I confini sono solo convenzioni in attesa di essere superate

Ogni dibattito sulla fine di un mondo e sull’inizio di un altro è viziato da un errore di fondo: i confini sono solo convenzioni in attesa di essere superate

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Nella prima settimana di ottobre del 2025 si è sviluppato un dibattito nato da uno scritto di Alessandro Baricco pubblicato su Substack con il titolo Gaza, che puoi leggere interamente e gratuitamente qui.

 

Il ragionamento di Baricco è articolato in sette punti e contiene tanti spunti su cui ognuno può riflettere e probabilmente avere pareri discordanti a seconda del proprio percorso, della propria cultura, della propria sensibilità e della propria età. Ma c’è un punto centrale di tutta l’argomentazione di Baricco: la struttura del pensiero che espone. Questa struttura è il confine, che Baricco chiama anche limite, linea rossa, faglia (anche se scrive più volte impropriamente falda), e che usa in diversi modi: generazionale, storico, economico e politico.

 

Il primo, quello generazionale, è il confine tra i ragazzini che vogliono salvare il mondo e i vecchi che sono ancora legati al loro mondo. Il secondo, quello storico, è il confine tra Novecento e XXI secolo. Il terzo, quello politico, è il confine tra chi crede che un genocidio possa essere una reazione a un attacco (di qualsiasi natura) e chi crede che un genocidio sia sempre e solo un crimine contro l’umanità. Il quarto, quello economico, è il confine tra chi fa i soldi e chi non li fa, una sorta di confine di classe ma più imprenditoriale, da darwinismo economico, tra chi sarebbe più adatto e chi meno adatto a sopravvivere in una certa economia a suo parere nuova. Il quinto, di formato: digitale contro analogico.  

 

Procedendo in questo modo binario, per dicotomie, un po’ come aveva già fatto 20 anni fa circa con il saggio I barbari, Baricco però, arrivato al punto 7 si incaglia. Se fin lì era riuscito a spiegare tutto con questa metafora del confine e della faglia, arrivato a Trump ammette che non riesce a capire: «sono sincero, non riesco a capire molto, mi mancano gli elementi», scrive.

 

Gli elementi che mancano a Baricco sono, probabilmente, fuori dai confini che ha tracciato. I confini, di qualsiasi tipo essi siano, sono una struttura che non esiste nel mondo là fuori, né nello spazio né nel tempo. I confini — il Novecento, le generazioni, le nazioni… — servono al nostro cervello per muoverci nel mondo, ma non sono il mondo. Sono un mezzo, non un fine. E quando diventano un fine succedono dei gran casini.

 

Esattamente come per gli oceani e i mari: essi non esistono veramente se non sulle nostre carte geografiche. Dov’è il confine tra un oceano e un altro? Cosa separa la sorgente del fiume Lambro dall’acqua dell’Oceano Indiano? È un continuo di acqua che cambia caratteristiche a ogni centimetro, ma che non è separato da nulla. In qualche modo è tutto oceano.

 

Tra i video che abbiamo consigliato nelle nostre Cose che restano c’è Baraka. È uscito nel 1993, dura 1 ora e 37 minuti e non è né un film né un documentario (superando altri confini di formato che servono fino a un certo punto). Non ha una struttura narrativa classica, non ci sono personaggi, non ci sono parole, in qualche modo non ci sono regole. 

 

Il critico statunitense Roger Ebert, inizia così la sua recensione a Baraka: «Da un lato, il film è un diario di viaggio di 96 minuti. Dall’altro, è una meditazione sul pianeta».

 

È così. Baraka è la rappresentazione filmica di quell’oceano. Baraka fa capire (senza spiegare), che non serve dibattere sul Novecento o sul XXI secolo, o sull’Ottocento, ma sull’essere umano e la sua natura, che oscilla a seconda dei momeni tra l’istinto di sopraffazione e quello della fratellanza. Lo puoi vedere su Mubi, ma lo trovi gratuitamente anche qui. È un’esperienza pazzesca.

 

Un’ultima cosa, forse la più importante: non è filosofia, non sono pipponi mentali. È politica, è lotta sociale, è battaglia per cambiare il mondo. Perché, per citare un altro film, questo invece narrativo, di fantascienza e di azione: All boundaries are conventions, waiting to be transcended. One may transcend any convention if only one can first conceive of doing so. Ovvero, «i confini sono convenzioni, in attesa di essere trascese. Si può trascendere qualsiasi convenzione, se solo si è in grado prima di concepire di farlo».

 

Foto | L’immagine in evidenza di questo articolo è la cosiddetta Proiezione di Spilhaus, ovvero la mappa del mondo ideata dal geografo Athelstan Spilhaus per fare capire che di oceano ce n’è solo uno.

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