I fondi di coesione hanno gli anticorpi contro le infiltrazioni mafiose?

Nella grande partita dei fondi europei di coesione, come avviene spesso con i fondi pubblici, ci sono conti che non tornano e lo spettro della criminalità organizzata che aleggia. Nel settennato 2014-2020, dopo la Polonia, l’Italia è stato il paese che ha ricevuto più soldi dall’Unione Europea sotto forma di fondi di coesione. 

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Dalle nostre serie Serie Giornalistiche
Le basi della coesione

Capire la Politica di Coesione, e i suoi effetti sulle nostre vite di cittadine e cittadini, è cruciale ma non sempre facile. Con questa serie collettiva, proviamo a sciogliere un po’ di nodi.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Nella grande partita dei fondi europei di coesione, come avviene spesso con i fondi pubblici, ci sono conti che non tornano e lo spettro della criminalità organizzata che aleggia. Nel settennato 2014-2020, dopo la Polonia, l’Italia è stato il paese che ha ricevuto più soldi dall’Unione Europea sotto forma di fondi di coesione. 

 

In sé non è un dato che deve stupire: si tratta di fondi pensati appositamente per provare ad appianare le differenze di sviluppo di territori diversi e assicurare una maggior omogeneità economica e sociale all’interno dell’UE. L’Italia è un paese molto differenziato al suo interno e con ampie differenze tra nord e sud, e per questa ragione nel settennato 2014-2020 si è aggiudicata 42.7 miliardi di euro da destinare soprattutto al Sud.

Come abbiamo raccontato in un precedente approfondimento, in Italia quelli che abbiamo chiamato i “grandi percettori” sono soprattutto enti e aziende che si occupano di infrastrutture, tra cui ferrovie, autostrade, acquedotti e rete elettrica. Lo si deduce da un documento pubblico realizzato dal Parlamento europeo che stila una classifica dei maggiori percettori di ciascun paese. 

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Tra le persone fisiche che maggiormente hanno goduto dei fondi di coesione ci sono imprenditori di spicco come Vito Pertosa e Raffaele Boccardo – entrambi attivi nel settore tech, di cui abbiamo già parlato nel pezzo precedente – o persone che lavorano per grandi aziende farmaceutiche, di autotrasporti o automotive. 

I fondi europei hanno gli anticorpi?

Avere a disposizione elenchi del genere è interessante perché permette di ricostruire i rapporti fra persone e aziende, con un unico obiettivo: capire se l’impianto di assegnazione dei fondi europei abbia o meno sufficienti anticorpi per proteggersi dalle infiltrazioni mafiose. 

 

Nell’elenco dei primi 25 beneficiari del settennato 2014-2020, oltre ad alcuni di cui abbiamo già parlato, c’è, per esempio, anche Cristina Cianti, nata a Cosenza ma domiciliata ad Alcamo, comune di 45mila abitanti in provincia di Trapani.  Secondo i documenti del Parlamento Europeo, Cianti risulta associata a due aziende, una edile e una di yacht. Da una visura camerale effettuata da Slow News, Cianti risulta socia all’80 per cento di un’azienda attiva nella ristorazione e all’81 per cento della L.& C. Lavori e Costruzioni di Alcamo (Trapani), proprio la ditta edile citata nei documenti del Parlamento Europeo. In passato Cianti ha avuto legami diretti con almeno altre cinque aziende, alcune delle quali attive nel mondo degli yacht e dei cantiere navali e con capitali sociali molto ingenti, talvolta milionari. 

 

Cianti è anche stata una campionessa di judo, gestisce con successo una palestra di arti marziali ed è stata premiata nel 2022 da Intesa San Paolo per la sua attività imprenditoriale, soprattutto riferita alla L&C Costruzioni, la stessa citata dal Parlamento europeo nell’analisi dei beneficiari dei fondi di coesione. 

Nel 2013 – e dunque subito prima del settennato di riferimento dei dati, il 2014-2020 – la L.& C. Lavori e Costruzioni è finita in un blitz antimafia nato da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catania e relativo ai lavori di edificazione del 1° stralcio della “Variante di Caltagirone”. In particolare, i lavori erano stati appaltati all’Associazione Temporanea di Imprese (ATI), costituita da tre aziende tra cui la L. & C. Lavori e Costruzioni di Alcamo. 

 

Come si legge su CataniaToday in un pezzo a firma Redazione, “i carabinieri hanno così avviato una attività investigativa anche di tipo tecnico, che ha consentito sin dall’inizio di comprendere come l’Ati per l’esecuzione dei lavori, si appoggiasse a ditte quali l’Edilbeta Costruzioni, dalla quale aveva acquistato il terreno per il campo base, e intrattenesse rapporti personali e commerciali con La Rocca Gioacchino Francesco, facente parte dell’omonimo Clan operante nel calatino, unica persona che, seppur senza alcun titolo,  aveva libero accesso nell’area di cantiere”. 

Tra gli arrestati durante il blitz del 2013, vi furono responsabili e dirigenti dell’azienda capofila dell’Ati di cui faceva parte la L. & C. Lavori e Costruzioni, ma non persone direttamente legate all’azienda di Alcamo né tantomeno Cristina Cianti, da cui siamo partiti perché il suo nome era nell’elenco dei maggiori beneficiari del Parlamento Europeo.

Francesco Fundarò, l’amministratore della L. & C. Costruzioni, a metà Anni Novanta, era stato condannato in primo grado per una vicenda legata a turbative d’asta finita successivamente con la prescrizione; non venne direttamente toccato dall’inchiesta del 2013 per la variante di Caltagirone ma finì tra gli indagati dell’inchiesta Fuori dal Tunnel relativa ai lavori di manutenzione dell’autostrada Messina-Palermo nel 2020. A dicembre 2020 i risultati delle indagini hanno portato al rinvio a giudizio di sei persone (tra cui Fundarò). In attesa che il processo si concluda con una sentenza queste sei persone sono ovviamente da considerarsi tutte innocenti.

Contattata telefonicamente e via mail da Slow News, Cianti ha preferito non rilasciare commenti sulla questione.

Cos’è successo con i PAC?

L’interesse della criminalità organizzata verso i fondi europei non è una novità. Il caso più eclatante è forse quello dei fondi agricoli legati alla PAC, la politica agricola comune, che da sempre è una delle voci di spesa più ingenti dell’Unione Europea. Le cosiddette agromafie negli anni hanno fatto manbassa di fondi attraverso meccanismi che prevedevano minacce, estorsioni, truffe e frodi soprattutto nel Sud Italia. 

 

Nonostante alcune dichiarazioni rassicuranti da parte del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in realtà le cronache recenti dimostrano che pratiche simili esistono ancora in tutta Italia, e a meno che l’Unione Europea non ragioni su nuovi metodi di contrasto, esiste il serio rischio che la criminalità organizzata possa impossessarsi anche delle risorse legate a Pnrr, ambiente, rinnovabili e fondi di coesione. Tanto che nel 2022 la Regione Toscana ha deciso di fornire preventivamente una massiccia quantità di dati alla Guardia di Finanza per prevenire infiltrazioni nei lavori finanziati con questi fondi.

Ricerche e tecnologia, corruzione e infiltrazioni

Intervistato da Slow News, l’economista e ricercatore Gianmarco Daniele ha spiegato a tal proposito che a partire dal 2013, con l’adozione del Patto di Stabilità e delle relative regole fiscali anche presso i comuni con meno di 5mila abitanti, le indagini per corruzione sono diminuite. Seppur questo sia vero in senso generale, Daniele spiega che «il miglioramento delle performance riguarda soprattutto i comuni con sindaco al primo mandato». Il punto essenziale però, conclude Daniele, è che «il miglioramento della situazione corruttiva non si registra nei comuni che ricevono molti fondi europei, specialmente fondi di coesione». Questo succede anche perché i fondi europei sono esentati dal Patto di Stabilità e dunque dalle rigide regole fiscali che ne derivano.

 

Daniele ha inoltre lavorato a un altro studio in cui è stato utilizzato il machine learning per prevedere i livelli di infiltrazione mafiosa nei comuni italiani. «

Abbiamo utilizzato variabili elettorali e variabili di bilancio dei vari comuni sciolti per mafia in passato per creare un indice di rischio di infiltrazione e provare a predire quali comuni verranno sciolti in futuro per mafia». Come funziona la rilevazione? Pare abbastanza bene, spiega Daniele: «Tutti i comuni effettivamente sciolti sono nella lista generata dal nostro strumento.

Ci sono i falsi positivi: ogni 6 comuni predetti 1 viene veramente sciolto. Degli altri 5 su 6 possiamo dire che sono falsi positivi, o perché lo strumento ha effettivamente sbagliato  o perché chi fa le indagini non si è accorto di un’effettiva infiltrazione». La previsione della macchina avviene con due anni di anticipo.

«Lo studio dimostra che all’aumentare dei fondi europei aumenta la possibilità che questi comuni vengano sciolti per mafia, perché le organizzazioni sanno dell’arrivo dei fondi e si attrezzano per sottrarre le risorse alla collettività».

Una volta elaborata questa analisi, i ricercatori hanno cercato di capire l’impatto che un aumento significativo di fondi europei può generare nei comuni, prendendo in esame comuni campione di Lazio, Molise, Puglia e Campania prima e dopo il 2007, anno in cui sono aumentati molto i fondi europei a favore del Sud Italia. Lo scenario che si aspettavano i ricercatori può essere rappresentato da due estremi: da un lato, i fondi europei potrebbero aver diminuito la dipendenza dal crimine organizzato e favorito la crescita economica, dall’altro potrebbero aver foraggiato l’infiltrazione mafiosa.

 

«Lo studio dimostra che all’aumentare dei fondi europei aumenta la possibilità che questi comuni vengano sciolti per mafia, perché le organizzazioni sanno dell’arrivo dei fondi e si attrezzano per sottrarre le risorse alla collettività», sostiene Daniele.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Riunione del Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell'Unione europea (“COLAF”), 13 maggio 2024

Controlli, studi e regolamenti

Il 13 maggio 2024 la Presidente del consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato di voler lavorare a una stretta sui controlli antifrode sui fondi europei, tra cui PNRR e fondi di coesione. Lo ha fatto nel corso di una riunione del Colaf, il comitato italiano contro le frodi a danno dell’UE, affermando che “Solo attraverso il rispetto delle regole è possibile assicurare che i fondi del Piano siano investiti per i cittadini”. Una missione in cui la politica finora ha fallito, come dimostra anche un altro studio condotto da Bankitalia, secondo cui nel Sud Italia all’aumento del 10% di fondi europei è correlato un aumento dello 0,4% dei crimini di corruzione, abuso d’ufficio e altri reati da colletti bianchi. Lo studio – condotto su dati che vanno dal 2007 al 2014 – boccia la gestione europea e italiana dei fondi di coesione erogati verso il Sud Italia, dove i finanziamenti hanno contribuito negli anni a foraggiare la criminalità organizzata.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Statistiche descrittive divise per anno, per le regioni del Sud.

Tutto questo potrebbe far pensare che nei decenni l’Unione Europea non sia riuscita a fornire ai propri principali fondi i giusti anticorpi per evitare che una montagna di soldi pubblici finissero nelle mani di organizzazioni criminali. In realtà non è vero fino in fondo. Esiste ad esempio l’Olaf, ossia l’ufficio antifrode europeo che all’interno dell’Unione agisce come una sorta di Guardia di Finanza europea e che collabora ad indagini su frode e corruzione con le autorità nazionali, ma anche l’EPPO, ossia la Procura Europea, il cui compito è quello di indagare e perseguire i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.. I fondi di coesione, così come quelli agricoli e altri cosiddetti “strutturali” sono uno dei pilastri di azione del personale dell’Eppo e dell’Olaf. 

 

E ancora più a monte esistono il Codice degli appalti nazionale e le direttive europee, le white list antimafia e anche i bandi in sé. Spesso, infatti, i bandi stessi pongono un’asticella molto alta alla voce dei requisiti necessari per ottenere i fondi e alle clausole di esclusione, le quali prevedono tra le varie cose l’esclusione di aziende o dirigenti che hanno affrontato procedimenti per riciclaggio, frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione, ma anche contatti con organizzazioni criminali o terroristiche. 

Insomma: i meccanismi di limitazione e di controllo ci sono, ma rimangono alcuni elementi strutturali molto difficili da eliminare. Più in generale, possiamo individuare questi elementi di contesto: l’ingente spesa pubblica esogena; la difficoltà dei controlli dall’alto; i contatti personali e le relazioni “dal basso” di cui può approfittare chi ha potere locale, sul territorio; il meccanismo dei subappalti; le procedure burocratiche che, ad un certo punto, devono comunque essere pensate per far partire i lavori pena l’immobilismo. Tutto questo, a prescindere dall’efficacia dei controlli a monte e a valle, lascia aperti spiragli in cui poi si trovano sia i fenomeni di corruttela e i reati da “colletti bianchi” sia le infiltrazioni mafiose.

In copertina: foto di Sara Kurfeß su Unsplash

A Brave New Europe – Voyager è un progetto di Slow News, Percorsi di Secondo Welfare, Internazionale, Zai.net, La Revue Dessinée Italia e Radio Popolare, co-finanziato dall’Unione Europea. Le redazioni e le pubblicazioni, le autrici e gli autori lavorano in maniera indipendente dalle istituzioni europee e sono i soli responsabili dei contenuti di questo progetto, che riflettono i nostri punti di vista. La Commissione Europea non è in alcun modo responsabile di come verranno utilizzate le informazioni contenute in questo progetto.

Slow News, via email
Lasciaci il tuo indirizzo e ricevi gratuitamente solo le parti di Slow News che ti interessano:
Continua a seguirci
Slow News ti arriva anche via email, da leggere quando e come vuoi...
Iscriviti gratis e scegli quali newsletter vuoi ricevere!
Stai leggendo
Le basi della coesione

Capire la Politica di Coesione, e i suoi effetti sulle nostre vite di cittadine e cittadini, è cruciale ma non sempre facile. Con questa serie collettiva, proviamo a sciogliere un po’ di nodi.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Prossimo episodio

Tutti gli episodi

01
02
03
04
05
06
07
08
Altri articoli Politica
Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

“La migliore autonomia strategica è la coesione”, una conversazione con l’ex presidente estone Kersti Kaljulaid

Nel solco dei “neo-idealisti”, l’ex presidente estone riflette in questa intervista sulla necessità di continuare lo sforzo di coesione attorno al sostegno militare all’Ucraina. Secondo lei, le trasformazioni nate in mezzo alla prova della guerra dovrebbero permettere all’Unione di approfondire la sua integrazione interna e di rafforzare le relazioni con il suo vicinato a Sud.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Un’Europa frammentata? 10 punti sulla politica di coesione e le divergenze territoriali nell’Unione

Ridurre i divari e le disuguaglianze tra le regioni è un obiettivo fondamentale dell’integrazione europea. Destinata a favorire la convergenza e la crescita, la politica di coesione si sviluppa su un lungo periodo, ma è stata messa a dura prova dagli shock improvvisi della pandemia e della guerra in Ucraina. In 10 punti e attraverso 26 grafici e mappe, tracciamo un bilancio dello stato attuale della politica di coesione e del suo futuro, mentre gli Stati membri si preparano a un allargamento che potrebbe sconvolgerne le coordinate.

di
Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Molto più di un mercato

La pietra angolare vacilla. Dopo la pandemia, mentre la guerra si estende da Gaza a Kiev, per liberare le forze vitali della costruzione europea, bisogna avere il coraggio di intervenire sul cuore dell’Europa: il mercato unico. Un contributo firmato da Enrico Letta.