Quando un’amministrazione o un ente pubblico decidono di avviare un processo di rigenerazione urbana, per fare in modo che sia tale e che funzioni, devono pensare alla sua sostenibilità nel tempo.
Sostenibilità economica, ma anche sociale. «Un edificio riqualificato senza un progetto e senza una funzione ben definita che sia in grado di innescare processi virtuosi nel territorio in cui si inserisce rischia di restare vuoto e quindi di finire nuovamente abbandonato», spiega Chiara Lodi Rizzini, ricercatrice di Percorsi di secondo welfare.
«Per questo motivo è molto importante che i comuni che ricevono fondi per la rigenerazione urbana, che troppo spesso finanziano solo la componente materiale dell’intervento, si pongano fin da subito il tema gestionale. Per esempio, ricorrere alla progettazione partecipata o alla coprogettazione con le realtà del territorio in cui si interviene aumenta le possibilità di riuscita dei progetti», aggiunge.
Un secondo tema da tenere in considerazione riguarda il rischio che alcuni progetti definiti di rigenerazione urbana inneschino una valorizzazione economica che porta all’esclusione di una fascia di abitanti sulla base del reddito incrementando le diseguaglianze.
Questo accade soprattutto quando i progetti nascono per rispondere a esigenze di natura economica piuttosto che mirare a un rilancio complessivo del territorio.