«Oggi è totalmente diverso. Una volta avevamo il freddo e la neve. Adesso non c’è più neanche il freddo», racconta Carpani.
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Dal 1961 al 2018, la temperatura media annuale nell’area del Corno è aumentata di 1,8 gradi (dati europei UERRA, riportati nel rapporto Nevediversa Legambiente 2023). In tutta Italia, come documenta ogni anno la Fondazione Cima, la neve è sempre meno: a inizio 2025, il deficit rispetto alle medie storiche era del 63 per cento. Mentre sulle Alpi è nevicato poco, sugli Appennini ci sono state precipitazioni abbondanti ma di «neve effimera», che non si consolida a lungo a causa delle temperature elevate. Cade, ma si scioglie subito.
Il caldo ostacola anche l’uso di neve artificiale, meglio detta neve programmata, la risorsa principale che consente di restare aperte alle stazioni sciistiche, soprattutto a bassa quota.
In tutta Europa, il ricorso all’innevamento programmato è una delle più importanti strategie di adattamento ai cambiamenti climatici del settore sciistico.
Con un riscaldamento globale di due gradi nei prossimi anni, il 53 per cento di oltre 2.200 stazioni sciistiche in una ventina di paesi europei rischierebbe di non sopravvivere senza neve artificiale, ha stimato un recente studio su Nature. Secondo il rapporto Climate change on mountain areas, in diversi Paesi europei, Italia compresa, gli investimenti per le località sciistiche puntano soprattutto alla produzione più efficiente di neve programmata.
Il rischio è che sia solo una soluzione tecnica di breve termine, dai costi ambientali ed economici elevati.