Ep. 01

L’ex Cortina di Bologna non vuole rinunciare allo sci

Al Corno alle Scale, sulle piste dove si allenava Alberto Tomba, la neve è sempre meno. Ma si continua ad investire sul turismo invernale per «sopravvivere»

Il Corno alle Scale. Foto di Enrico Partemi
Indice
    Dalle nostre serie Serie Giornalistiche
    Quando smette di nevicare

    La storia del Corno alle Scale, località sciistica dell’Appennino, è esemplare delle sfide che la crisi climatica pone al turismo invernale.

    Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

    Al Corno alle Scale, la cima più alta dell’Appennino Bolognese, la neve ha fatto le fortune della comunità locale e dello sci italiano. 

     

    In questo comprensorio sciistico, nel comune di Lizzano in Belvedere, ha iniziato la sua carriera Alberto Tomba, il più famoso sciatore in Italia negli anni ‘80 e 90’. 

     

    «È qua che [Tomba] ha imparato a sciare e ha avuto gli amici, le persone che l’hanno aiutato nei suoi allenamenti per vincere le gare» ricorda Armando Carpani. Lizzanese storico, Carpani si definisce un “babbo” per il campione di sci ed è senza dubbio un padre della tradizione del turismo invernale al Corno: ha aperto la scuola e il noleggio sci locale, che tutt’ora gestisce a più di 70 anni, e dice di aver costruito lui stesso il rifugio Tavola del Cardinale (nel frattempo diventato Lo Chalet delle terme di Porretta).

    Una foto autografata di Alberto Tomba con dedica ad Armando Carpani. Foto di Matteo Scannavini
    Una foto autografata di Alberto Tomba con dedica ad Armando Carpani. Foto di Matteo Scannavini
    Una foto della nascita della scuola di sci, negli anni ‘60. Foto di Matteo Scannavini
    Una foto della nascita della scuola di sci, negli anni ‘60. Foto di Matteo Scannavini

    Negli anni ‘60-‘70, Carpani ha vissuto il boom dello sci sull’Appennino Tosco-Emiliano che rese Lizzano in Belvedere, e in particolare la frazione Vidiciatico, una località per vip. 

     

    «La mamma di Berlusconi faceva le vacanze qua, Vidiciatico era la Cortina di Bologna. Tutti i più grossi signori di Bologna ci venivano», ricorda con nostalgia Carpani, ripensando a quando da bambino andava nel parco dell’hotel locale a spiare il soggiorno dei signori della “Bologna bene”, che spesso gli offrivano tè e biscotti.



    Il noleggio sci Sky System di Armando Carpani. Foto di Matteo Scannavini
    Il noleggio sci Sky System di Armando Carpani. Foto di Matteo Scannavini
    Un cannone sparaneve al Corno delle Scale della TechnoAlpin, uno dei leader di settore. Foto di Matteo Scannavini
    Un cannone sparaneve al Corno delle Scale della TechnoAlpin, uno dei leader di settore. Foto di Matteo Scannavini

    Oggi però, le cose sono cambiate. 

     

    Per effetto dei cambiamenti climatici, le temperature sono sempre più alte e la neve è sempre meno. Il Corno fatica a competere con le stazioni sciistiche più attrezzate del Nord Italia e i «grossi signori» sono andati altrove. 

     

    L’industria europea dello sci è uno dei settori più colpiti dalla crisi climatica, soprattutto a bassa quota. Lizzano in Belvedere, come tanti comuni montani, fatica a immaginare alternative al turismo invernale. Al contrario, insiste con forti investimenti pubblici sullo sci, in quella che appare come una scelta di sopravvivenza di breve termine sempre meno sostenibile.

    Armando Carpani dentro il suo noleggio sci. Foto di Matteo Scannavini.
    Armando Carpani dentro il suo noleggio sci. Foto di Matteo Scannavini.

    «Non c’è più neanche il freddo»

    «Oggi è totalmente diverso. Una volta avevamo il freddo e la neve. Adesso non c’è più neanche il freddo», racconta Carpani.

    Dal 1961 al 2018, la temperatura media annuale nell’area del Corno è aumentata di 1,8 gradi (dati europei UERRA, riportati nel rapporto Nevediversa Legambiente 2023). In tutta Italia, come documenta ogni anno la Fondazione Cima, la neve è sempre meno: a inizio 2025, il deficit rispetto alle medie storiche era del 63 per cento. Mentre sulle Alpi è nevicato poco, sugli Appennini ci sono state precipitazioni abbondanti ma di «neve effimera», che non si consolida a lungo a causa delle temperature elevate. Cade, ma si scioglie subito.

     

    Il caldo ostacola anche l’uso di neve artificiale, meglio detta neve programmata, la risorsa principale che consente di restare aperte alle stazioni sciistiche, soprattutto a bassa quota.

     

    In tutta Europa, il ricorso all’innevamento programmato è una delle più importanti strategie di adattamento ai cambiamenti climatici del settore sciistico.

     

    Con un riscaldamento globale di due gradi nei prossimi anni, il 53 per cento di oltre 2.200 stazioni sciistiche in una ventina di paesi europei rischierebbe di non sopravvivere senza neve artificiale, ha stimato un recente studio su Nature. Secondo il rapporto Climate change on mountain areas, in diversi Paesi europei, Italia compresa, gli investimenti per le località sciistiche puntano soprattutto alla produzione più efficiente di neve programmata. 

     

    Il rischio è che sia solo una soluzione tecnica di breve termine, dai costi ambientali ed economici elevati.

    Nel video con riprese da un drone, il Lago Scaffaiolo e il bivacco che si trova sulle sue rive. Siamo nel comprensorio del Corno alle Scale, sull’Appennino Tosco-Emiliano. Il nuovo impianto di risalita in costruzione arriverà pochi metri sotto il lago. Riprese di Enrico Partemi.

     

    ***

    Secondo i dati CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) serve circa un milione di litri d’acqua per innevare un ettaro di pista da sci. Per un metro cubo di neve si consumano 3,5 kWh e il costo, stima Legambiente, è cresciuto da circa due euro nel 2021-22 a tre/sette euro nel 2022-23, a causa del caro energia.

    Non solo Appennino

    Questa serie di Slow News è stata realizzata insieme alla testata ceca Ekonews nell’ambito del progetto “When It Stops Snowing”, sostenuto da Journalismfund Europe

     

    Lo sci, il turismo invernale e le montagne fanno i conti in tutta Europa con la crisi climatica. 

     

    In Repubblica Ceca, Ekonews ha raccontato che anche sui Monti dei Giganti, i più alti del paese, è la neve artificiale a tenere aperti gli impianti. Secondo l’Istituto Meteorologico Ceco, nel giro di 15 anni la Repubblica Ceca avrà inverni più brevi e caldi come quelli della Foresta Nera in Germania o del massiccio francese dei Vosgi, dove oggi lo sci è in difficoltà. 

     

    In altre parti d’Europa sono numerose le stazioni sciistiche a fermarsi. In Austria, DIE Presse spiega che negli ultimi dieci anni sette impianti della Stiria hanno chiuso per scarsità di neve. Anche nell’Alta Austria, la stazione di Weyregg am Attersee (800 metri), si è fermata per sempre lo scorso inverno, mentre altre continuano a operare nonostante i debiti.

     

    In Francia, invece, i cittadini del villaggio di Allos, hanno votato loro stessi per dire addio agli impianti sciistici. Le Monde racconta che la scelta era tra aumentare le tasse e rinunciare all’impianto e la maggioranza dei 1.300 abitanti che hanno votato ha optato per quest’ultima. Il villaggio a 1.500 metri di altezza si trova sulle Alpi francesi, poco lontano dal confine col Piemonte e aveva visto la nascita dei primi impianti negli anni Trenta. Nel suo dipartimento già altri comuni avevano fatto una scelta simile. 

    In Italia, il 90 per cento  delle piste ricorre all’innevamento programmato, primato europeo, grazie a 165 bacini dedicati, un numero in continua crescita. 

     

    Nonostante questo, secondo l’ultimo rapporto Nevediversa, nel 2025 sono 112 gli impianti rimasti temporaneamente chiusi per la poca neve. Sono 218, invece, quelli definiti da Legambiente «sotto accanimento terapeutico», cioè strutture che, per gran parte degli esperti, non hanno alcuna prospettiva di futuro a causa della crisi climatica. 

     

    Il Corno alle Scale è uno di questi.

    Il declino dello sci in Appennino

    Sugli Appennini la situazione è critica. Su 101 stazioni sciistiche sugli Appennini costruite negli ultimi 70 anni, oggi 41 sono state abbandonate, 32 sono rimaste chiuse in almeno sette degli ultimi dieci anni e solo 27 sono ancora aperte.

     

    Il censimento è il risultato di un recente studio dell’Università di Napoli Federico II sulla rivista Mountain Science (tradotto qui): la ricerca ha analizzato diverse variabili che hanno portato al declino delle stazioni sciistiche, concludendo che la chiusura colpisca prima quelle a quote più basse e di dimensioni ridotte.

    In assenza di dati a lungo termine sulla durata del manto nevoso, lo studio invita cautela ai decisori politici davanti a nuovi investimenti nel turismo invernale sull’Appennino. Proprio come Paolo Figini, professore di politica economica dell’Università di Bologna che si è occupato di turismo al Corno.

     

    «Oggi le stazioni sciistiche dell’Appennino Tosco-Emiliano sono molto piccole rispetto ai propri concorrenti delle Alpi» afferma Figini. Il progressivo miglioramento delle infrastrutture stradali, spiega, ha portato gradualmente i turisti locali verso stazioni meglio attrezzate nel Nord Italia.

     

    A questo svantaggio competitivo, si aggiungono i cambiamenti climatici. «Non ha senso oggi aprire delle stazioni sciistiche nuove al di sotto dei 2000 m. Sono investimenti fortemente rischiosi, vedo difficile che una banca possa finanziare dei progetti di questo tipo sugli Appennini», conclude il professore. In realtà, nemmeno sulle Alpi: uno studio di Banca d’Italia ha trovato «prove di un effetto solo debole dell’innevamento artificiale sui flussi turistici invernali, indicando la necessità di un’attenta analisi costi-benefici di ulteriori investimenti in un processo così dispendioso in termini di energia e risorse».

     

    Ciononostante, gli investimenti pubblici al Corno alle Scale puntano ancora forte sullo sci.

    Una scommessa da 27 milioni di euro sull’Appennino Tosco-Emiliano

    Il Corno alle Scale è da anni al centro di un grosso e discusso investimento pubblico: nel 2016, un accordo tra il governo Renzi e le Regioni Emilia-Romagna e Toscana stanziò 20 milioni di euro a fondo perduto per promuovere e collegare i comprensori sciistici dell’Appennino tosco-emiliano: 10 milioni di euro a ciascuna regione, poi integrati da co-finanziamenti di tre milioni dell’Emilia-Romagna e quattro milioni della Toscana, per un totale di 27 milioni di euro

     

    Gli interventi al Corno alle Scale sono i più costosi dell’accordo, ma i lavori sono ancora in una fase preliminare. 

     

    In particolare, sul versante toscano, la nuova funivia che dovrebbe collegare gli impianti della Doganaccia (frazione di Abetone Cutigliano, Pistoia) al Corno è ferma allo studio di fattibilità, depositato nel 2023. Il costo totale stimato è di 15,7 milioni di euro. Secondo la consigliera regionale  Silvia Noferi, il progetto resterà sospeso almeno fino alle elezioni delle nuova giunta in Toscana, previste per metà ottobre.

     

    In Emilia-Romagna, invece, i lavori sono appena iniziati: sarà costruita una seggiovia che va dell’area Polla, nel comune di Lizzano, fino a poco sotto il Lago Scaffaiolo, in sostituzione di due impianti esistenti. Il lago ricade nel comune di Fanano (Modena) e si trova a circa 1785 metri vicino alla vetta del Monte Cupolino, che fa parte del comprensorio del Corno alle Scale. Il costo stimato era di cinque milioni di euro, poi cresciuti a sette.

    In rosso, i tracciati dei due nuovi impianti: la funivia Doganaccia - Lago Scaffaiolo, a sinistra, e la seggiovia Polla - Lago Scaffaiolo, a destra. Questa sostituirà due vecchi impianti: la seggiovia Direttissima (linea gialla in alto) ancora in funzione, e la sciovia Cupolino (linea gialla in basso), già dismessa. Foto satellitare elaborata dal comitato Un altro Appennino possibile.
    In rosso, i tracciati dei due nuovi impianti: la funivia Doganaccia - Lago Scaffaiolo, a sinistra, e la seggiovia Polla - Lago Scaffaiolo, a destra. Questa sostituirà due vecchi impianti: la seggiovia Direttissima (linea gialla in alto) ancora in funzione, e la sciovia Cupolino (linea gialla in basso), già dismessa. Foto satellitare elaborata dal comitato Un altro Appennino possibile.

    Per la sindaca di Lizzano in Belvedere Barbara Franchi, la nuova seggiovia sarà utile anche per valorizzare il turismo estivo, perché permetterà a più persone di salire al Lago Scaffaiolo, un’area panoramica già molto frequentata in estate e oggi raggiungibile solo tramite sentiero.

     

    Ma la priorità resta lo sci.

    Il Lago Scaffaiolo. Foto di Enrico Partemi
    Il Lago Scaffaiolo. Foto di Enrico Partemi

    «[La stazione sciistica] mantiene in piedi l’economia della valle, perché è il periodo invernale che crea più reddito» dichiara la sindaca Franchi a Slow News. «Il mantenimento di questo patrimonio non è però solo una questione di sostenibilità economica, ma anche di identità culturale e sociale», aggiunge.

     

    Quando le si chiede i dati sull’impatto economico delle seggiovia, Franchi non si fa alte aspettative: «È un progetto per salvaguardare l’esistente, per sopravvivere», conclude.

    La sindaca Barbara Franchi ad un evento pubblico sulla vita in Appennino. Foto di Matteo Barsantini
    La sindaca Barbara Franchi ad un evento pubblico sulla vita in Appennino. Foto di Matteo Barsantini

    Probabilmente, non esiste un business plan per il nuovo impianto. La richiesta di accesso agli atti di Slow News al comune di Lizzano per ottenere il documento è andata a vuoto: sono stati forniti i documenti dello studio di fattibilità, in cui si trovano dati sui costi previsti e sull’occupazione durante la fase di costruzione, ma non analisi di mercato, proiezioni di costi e ricavi o di posti di lavoro generati.

     

    Quale che sia il suo impatto reale economico sul territorio, il progetto si farà.

     

    Dopo anni di paralisi, soprattutto a causa delle contestazioni degli ambientalisti, i lavori sono partiti nell’estate 2025. Secondo la sindaca Franchi, saranno conclusi entro fine anno, ma alcuni operatori locali sentiti da Slow News ritengono la scadenza infattibile, anche perché smontare l’attuale seggiovia senza garanzia di finire la nuova farebbe saltare la stagione sciistica.

     

    Ammesso che l’inverno conceda abbastanza neve.

    Con il supporto di Journalismfund Europe

    In copertina, il Corno alle Scale. Foto di Enrico Partemi 

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