Ep. 6

L’endless show della campagna elettorale italiana

In Italia c’è una sola vera emergenza: la campagna elettorale.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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Resoconti terrestri

Diario di un autore contemporaneo perso tra le variabili del nostro tempo

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È una frenesia, ce ne facciamo una passione, è un viziaccio, è trasversale, la pompano politici e giornalisti, è succo e fulcro della narrazione quotidiana, è la chiave di volta per chi deve riempire il vuoto dell’informazione oltre il fattarello di cronaca (sì, amici giornalisti) e per chi dovrebbe rispondere ai cittadini sulle urgenze reali e le necessità del Paese (sì, amici politicanti): stiamo in una campagna elettorale infinita, tutto il resto passa beatamente in secondo piano, o magari è noia.

 

 

L’endless campagna elettorale è il fatidico cane che si morde la coda. I partiti non hanno niente da dire e per loro è meglio non parlare, visto che governano male e si oppongono peggio: bene, c’è la campagna elettorale.

L’informazione politica ha bisogno di benzina per il fuoco narrativo quotidiano e questi politici non tirano fuori niente di entusiasmante: perfetto, c’è la campagna elettorale.

E tutto quello che si crea è qualcosa di molto simile, in una sorta di rapporto necessario di dipendenza, di molto simile a quello che nasce e si instaura tra i concorrenti di un talent o di un reality e gli autori del suddetto show. Fidatevi, ne so qualcosa.

Comunicare è di gran lunga più importante che fare, Berlusconi docet, e la Seconda Repubblica è stata il banco di prova.

 

E allora non è più lo show della politica, è la politica come (solo) show, come (solo) marketing, come (solo) intrattenimento. È stato già detto ma oggi non vado alla ricerca dell’originalità, voglio ribadire un concetto che è anche causa dello scollamento tra cittadini-elettori e partiti-politici-eletti, e da qui l’astensionismo alle stelle (che non è dovuto come qualcuno ha detto al fatto che essendo in una democrazia solida non sentiamo l’urgenza di andare a votare, è il risultato della vacuità delle parole dei leader e della assenza di azioni politiche concrete e tangibili, non è difficile da comprendere): c’è una grossa campagna elettorale che non finisce mai perché per i partiti è vitale per la conquista degli spazi informativi, ed è però diventata la (sola) comunicazione, vuota e costante, del più perfetto nulla (proprio come quei concorrenti che si rinfacciano all’infinito un sei-qui-per-le-telecamere, un non-sei-vero, un io-odio-l’ipocrisia), perché come paese (e forse come democrazia) non abbiamo più una beata minchia da dire, e come nei talent-dating-reality-quellochevipare-show stiamo costantemente a misurare il gradimento dei personaggi, zero argomenti che non siano semplici titoloni facilmente cliccabili, nessun approfondimento sulle questioni reali e urgenti della nazione, nessuna azione concreta per la costruzione di uno straccio di futuro anche a breve/brevissimo termine.

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Konfesso è il confessionale portatile disponibile nello Shoppelganger di Slow News. Perfetto per registrare confessionali da reality show ovunque, anche a casa.

Il risultato è (solo) un’enorme operazione di marketing per vendere una faccia e un logo, con la fiamma o senza la fiamma.

C’è anche una questione strettamente culturale: l’attuale e (forse) nuova classe dirigente politica è più attigua per retaggio e storia e formazione allo show-business, è più vicina e affine alla televisione e ai suoi people-show, ai social e al loro vacuo comunicare e incedere nella lande del (mono)reality che alle grandi ma purtroppo morte ideologie novecentesche, agli studi approfonditi, ai libri, al pensiero complesso e di ampio respiro. Marx, Smith, Keynes, Weber? Trapper, forse calciatori. Influencer no di certo, in Parlamento ne avrebbero sentito parlare.

Ma questo non può giustificare.

E se la politica è ormai chiaramente (solo) un grande show, allora i concorrenti sono costantemente nell’agone e nella competizione a giocarsi nomination ed eliminazioni, e fondamentali risultano le prove (elettorali), i game-pressure-mystery-quellochevipare in cui il popolo sovrano si convince di decidere qualcosa ma in realtà non decide nulla, perché lo spettatore non decide mai nulla, lo show è sempre il frutto del lavoro degli autori e delle performance dei concorrenti: incidentalmente, qualche conduttore o giudice particolarmente bravo ci mette del suo, ma può anche non capitare e comunque la riuscita dello show è basata su quell’interdipendenza tra, ripeto, autori (in senso largo: per capire il senso largo rimando a un altro Resoconto terrestre che non ho ancora scritto e non so se scriverò mai, per cui contattatemi in privato o DM che vi spiego tutto [non è vero, non vi spiegherò niente]) e concorrenti.

Moltiplichiamo questo meccanismo di narrazione-azione politica per tutti i mezzi di comunicazione conosciuti e disponibili e dopiamo il tutto con la potenza dell’iperrealitismo dei social: ecco il mostro.

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I partiti di governo dovrebbero raccontare cosa stanno facendo per le urgenze di questo paese, per la sanità, l’occupazione, l’evasione fiscale, il dislivello nella distribuzione della ricchezza, la sicurezza sul lavoro, gli appalti, la criminalità crescente nelle grandi città ma anche in provincia, le mafie, l’inquinamento, l’immigrazione, l’adeguamento della vita a standard più umani, la vera condizione e percezione del femminile e più in generale del gender (sì, l’ho detto, esiste come questione morale, fateci pace, amici fascistelli), le disabilità, gli anziani (vi do un’informazione: anche se degli anziani pare che non ce ne freghi un cazzo, ecco, pare pure che prima di morire diventeremo tutti anziani, almeno i più fortunati di noi – com’è che allora continua a non fregarcene un cazzo degli anziani quando noi tutti non siamo altro che degli anziani in potenza? Non lo so, citofonare Žižek), i conflitti mondiali, la gioventù che magari fosse davvero liquida così sarebbe refrattaria alle mazzate dei celerini e chi più ne ha più ne metta. Ma niente.

Quanti altri argomenti ci sarebbero da discutere sulla pubblica piazza? Aggiungeteli voi, ce ne saranno altri e poi ancora altri rispetto anche a quelli che state aggiungendo in questo esatto momento, ve l’assicuro.

Però appunto niente. Per i soggetti politici (autori e concorrenti) c’è solo la campagna elettorale.

In vista delle europee, che sembrano non arrivare mai, ci sono la Sardegna, l’Abruzzo, la Basilicata, Vicolo Corto, Parco della Vittoria e Bastioni Gran Sasso. Ogni corsa elettorale è una prova per i concorrenti di questo enorme mostro che mixa il talent al reality-show e che è la narrazione politica imperante in Italia.

 

La campagna elettorale costante è la polluzione numero uno dell’informazione globale e politica, ma in Italia ce ne facciamo proprio una passione, come il babà e la cassata siciliana, con la stessa accorata spinta sessuale: web, tv, radio, TikTok, FB, X e quella poca (oggi inutile?) carta stampata quotidiana: siamo immersi nella endless campagna elettorale.

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Il ponte sulle Alpi per l'alta velocità. Non un tunnel: si scavalcano. Perché accontentarsi di grandi opere quando potremmo averle enormi?

Ed è una faccenda così ricca e prolifica che i governativi hanno addirittura due fronti, due grandi linee narrative che possono utilizzare all’occorrenza pur di non parlare di quello che stanno facendo e dei benamati problemi reali: quello interno di Lega vs Fratelli d’Italia, e come contorno la sopravvivenza di Forza Italia alla scomparsa del fondatore (io ho una vera passione per le facce di Tajani quando non sa cosa dire o non può dire [e gli sono vicino perché il povero Antonio non può dire un sacco di cose e per diversi motivi: in quanto ministro, in quanto vicepresidente del Consiglio, in quando alleato di governo, in quanto emissario della B family, ed è un personaggio comico eccezionale e se solo io avessi un’altra parentesi scriverei che gli voglio bene per quanto mi appassionano le sue facce che sono maschere mutanti frutto di un fantomatico miscuglio tra Renzo Montagnani, Ugo Tognazzi, entrambi i fratelli Aldo e Carlo Giuffrè e il geometra Calboni]); il fronte narrativo esterno tutto sintetizzato dai siparietti della premier che fa le vocine rifacendo il verso alle opposizioni quando secondo lei gufano sul PNRR o più genericamente gufano sulle cose (le avranno detto i suoi specialisti della comunicazione che i gufi non sono benvoluti dalle masse calciofile e dalle masse in generale), oppure prende in giro le loro alleanze, i campi larghi-stretti, sempre facendo le vocine, oppure critica le accuse che le rivolgono quando le dicono di non aver mai detto di essere anti-fascista, tutto sempre con tante belle vocine e faccine.

Un cane che si morde la coda, questa campagna elettorale, un loop furibondo.

 

Ma prendiamo l’altro lato del cane perché, no, sembrerebbero non esistere ma ci sono anche loro, i partiti d’opposizione.

 

Dovrebbero contrastare i governativi tirando acqua al loro mulino, portando avanti proposte costruite intorno alle care vecchie buone ideologie, lottare, alzare la voce, impugnare, emendare, farsi sentire ma niente, dentro intorno fuori di essi c’è solo un algido vuoto, l’ideologia è morta con la fine del Partito comunista e il perimetro del pensiero ormai sono davvero i tornelli della Ztl (lo so, facile battuta, ma ditemi chi si occupa oggi di territorio inteso come terra, di contadini, di operai, della distribuzione equa della ricchezza e dei servizi, di far pagare le tasse ai più ricchi per fornire questi servizi, di andare nei quartieri e nelle provincie per favorire l’istruzione dei meno abbienti, di coloro che sono più vulnerabili al fascino della criminalità organizzata?

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Una centrale nucleare in Vaticano. Per ovviare al referendum e risolvere il problema energetico. Perché accontentarsi di grandi opere quando potremmo averle enormi?

Chi? Le sezioni del PD? I gruppi del M5S? Altre battute ne abbiamo?), per cui meno male che ci sta la campagna elettorale, e anche qui due fronti: la lotta bene vs male con i governativi cattivi, destrorsi, muscolari e non-anti-fascisti (non ringraziatemi per questa definizione, la dono al mondo, oggi, non ringraziatemi); il fronte del campo largo, l’associazionismo del centrismo piddiano con il radicalismo 5stelliano (vorrei ancora vederlo e capirlo ‘sto radicalismo), la questione Renzi-Calenda di cui non ricordo nemmeno i nomi dei rispettivi partiti politici, tanto sono ininfluenti (ci provo: Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda – e giuro che non ho guglato, s’è proprio mossa una memoria muscolare, vuoi vedere che sono di destra anch’io?).

E insomma eccoci qua. Spettatori del grande intrattenimento della politica, inebetiti dall’endless show della campagna elettorale italiana.

Direttori di telegiornali che si indignano perché i partiti sono senza argomenti e la premier non risponde alle domande dei giornalisti e salta le conferenze stampa, ma poi questi stessi direttori non fanno altro che parlare dell’infinita campagna elettorale alimentandola come e meglio possono, inquadrando scattando angolando ogni rivolgimento di fronte, gli intrighi interni e gli esterni, cosa fa Salvini contro Meloni, cosa fanno i leghisti veneto-puristi contro Salvini, come si presentano in Basilicata-Abruzzo-Sardegna, il voto disgiunto, le intenzioni di voto millimetriche in sondaggi quotidiani anche se non è cambiato nulla, che cosa dice e cosa pensa Elly Schlein […], cosa vuole fare Conte con il campo largo (coltivarci la sua immagine, credo), Calenda che meglio di lui solo Crozza e Renzi mamma mia che paura Renzi.

Prossima contesa: la Lucania. Secondo la narrazione corrente c’è un Paese, l’Italia, che aspetta con ansia i risultati delle elezioni regionali in Basilicata.

Se non è questa la morbida distopia che siamo diventati.

 

 

E allora che cosa faranno i nostri concorrenti? Chi vincerà questa prova? Chi guadagnerà l’immunità per le europee e chi finirà in nomination? Chi sarà eliminato?

Decidetelo voi, da casa, col vostro voto.

Anzi no, decidetelo sempre voi, e sempre da casa, ma col cazzo.

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