dario, – quando ci saranno in giro tutte macchine con ricarica veloce, che tante colonnine da 22kw o addirittura 50 o maggiori non le potrà supportare un quartiere, perché qui non è che stiamo in Svizzera, – riflette Dario, e forse anche noi, – che ci sono tutte casette basse e villette, ma in un’arteria come via Marconi, per dire, che già di suo consuma l’ira di dio per i palazzoni che ci sono e i negozi e i supermercati e gli uffici, me lo dice lei come facciamo a ricaricare tutte auto elettriche per strada?
No. Non glielo dico, io. Io penso con il nucleare, ma io che ne so. Io so’ grinne. Non saprei, gli rispondo. E poi lo saluto mentre mi parla tutto fiero delle sue auto, che lui le prende solo diesel, quelle private e quelle della ditta, tutte sempre e solo diesel, e mi urla bloccato in mezzo al traffico ed ebbro di esalazioni di Co2 e particolato atmosferico che lui delle macchine di nuova generazione se ne fotte bellamente.
Ed è stato così che ho cercato di comprare un’auto elettrica e non ci sono riuscito, e per il momento me ne vado in giro in metro insieme a quel popolo misto di gente forzatamente green perché non può permettersi un’auto, di persone senza patente per una ragione o per l’altra, di perdigiorno, di lavoratori a cottimo, di dormienti seduti e ronfanti stanchi di lavoro o di bagordi, di giovanotti delle periferie carichi di aspettative e brand, di ragazze del centro commerciale con le buste del centro commerciale, di compiti signori con la 24ore, di turisti terrorizzati e prossimamente dispersi, di ciclisti elettrici e monopattinisti elettrici quando mi metto nella carrozza di testa, e tutti insieme, penso, siamo un’unica grande rêverie ambientalista, sospesi nel sogno e abbandonati all’ipotetico, e io darei un passaggio a tutti e voglio bene a tutti, e anche nelle ore di punta voglio bene a tutti, e pure quando avete mangiato chili di aglio e sudato come se aveste affrontato la Stramilano io vi voglio bene, ma talvolta mi ritrovo a guidare un’auto del car sharing o quella della mia compagna e sogno di guidarne una mia, che avevo anche cercato di comprare totalmente elettrica, se non ricordo male, un giorno, una volta, un tempo, per essere green anch’io o perché mi ero illuso green, ma poi non so per quale motivo non ci sono riuscito.
Oppure ho rinunciato.
Le immagini che illustrano questo pezzo sono state create utilizzando strumenti di AI generativa. Se vuoi saperne di più, scopri la nostra politica in merito all’uso di queste macchine.
Diario di un autore contemporaneo perso tra le variabili del nostro tempo
E adesso guardo un po’ meno Twitch, un po’ meno serie e film, sempre meno televisione – diciamo che ho gli occhi stanchi, mettiamola così.
Un po’ come in quella canzone di Giorgio Gaber.
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Quasi soltanto a parole, o in qualche report finanziato da progetti europei. Nella realtà le cose sono ancora molto indietro
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