Ep. 1

Far finta di essere sani nel flusso dell’informazione ora oggi in questo esatto momento

Un po’ come in quella canzone di Giorgio Gaber.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Dalle nostre serie Serie Giornalistiche
Resoconti terrestri

Diario di un autore contemporaneo perso tra le variabili del nostro tempo

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Nel flusso dell’informazione a oggi c’è (ma è vagamente scomparso) il PNRR: la sua inattuabilità e difficile o meglio ancora impossibile gestione dei fondi a esso collegati è già colpa dei governi precedenti anzi no degli enti locali anzi no di Draghi anzi no di Conte anzi no di Renzi anzi no era il PD, c’era la neve, le grandi gelaterie di lampone che fumano lente. Anche se non si è fatto nulla.

Anche se non si è fatto nulla, di quel nulla che non si è ancora fatto già il consiglio dei ministri se ne lava le mani: è il Minority Report dell’azione di governo. Potremmo non farcela e in quel caso non sarà colpa nostra. È un triplo carpiato con sfiducia a sinistra.

È come quelle coppie degli anni Ottanta al concessionario che va bene, cara, ci piace e la prendiamo, costa un botto ma va tutto bene e la compriamo, non ce la possiamo permettere ma la compreremo ugualmente anche se non ce la possiamo permettere e magari la prendiamo a cambiali o ci facciamo un bel finanziamento, okay? Il futuro tanto non è colpa nostra, amore mio. Il futuro è sticazzi.

Il futuro sono solo le prossime elezioni, a quello bisogna mirare, alla prossima rata del finanziamento, alla prossima cambiale. Stiamo sereni, dunque, la colpa del futuro è già di altri, di quelli che ci hanno preceduti, perché il flusso dell’informazione è anche il flusso del tempo, e ci saranno stati dei generici progetti inattuabili a cui poter addossare la colpa e manderemo gente al Tg1 a dire cose, faremo fare un videomessaggio con dichiarazioni a tizia-caia e lo inoltriamo per conoscenza al Tg2 che tanto quelli lo mandano in onda senza cut e senza guardarlo, e mescoliamo le carte, e mandiamo quello nel talk-show xy a dire che è tutta colpa di Draghi e l’altro nel talk-show qz a dire che Draghi non c’entra nulla e che invece sono gli enti locali; e un altro ancora collegato da casa nel talk-show del mattino a dire che sono gli immigrati e poi un quarto e un quinto a dire in giro o scrivere sui social che manco quello è, non sono nemmeno gli immigrati, che sono gli italiani che cantano il canto delle sirene ai siriani, e se non funziona cambia tutto, zi’, spariamo cazzate che possano indignare le sinistre, apri il baule delle stronzate di destra e annamo. Ed eccoci qua. Eccolo il conservatorismo alla vaccinara dei fratelli d’Italia – ma lo sai che è stata proprio ‘na bella idea, zi’? Diciamo tipo no alle parole straniere negli atti della pubblica amministrazione, avranno paura che riscriviamo la storia a partire dagli atti. Boom. Polemica.

Mandiamo La Russa (sottolineando che è la seconda [inutile] carica dello stato) a dire che un gruppo di nazisti giustamente trucidati era invece ‘na banda de paese, zi’, e sai che indignazione che me scatenano! Buttiamo lì l’idea del liceo del made in Italy, pure, e famolo mentre stamo al Vinitaly così nun ce capiscono n‘cazzo manco i giornalisti (ma capo, zi’, bro, ma s’era detto no alle parole straniere, me pare, no? E sì che era negli atti della pubblica amministrazione… ma infatti purtroppo okay, infatti okay, infatti me azzitto). E allora conserviamoci pure dalle farine di grilli e da quelle di drago, già che ci stiamo, no? E impiastricciamo il novel food con l’ecologismo con l’eccesso di sviluppo tecnologico con il turbocapitalismo con la green economy e il green washing e allora daje tutta, e no? E quindi senti qua: conserviamoci dalle carni sintetiche vietandone intanto la produzione, bicoz semo-italiani-no-robbo’. E a proposito de robbo’ via ChatGPT che ruba il lavoro agli italiani arrivando coi barconi della Silicon Valley e ci rubba pure i dati e ci rubba tutta la praivasi. E poi senti qua, che facciamo incazzare tutti. Facciamo applaudire clap clap i balilla, ops, i bambini col tricolore in mano alle feste repubblichine, ops, repubblicane mentre il-lo-la Presidente siede su un caccia bombardiere. Un po’ come in quella canzone di Giorgio Gaber.

Che vedo bambini cantare.
Che in fila li portano al mare.
Che non sanno se ridere o piangere e batton le mani.
Far finta di essere sani.

Continua a seguirci
Slow News ti arriva anche via email, da leggere quando e come vuoi...
Iscriviti gratis e scegli quali newsletter vuoi ricevere!
Stai leggendo
Resoconti terrestri

Diario di un autore contemporaneo perso tra le variabili del nostro tempo

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Altri articoli Cultura