Contro le intelligenze artificiali: gli artisti sclerano

Jon Bon Jovi sclera con un'AI - Immagine creata con MidJourney

“Questo assalto contro la creatività umana deve finire”. Dice così una lettera firmata, fra l’altro, da Jon Bon Jovi, dai Pearl Jam e da altri artisti, ma anche da chi, per esempio, detiene i diritti dell’eredità di Frank Sinatra.

“Chiediamo a tutti gli sviluppatori di intelligenza artificiale, le società tecnologiche, le piattaforme e i servizi di musica digitale di impegnarsi a non sviluppare o implementare tecnologie, contenuti o strumenti di generazione musicale che minino o sostituiscano l’abilità artistica umana di cantautori e artisti o neghino un giusto compenso per il nostro lavoro”.

Se si cerca di smontare queste considerazioni si rischia di fare la parte – come mi è stato detto più volte – dell’anarco-libertario turbocapitalista (giuro!). Nulla di più lontano da me, come probabilmente immaginerai leggendo queste pagine.

 

Eppure la lettera chiarisce abbastanza bene il punto cruciale della storia: “Non fraintendiamoci”, dicono i firmatari: “crediamo che, usate responsabilmente, le intelligenze artificiali possano contribuire a migliorare la creatività umana”.

 

Quale sarebbe questo uso responsabile?

 

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Come dimostrano le varie cause in corso, è una partita che riguarda i soldi, quelli veri. Non l’equo compenso di un musicista turnista. Non quello di un giornalista pagato cinque euro lordi a pezzo. Non il giovane illustratore che vorrebbe vivere dignitosamente del proprio lavoro. No. La partita riguarda tutto ciò che consente a chi si sta già arricchendo di rimanere ricco o di diventarlo di più. E a quelli che tutto sommato già galleggiano di non veder rischiare la loro posizione.

Non fraintendiamoci sul serio, allora: questa non è, come forse ci piacerebbe immaginare, una battaglia egualitaria. Non è una battaglia per il diritto di chiunque di emanciparsi e vivere della propria arte. È una battaglia per mettere i recinti. Attecchisce anche in chi ha meno e si sente defraudato, privato dei propri diritti: probabilmente lo è, ma dal capitalismo, non dalle intelligenze artificiali.

 

Questo non significa che l’economia estrattiva delle aziende che possono permettersi di investire miliardi nello sviluppo delle intelligenze artificiali rappresenti il lato buono della storia.

 

Significa che la strada della chiusura verso queste tecnologie ha un’unica destinazione possibile: il mantenimento e l’amplificazione delle disuguaglianze. Chi ha accesso ad alto livello avrà un vantaggio competitivo enorme rispetto agli altri, e sotto si replicheranno schemi piramidali ed estrattivi. Non è una profezia, lo abbiamo già visto succedere negli ultimi 30 anni di rivoluzione digitale.

 

Se l’obiettivo è far vivere dignitosamente le persone, il metodo per raggiungerlo dovrebbe guardare altrove. Per esempio, all’open access.

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