La politica di coesione funziona?
Tra rapporti e ricerche, proviamo a capire se e quali disuguaglianze vengono colmate grazie ai fondi europei.
Che cos’è, a cosa serve e come funziona la Politica di coesione dell’Unione Europea?
Capire la Politica di Coesione, e i suoi effetti sulle nostre vite di cittadine e cittadini, è cruciale ma non sempre facile. Con questa serie collettiva, proviamo a sciogliere un po’ di nodi.
Politica di coesione dell’Unione Europea: cos’è e a cosa serve? Come funziona e come si rapporta con altri progetti come, ad esempio, Next Generation EU o il PNRR? Qui trovi il glossario con le risposte a tutte le tue domande.
La politica di coesione europea è una politica pubblica europea. Ha l’obiettivo di ridurre le differenze fra i territori e di garantire il fatto che i cittadini e le cittadine, ovunque siano nati, vivano, risiedano e lavorino, abbiano le stesse opportunità. È un obiettivo ambizioso, ancora lontano dall’essere raggiunto.
Per ridurre le disparità fra territori, che esistono per vari motivi (economici, politici, situazioni temporanee o che durano nel tempo). Le differenze ci sono sia fra i vari stati dell’Unione Europea sia fra diversi territori dell’Unione.
Il fondamento di questa politica lo troviamo anche:
– nella Costituzione italiana
– nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea
Partiamo dai numeri. Circa un terzo del bilancio europeo è destinato a questo tipo di politiche.
Poi c’è la comunicazione (anche sul territorio). Tutte le volte che si vede una bandierina dell’Unione Europea su un cartello, per esempio, vuol dire che quell’intervento è stato finanziato da un programma che dev’essere specificato, non solo a lavori in corso ma anche quando il progetto è finito. Leggere i cartelli ci serve per capire dove e come è intervenuta la politica di coesione.
E poi c’è il web. Sul sito di Open Coesione, per esempio, c’è la mappa con tutti i progetti finanziati.
Ogni persona può fare la sua parte. Non c’è una ricetta unica. Bisogna avvicinarsi alle istituzioni. Bisogna parlare con le rappresentanze del mondo economico sociale (per esempio: organizzazioni del terzo settore, sindacati, associazioni di settore…) e con le istituzioni locali. Frequentare la vita politica della propria comunità, del proprio territorio. Interessarsi. Monitorare i siti delle istituzioni locali. Portare all’attenzione delle istituzioni i bisogni della cittadinanza.
Non è facile, ma la partecipazione attiva è una possibilità concreta. Bisogna far circolare le idee. Avvicinarsi a chi poi può partecipare ai bandi per attuarle.
Visto che la Politica di coesione dell’Unione Europea vuole ridurre le differenze, il giornalismo – che dovrebbe essere dalla parte di chi ha meno – può dare una mano in molti modi:
– evidenziando le criticità, che è quello che dovrebbe fare sempre
– proponendo le soluzioni mostrando quel che funziona, che è quello che fa poco
– raccontando la complessità
– evidenziando le opportunità
La Politica di coesione è un insieme di diversi fondi e strumenti, che hanno l’obiettivo di rendere sempre più eguali le opportunità socio-economiche delle cittadine e dei cittadini europei.
All’interno dell’Unione Europea, infatti, vi sono grandi differenze tra Stati e tra regioni. Una parte consistente del bilancio UE è destinata a ridurle. È la Politica di coesione che mira, appunto, a migliorare la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione Europea riducendo il divario fra le diverse regioni affrontando il ritardo di quelle meno sviluppate.
Per l’Italia, i due principali fondi sono stati e continuano a essere il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR e il Fondo Sociale Europeo – FSE (oggi FSE+).
Il Bilancio a lungo termine dell’UE 2021-2027 stanzia per la Politica di coesione complessivamente 330 miliardi di euro (a prezzi 2018), su un totale di circa 1.211. Questi fondi sono stati ulteriormente integrati dal piano per la ripresa post pandemia Next Generation EU.
Domande e risposte sul sito della Commissione Europea
Il budget a lungo termine 2021-2027, per scoprire quanti soldi vengono investiti e per fare cosa
Scarica il report sul budget a lungo termine e il suo rapporto con Next Generation EU
Domande e risposte sul sito italiano Open Coesione
Il Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR (European Regional Development Fund – ERDF, in inglese) sostiene progetti nell’innovazione e nella ricerca, nella transizione digitale, nelle piccole e medie imprese, nell’ambiente, nell’economia a zero emissioni di carbonio e nello sviluppo urbano sostenibile.
Vi possono accedere enti pubblici e privati, con particolare attenzione alle regioni più svantaggiate. Il Bilancio a lungo termine dell’UE 2021-2027 stanzia per il FESR 192,41 miliardi di euro (a prezzi 2018). All’Italia, ne spettano 23,615 miliardi di euro (a prezzi 2018).
Scarica il report sul budget a lungo termine e il suo rapporto con Next Generation EU.
Leggi notizia sui fondi 2021-2027 sul sito dell’Agenzia per la coesione territoriale
Il Fondo sociale europeo (FSE) è stato per anni il principale strumento utilizzato dall’Unione Europea per sostenere l’occupazione, aiutare i cittadini a trovare posti di lavoro migliori e assicurare opportunità lavorative più eque per tutti. A partire dal 2021, il Fondo Sociale Europeo – FSE si chiama Fondo Sociale Europeo Plus – FSE+ (European Social Fund Plus – ESF+, in inglese).
Il FSE+ sostiene progetti a sostegno della creazione di posti di lavoro, dell’istruzione, della formazione e dell’inclusione sociale. Una particolare attenzione viene riservata ai minori, ai giovani e alla persone povere e più vulnerabili. Vi possono accedere enti pubblici, enti privati ed enti del Terzo Settore a prescindere dalla regione nella quale si trovano.
Il Bilancio a lungo termine dell’UE 2021-2027 stanzia per il FSE+ 87,319 miliardi di euro (a prezzi 2018). All’Italia, ne spettano 12,897 (a prezzi 2018).
Scarica il report sul budget a lungo termine e il suo rapporto con Next Generation EU
Leggi notizia sui fondi 2021-2027 sul sito dell’Agenzia per la coesione territoriale
Il Fondo per la Transizione Giusta (Just Transition Fund) fa parte della politica di coesione. Il suo obiettivo è quello di fornire sostegno ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica. In Italia ci sono due aree coinvolte negli investimenti del Just Transition Fund: la provincia del Sulcis Inglesiente e la Provincia di Taranto.
NextGenerationEU è uno strumento temporaneo messo in campo dall’Unione Europea per affrontare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di Covid-19. Il suo obiettivo è rilanciare l’economia attraverso investimenti, soprattutto verdi e digitali. Complessivamente si tratta di 807 miliardi di euro che saranno erogati nel periodo 2021-2027 e che integreranno il Bilancio a lungo termine dell’UE (1.221 miliardi).
NextGenerationEU si compone di diverse voci. La più importante è rappresentata dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility), che metterà a disposizione 723,8 miliardi di euro di prestiti (385,8 miliardi) e sovvenzioni (338 miliardi) per sostenere riforme e investimenti degli Stati membri. L’obiettivo è attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia e rendere le economie e le società dei paesi europei più sostenibili, resilienti e preparate alle sfide e alle opportunità della transizione ecologica e di quella digitale. Ogni Stato membro ha redatto il proprio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per spiegare nel dettaglio come saranno utilizzate queste risorse.
Parte di NextGenerationEU è REACT-EU, iniziativa da 50,6 miliardi di euro dedicata alle misure più urgenti di risposta alla crisi per superara gli effetti più immediati del Covid nel biennio 2021-2022. I fondi di NextGenerationEU andranno anche a integrare programmi e fondi già esistenti, tra cui il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE)
L’acronimo PNRR sta a indicare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza adottato dallo Stato Italiano per ricevere la propria quota delle risorse stanziate dall’Unione Europea attraverso il programma NextGenerationEU (811 miliardi di euro).
Il PNRR descrive le riforme e le iniziative che, tra il 2021 e il 2027, permetteranno di spendere i 191,5 miliardi di euro che spettano all’Italia in sei ambiti di intervento: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (40,32 miliardi); Rivoluzione verde e transizione ecologica (59,47 miliardi); Infrastrutture per una mobilità sostenibile (25,40 miliardi); Istruzione e ricerca (30,88 miliardi); Inclusione e coesione (19,81 miliardi); Salute (15,63 miliardi).
Il Governo italiano ha previsto la costituzione di un Fondo complementare da 30,6 miliardi di euro per finanziare ulteriori interventi in questi ambiti, che portano il valore complessivo del PNRR a 222,1 miliardi di euro.
Se vuoi scoprire di più sul PNRR, scopri lo speciale di Slow News: PNRR, l’Italia dei prossimi 20 anni
Consulta il sito del Governo dedicato al PNRR “Italia Domani”.
Approfondisci le missioni del PNRR sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze.
Attraverso i Programmi operativi, gli stati europei decidono, in accordo con le istituzioni Ue, come spendere i fonti europei che spettano loro. Questi programmi operativi sono documenti che declinano, per settori e territori, le priorità strategiche, definendo obiettivi pluriennali. Usufruiscono delle risorse di uno o più fondi europei e possono essere nazionali o regionali.
I Programmi operativi nazionali sono gestiti a livello nazionale e riguardano l’intero territorio. Ciascuno riguarda un tema specifico, in linea con gli obiettivi Ue. Nel periodo 2014-2020, l’Italia ha avuto Pon dedicati a infrastrutture, cultura, legalità, imprese, ricerca, politiche urbane, governance, inclusione sociale, giovani, occupazione, scuola, sviluppo rurale e pesca.
La maggior parte dei Programmi operativi nazionali, nel periodo 2014-2020, sono stati finanziati con le risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR e del Fondo Sociale Europeo – FSE. I Pon riguardanti il periodo 2021-2027 sono ancora in fase di definizione.
Attraverso i Programmi operativi, gli stati europei decidono, in accordo con le istituzioni Ue, come spendere i fonti europei che spettano loro. Questi programmi operativi sono documenti che declinano, per settori e territori, le priorità strategiche, definendo obiettivi pluriennali. Usufruiscono delle risorse di uno o più fondi europei e possono essere nazionali o regionali.
I Programmi operativi regionali sono gestiti dalle regioni o dalle province autonome e riguardano il Fondo Europeo Sviluppo Regionale (FESR), il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (PSR FEASR), a seconda delle tipologie di fondi messi a disposizione delle Regioni.
In alcuni casi, le regioni possono scegliere di unire più tipi di fondi Ue in un solo Programma operativo regionale multifondo. La maggior parte dei Programmi operativi regionali, nel periodo 2014-2020, sono stati finanziati con le risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR e del Fondo Sociale Europeo – FSE. I Por riguardanti il periodo 2021-2027 sono ancora in fase di definizione.
🇪🇺 A Brave New Europe – Voyager è un progetto di Slow News, Percorsi di Secondo Welfare, Internazionale, Zai.net, La Revue Dessinée Italia e Radio Popolare, co-finanziato dall’Unione Europea. Le redazioni e le pubblicazioni, le autrici e gli autori lavorano in maniera indipendente dalle istituzioni europee e sono i soli responsabili dei contenuti di questo progetto, che riflettono i nostri punti di vista. La Commissione Europea non è in alcun modo responsabile di come verranno utilizzate le informazioni contenute in questo progetto.
Capire la Politica di Coesione, e i suoi effetti sulle nostre vite di cittadine e cittadini, è cruciale ma non sempre facile. Con questa serie collettiva, proviamo a sciogliere un po’ di nodi.
Tra rapporti e ricerche, proviamo a capire se e quali disuguaglianze vengono colmate grazie ai fondi europei.
Nella grande partita dei fondi europei di coesione, come avviene spesso con i fondi pubblici, ci sono conti che non tornano e lo spettro della criminalità organizzata che aleggia. Nel settennato 2014-2020, dopo la Polonia, l’Italia è stato il paese che ha ricevuto più soldi dall’Unione Europea sotto forma di fondi di coesione.
Che cos’è, a cosa serve e come funziona la Politica di coesione dell’Unione Europea?
Tra rapporti e ricerche, proviamo a capire se e quali disuguaglianze vengono colmate grazie ai fondi europei.
I progetti per il settennato in corso sono quasi fermi, ma le cause sono complesse. L’Italia riceve molto denaro e ne spende. Si può fare meglio? Sì. Ma prima bisogna capire le cause e mettersi d’accordo su alcune questioni.
Nell’Ue, nonostante la politica di coesione, i territori in cui la prosperità dei residenti non migliora sono molti. Ed è un problema, anche in Italia.
L’Unione europea ha approvato un fondo da 19 miliardi di euro per contrastare le conseguenze socio-economiche della decarbonizzazione nelle aree più fragili del continente. Basterà? L’esempio virtuoso della Repubblica Ceca e i ritardi italiani
Intervista a Fabrizio Barca, che oggi guida il Forum Disuguaglianze e Diversità, ma che in passato ha dato un contributo importante per cercare di riformare la politica di coesione dell’Ue
Le prossime elezioni europee possono essere osservate anche attraverso la politica di coesione Ue.
Quali sono gli enti pubblici, le imprese e i personaggi che hanno ottenuto più soldi dalla politica di coesione UE? E che cosa ci dicono dati e storie?
Se l’Unione vuole avere successo in questa nuova fase, deve rivolgersi verso il Sud. Per Amedeo Lepore, la politica di coesione può consentire di ancorare l’Europa alle profonde trasformazioni della globalizzazione, a condizione che sia in grado di sviluppare un metodo euro-mediterraneo.
Mentre il mercato del lavoro è alle prese con l’aumento delle dimissioni da un lato e il fenomeno del quiet quitting dall’altro, il benessere dei lavoratori diventa sempre più un tema centrale per le aziende.
Nel solco dei “neo-idealisti”, l’ex presidente estone riflette in questa intervista sulla necessità di continuare lo sforzo di coesione attorno al sostegno militare all’Ucraina. Secondo lei, le trasformazioni nate in mezzo alla prova della guerra dovrebbero permettere all’Unione di approfondire la sua integrazione interna e di rafforzare le relazioni con il suo vicinato a Sud.
Ridurre i divari e le disuguaglianze tra le regioni è un obiettivo fondamentale dell’integrazione europea. Destinata a favorire la convergenza e la crescita, la politica di coesione si sviluppa su un lungo periodo, ma è stata messa a dura prova dagli shock improvvisi della pandemia e della guerra in Ucraina. In 10 punti e attraverso 26 grafici e mappe, tracciamo un bilancio dello stato attuale della politica di coesione e del suo futuro, mentre gli Stati membri si preparano a un allargamento che potrebbe sconvolgerne le coordinate.