Ep. 10

Il bosone di Higgs delle neuroscienze

Amanda Feilding, il Lorenzo il Magnifico del Rinascimento psichedelico

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Dalle nostre serie Serie Giornalistiche
Il lungo viaggio. Storia universale della psichedelia

Non più droghe ma farmaci: l’evoluzione degli psichedelici tra cultura di massa e scienza.

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Per Agnese Codignola «se lo Psychedelic Renaissance ha un suo Lorenzo il Magnifico, questi è Amanda Feilding».

Condivido l’affermazione.

Amanda Fielding, contessa di Wmyss e March, erede asburgica e tenutaria di un castello nei dintorni di Oxford, è stata la promotrice di molte iniziative che hanno finito per portare la ricerca su questi temi al risultato più grande finora raggiunto. Tra le sue tante imprese stravaganti, è impossibile non ricordare l’idea (mutuata dal suo amico Joey Mellen e da pratiche tipiche dell’antico Egitto, delle Ande, dei monaci tibetani e di altre culture) di trapanarsi il cranio col fine di espandere la coscienza.

Joey Mellen ha esposto le sue ricerche sul tema nel libro Bore Hole, dal cui attacco si capisce anche come poi abbia deciso di metterle in pratica: «Questa è la storia di come mi sono fatto un buco in testa per essere perennemente in botta». Nel 1970, Amanda Feilding si convinse a praticare la trapanazione anche su di sé, riprendendo il tutto nel documentario Hearbeat in the Brain. Tra ’79 e ’83 l’eccentrica nobildonna inglese si candidò due volte al Parlamento: la sua sola proposta era quella di rendere legale e rimborsabile la pratica della trapanazione del cranio. Nel 1996 la sua attenzione agli stati alterati di coscienza la portò a creare la Foundation to Further Consciousness, che dal 1998 divenne la Beckley Foundation – uno dei centri leader a livello globale per quanto riguarda la ricerca scientifica sulle sostanze psicotrope, tra i cui membri figurano scienziati del calibro di Albert Hofmann e David Nutt, un neuropsicofarmacologo inglese specializzato nella ricerca su farmaci che influenzano il funzionamento del cervello e curano condizioni come dipendenza e ansia. L’attività pluridecennale della Beckley Foundation, tanto sul fronte della ricerca scientifica quanto su quello della lotta al proibizionismo, unita all’attivismo politico di Amanda Feilding fa sì che il Guardian nel 2010 la includa tra i personaggi più influenti in ambito scientifico, proprio mentre la sua associazione stava avviando una fruttuosa collaborazione con l’Imperial College di Londra, divenendo tra i più importanti centri di ricerca al mondo sulle sostanze psichedeliche.

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Amanda Fielding

Nel frattempo nel 2007 David Nutt pubblica sulla rivista The Lancet (tra le cinque più autorevoli a livello internazionale in ambito medico) uno studio che mette radicalmente in discussione il sistema utilizzato fino a quel momento per giudicare la pericolosità delle sostanze. Lo studio, perfezionato da Nutt nel 2010 e pubblicato ancora una volta su The Lancet, prende in considerazione i rischi che l’assunzione di una sostanza comporta sia per la salute del singolo, che per la comunità (si tiene conto anche dei pericoli per i familiari, degli eventuali danni economici e dell’attitudine a commettere crimini). Le sostanze analizzate in un quadro finalmente articolato ed esaustivo sono 16, e i risultati sono clamorosi. Al primo posto, come droga più pericolosa e mortale, c’è una sostanza molto amata e da sempre legale in occidente: l’alcol. Seguono eroina, crack, metanfetamina, cocaina e al sesto posto fa capolino un’altra droga da sempre legale: il tabacco. Solo a metà classifica c’è la cannabis, mentre LSD e psilocibina chiudono la lista, in quanto il rischio che comportano tanto per chi ne faccia uso, quanto per la società, è del tutto trascurabile. Con l’occasione Nutt segnala che se si utilizzasse lo stesso criterio anche in altri ambiti sarebbero da vietare diversi sport (dalla boxe fino al rugby, passando per l’alpinismo), e perfino l’uso degli scooter. Da allora Nutt, che nel frattempo è diventato direttore della cattedra di neuropsicofarmacologia dell’Imperial College, porta avanti la sua battaglia per un criterio di valutazione più equo circa gli effetti delle sostanze, finendo per scontrarsi frontalmente col governo inglese, che nel 2016 – proprio in risposta ai suoi studi – vara lo Psychoactive Substances Act, una nuova durissima legge che vieta «la produzione, la fornitura, la proposta di fornitura, il possesso con l’intento di fornire, il possesso a fini di custodia, l’importazione o l’esportazione di qualunque sostanza psicoattiva, cioè di qualunque sostanza per uso umano capace di produrre effetti psicoattivi. Le infrazioni saranno punite con una pena che può arrivare fino ai sette anni di carcere. Sono escluse le sostanze legali quali l’alcol, il tabacco, la nicotina, la caffeina e gli alimenti». Il provvedimento è storico per il suo oscurantismo, e mette a repentaglio i molti studi in corso, oltre a criminalizzare ulteriormente le fasce più deboli della popolazione. Nutt prova a spiegare le sue ragioni forte dei numeri ufficiali, per cui i decessi attribuiti alle nuove droghe non arrivano a dieci per anno, contro gli 80.000 causati dal tabacco e i 1.500 da imputare agli oppiacei. Il grottesco risultato del nuovo regolamento è quello di rendere più facile studiare l’eroina della psilocibina, mentre nel frattempo le case farmaceutiche alzano il valore di quest’ultima, spingendolo fino all’incredibile quota di 100.000 sterline per grammo. Sembra la potenziale fine del Rinascimento appena cominciato, quando uno dei ricercatori cresciuto alla Beckley Foundation sotto l’ala protettrice di Amanda Feilding e dello stesso David Nutt fa una scoperta destinata a cambiare la storia.

David Nutt sapeva bene che gli studi di Robin Carhart-Harris avrebbero potuto avere l’effetto di un decisivo game changer nell’ambito della ricerca sugli psichedelici. E lo sapeva perché Carhart-Harris, quando era ancora un dottorando, nel 2012, si rivolse proprio a lui e alla Beckley Foundation per provare a sviluppare quella che era all’epoca solo un’idea. La sua intenzione era di mappare con la tecnologia del brain imaging (un sistema di osservazione che consente di studiare il flusso ematico e il consumo di ossigeno) un cervello umano sotto l’effetto dell’LSD. Nutt consigliò al ricercatore di cominciare dalla psilocibina, una sostanza più semplice da studiare nella complessa congiuntura storica attraversata dalla Gran Bretagna in quel momento. Le conclusioni raggiunte dal giovane ricercatore, pubblicate nel 2014, si mostrarono promettenti, e dunque si decise di procedere svolgendo gli stessi esperimenti, stavolta con l’LSD. Le immagini presentate al mondo nel 2016 di un cervello che sotto l’effetto dell’acido lisergico pareva infiammarsi, mostrando connessioni inedite e straordinariamente intense, erano destinate a fare epoca. Presentandole Nutt le definì «il bosone di Higgs delle neuroscienze», nonché il battesimo per nuove frontiere nei campi delle neuroscienze e della farmacologia.

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Per lo studio basato sull’LSD Carhart-Harris ha reclutato venti persone cui ha somministrato 75 μg della molecola scoperta da Albert Hofmann o, in alternativa, di placebo. Le analisi hanno verificato il contenuto di ossigeno nel sangue seguendo i flussi arteriosi e quelli cerebrali, il tutto viene registrato anche attraverso una risonanza magnetica funzionale. Il risultato è l’immagine vivida di cosa avviene durante un’ego dissolution, in cui i neuroni della corteccia visiva, solitamente attivi in zone molto precise e ristrette, sotto l’influsso dell’LSD dialogano con tutto il cervello, comprese zone con cui non hanno mai nulla a che fare (ecco il perché delle sinestesie causate dagli psichedelici). Inoltre, come ipotizzato già da Albert Hofmann, si nota come l’acido lisergico si leghi ai recettori della serotonina, soprattutto in zone chiave, circostanza che – incrociata alle esperienze riferite dai volontari mentre le immagini assumono l’aspetto di un incendio – illustra proprio l’ego dissolution. Il cervello umano è dotato di una rete di controllo gerarchica, chiamata DMN (Default Mode Network) la cui funzione è quella di gestire l’enorme traffico degli impulsi che continuamente arrivano, organizzarli e permettere all’individuo di elaborare rapidamente e sulla scorta di automatismi rinforzati dall’esperienza e dal tempo i pensieri e le decisioni da prendere (che possono essere nell’ordine di migliaia al minuto). Ciò che succede sotto l’effetto dell’LSD e della psilocibina, e che è visibile nelle immagini ricavate da Carhart-Harris, è la temporanea interruzione della DMN, che viene in questo modo fortemente inibita, provocando uno stato di fertilissima entropia. Il cervello, non potendo affidarsi ai suoi consueti automatismi, è costretto a creare nuove connessioni, battere nuove strade, trovare nuove soluzioni. Si tratta di quella che Huxley con intuizione felicissima aveva chiamato «valvola di riduzione», e poter osservare il suo effetto ha grandi implicazioni dal punto di vista medico. A questo sono dovuti il profondo senso di appartenenza al battito sublime del cosmo, così come la possibilità di scardinare percorsi incistati – proprio quelli che cerca di rimodellare la psicoterapia con un lavoro solitamente lungo anni. Forme di sofferenza psichica come la depressione e l’ansia spesso permangono proprio perché è impossibile aggirare questi meccanismi mentali. L’ego dissolution può portare la psiche a una nuova nascita, dando vita a una coscienza inedita, pronta a recepire stimoli che altrimenti rifiuterebbe a oltranza.

Stephen Ross al riguardo ha affermato che «È semplicemente senza precedenti, in psichiatria, che una singola dose di un solo farmaco produca effetti così potenti e duraturi». Il 2016 è stato un anno cruciale per la ricerca sugli psichedelici anche grazie allo studio pubblicato da Carhart-Harris su The Lancet, che illustra proprio la versatilità della psilocibina per la cura della depressione. La sostanza, studiata per la prima volta dopo decenni come coaudiuvante antidepressivo, si è dimostrata efficace già entro una settimana nel 67% dei tester (ottenendo un effetto duraturo a tre mesi di distanza sul 42% del campione), in cui la presa della depressione diventa molto meno forte, scalfendo al contempo l’ansia e l’incapacità di provare sensazioni positive.

Conclude l’ideale trittico di scoperte lo studio pubblicato sulla rivista Cell dal chimico Bryan Roth dell’Università del North Carolina, che ha mostrato in maniera definitiva il legame che l’LSD istituisce col recettore della serotonina. Una dimostrazione per altro sorprendente, dato che il modo in cui l’acido lisergico si lega al recettore è differente rispetto anche a quello della stessa serotonina.

Per Amanda Feilding, aver contribuito in modo diretto alla realizzazione di due di questi studi è il conseguimento degli obiettivi inseguiti lungo una vita, che ne fanno – per usare le parole pronunciate da David Nutt il 13 aprile del 2016, in occasione della presentazione alla Royal Society di Londra delle immagini dei cervelli infiammati dall’LSD nei test di Robin Carhart-Harris – «la gemma più preziosa nella corona degli psichedelici».

Grazie ai risultati raggiunti da questo manipolo di studiosi visionari, cocciuti e scrupolosi, la ricerca negli ultimi anni è ripartita con decisione su scala internazionale. Si sono così moltiplicati gli studi sulle potenzialità terapeutiche, conoscitive e spirituali di psilocibina, LSD, MDMA e ayahuasca, considerati ormai la next big thing dei trattamenti psichiatrici. Tra il 2019 e il 2021 ben otto città statunitensi hanno legalizzato o depenalizzato gli psichedelici ma entro il 2022 potrebbero arrivare addirittura a cento, nel frattempo lo stesso ha fatto lo stato dell’Oregon e simili proposte di legge sono al vaglio in Florida e in California, dove la risoluzione avrebbe un forte impatto simbolico, essendo proprio da lì che partirono i divieti degli anni Sessanta. E perfino in Italia – magari in concomitanza con l’uscita di volumi come i già citati LSD di Agnese Codignola o Come cambiare la tua mente di Michael Pollan (libri pubblicati da Utet e Adelphi: anche a livello editoriale la psichedelia sembra finalmente aver oltrepassato il recinto delle pubblicazioni controculturali nel quale è rimasta confinata per decenni) – sono cominciati a uscire su quotidiani e magazine di amplissima diffusione articoli che trattano questi temi: dal Corriere della Sera a laRepubblica, passando per Il Foglio, Internazionale, L’Espresso, Linus, Esquire, Il Sole 24 Ore, fino ad arrivare addirittura a Vogue o Dagospia. Può non sembrarlo a un primo colpo d’occhio ma anche solo cinque anni fa tutto ciò sarebbe stato semplicemente impensabile.

Nel frattempo, oltre agli articoli, sono incrementate anche le uscite libresche, da quelle internazionali di Tao Lin, Strassmann e Palmer (ancora non tradotti in italiano), fino a quelle già arrivate nel nostro paese, che nel giro di un pugno di mesi ha visto uscire Terapie Psichedeliche di Giorgio Samorini e Adriana D’Arienzo, Voglio vedere Dio in faccia di Gianni De Martino, passando per le nuove edizioni del Cibo degli Dei di Terence McKenna (di cui ho avuto il piacere di scrivere la prefazione) e Il volo magico: storia generale delle droghe di Ugo Leonzio, fino ad arrivare al volume che avete tra le mani. In questo contesto in Italia è finalmente emersa la prima generazione di autori che si sono confrontati seriamente col tema della psichedelia, tra questi vanno ricordati almeno Gli interessi in comune di Vanni Santoni e, per certi passaggi, Remoria di Valerio Mattioli, Nessuno è indispensabile di Peppe Fiore, Cometa di Gregorio Magini, e Addio a Mogador di Gianni De Martino.

Anche il mondo della graphic novel ha continuato a indagare con insistenza l’immaginario lisergico, a questo proposito basti citare i capofila Jesse Jacobs, autore di una magistrale metafora dell’esperienza visionaria in Crawl Space (2017), e quello che può essere certamente ritenuto il più importante autore contemporaneo a essersi cimentato al riguardo, Jim Woodring. Sul versante cinematografico negli ultimissimi anni una menzione è d’obbligo almeno per Doctor Strange (2016), basato sull’omonimo personaggio dei fumetti Marvel di Scott Derrickson; Mandy (2018) di Panos Cosmatos e Climax (2018) scritto e diretto da Gaspar Noé.

L’onda lunga del congresso di Basilea nel frattempo è riuscita a riverberare: il 20 febbraio 2020 c’è stata l’iniziativa internazionale di coming out psichedelico Thank You Plant Medicine. Lose the Stigma, promossa da David Grillot e Jonathan Glazer, che ha coinvolto decine di migliaia di persone che hanno dichiarato pubblicamente sui social i benefici di cui hanno goduto grazie all’uso di piante oggi vietate, contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul potenziale di guarigione della medicina vegetale e della terapia assistita psichedelica. È da segnalare infine che il 14 marzo del 2020 all’Università di Padova è cominciato un corso di Giorgio Samorini e Adriana D’Arienzo intitolato Micoterapia: aspetti farmacotossicologici dei funghi medicinali, con cui la riflessione sugli effetti delle piante psicoattive torna a varcare le soglie di un importante ateneo italiano, che ha rinnovato il corso anche per il 2021.

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