Stanno uccidendo le librerie indipendenti?
Le librerie indipendenti sono in crisi, lo si sente dire da tanto. Ma chi le sta uccidendo?
Amazon cerca di essere una soluzione per i librai, ma la vera soluzione è un’altra
La crisi delle librerie indipendenti è veramente tutta colpa di Amazon?
«Ci sono due modi di distribuire», mi racconta la voce di Mauro, la mia fonte interna al mondo della distribuzione (il suo è un nome fittizio dietro cui si cela un professionista che lavora per Messaggerie e che ha lavorato per più di un decennio nel reparto commerciale di Mondadori), «ma ne rimarrà uno solo. La scelta teorica per un editore è tra la distribuzione interna, che non ha più praticamente nessuno, o quella di affidarsi a terzi, i cosiddetti distributori. Il più grande e importante dei distributori italiani, come abbiamo già visto, è Messaggerie, che gestisce e centralizza gli ordini, la distribuzione e le rese degli editori — ne rappresenta circa 700 — e consegna i libri alle librerie movimentando un catalogo che tiene in diversi magazzini, molto spesso gestiti da CEVA Logistics, a Stradella».
Il libraio, in pratica, per avere in libreria un assortimento vario, composto da quasi tutti gli editori, può essere cliente di Messaggerie, come fanno alla libreria di Alfredo, oppure rivolgersi a un grossista, tipo Fastbook, come ha scelto di fare Maddalena, che ha meno sconto, ma più velocità, disponibilità e flessibilità nel numero di copie. Fin qui, niente di nuovo. È sostanzialmente quello che abbiamo scoperto negli episodi precedenti. Ora è il momento di fare un passo in avanti e occuparsi di un dettaglio importante, quello che scagiona Amazon, o quanto meno, lo priva del movente per uccidere i librai.
Dall’estate scorsa, infatti, c’è un nuovo giocatore nel campetto della distribuzione e i bulli che da anni, come abbiamo visto fin qui, ci bazzicano e dettano legge, ora hanno tutte le ragioni di essere inquieti. Il nuovo giocatore è proprio Amazon, che il 22 luglio del 2019 ha dichiarato ufficialmente di voler cominciare a consegnare, oltre che al consumatore finale, ovvero il lettore, anche direttamente ad altri fornitori, ovvero i librai.
Come funziona? Funziona che il libraio apre un conto Amazon Prime, esattamente come puoi fare tu, e, pagando poco meno di 40 euro all’anno, entra nello stesso regime di tutti gli altri, con due sostanziali differenze: le politiche di resa e quelle di sconto. Per quanto riguarda la resa è molto semplice: puoi rendere tutto quello che compri, la resa è gratuita e il riaccredito sulla carta è effettuato in massimo 5 giorni, ma non puoi rendere più passati i 120 giorni.
Per quanto riguarda gli sconti è un filo più complesso: per un carrello fino a 10 pezzi, lo sconto che un libraio può ottenere è tra il 15 e il 25 per cento. Superati i 10 libri, il 25 per cento è assicurato e si può crescere. Sopra i 30 volumi si arriva al 35 per cento. Contemporaneamente a questa scontistica, Amazon porta avanti una strategia marketing abbastanza spinta basata sui buoni regalo, regalando ai librai — a sua discrezione — buoni di ogni taglio: le fonti con cui ho parlato mi hanno riferito di buoni da 7, 25 e addirittura 30 euro. Ovviamente, come con gli altri distributore, dipende da quanto spendi con loro. Sono tutti dei pusher, insomma, più roba prendi, meno te la fanno pagare.
Non sono pochi i librai che hanno provato, negli ultimi mesi, a rifornirsi in qualche modo con Amazon. Questo è un messaggio che Maddalena mi ha scritto qualche giorno dopo averla contattato per fare due chiacchiere: «Dovevo ospitare la prima presentazione di AUTORE, pubblicato da EDITORE. Ma a causa dello sciopero del distributore, i libri non mi arriveranno mai e neppure EDITORE, che ho contattato, dice di averli. Però in GRANDE LIBRERIA DI CATENA e su Amazon il libro c’è. E allora Sai che cos’ho fatto?».
Me lo immaginavo che cosa aveva fatto. Me lo immaginavo prima ancora che me lo dicesse, perché è quello che avrei fatto io al suo posto: si è rifornita da Amazon. E infatti, mi conferma che, la sera dopo, AUTORE ha fatto la sua presentazione regolarmente, ma con i libri presenti: «grazie ad Amazon e non posso nemmeno dirlo ai miei clienti. È grottesco».
Sia per Alfredo e il suo collega che per Maddalena è stata una scelta obbligata. Il primo doveva soddisfare una cliente, la seconda far funzionare una presentazione. Se volevano continuare ad essere dei bravi librai e soddisfare autori e lettori, la scelta era, loro malgrado, solo una, per certi versi la più odiosa: Amazon. E poco importa se, come confessa Maddalena, «i miei clienti non reagirebbero bene se scoprissero che mi son rifornita da Amazon. Sai, non sono pochi quelli che considerano andare in una libreria indipendente come un atto politico, un atto politico contro Amazon, visto che sono anni che ne parliamo e visto che tutti indicano in lui il carnefice dell’editoria».
C’è una storia che è venuto il momento di raccontare. In realtà è quella che ha fatto nascere tutta questa serie e per altri giornali sarebbe uno scoop. Perché non l’hai raccontarla subito? Ti chiederai. Sì, avrei potuto. Ma non avrei scoperto tutto quello che ho scoperto prendendomi il tempo di cercare di capire e di fare domande.
È la storia di un incontro, avvenuto nel mese di ottobre del 2019, a Milano, nella sede di Amazon Italia, dietro la stazione di Porta Garibaldi.
È una mattina di inizio autunno, sono le 11 e il cielo è bigio e triste. Nella sede del gigante dell’e-commerce, uno dopo l’altro, si presentano otto tra libraie e librai, tutti del Nord Italia, scelti tra i primi che avevano aderito al servizio Amazon per le librerie di cui abbiamo parlato prima.
Ad accoglierli e a far loro domande c’è la responsabile Amazon Italia per le librerie, un ragazzo della comunicazione, un ragazzo che sembra un ragazzino e che si occupa dell’IT e il responsabile del marketing in Italia. La prima cosa che fanno, come succede spesso quando si viene accolti nella sede di questi colossi americani della digital economy, è portarli a fare un giro. Fa sempre molta impressione, soprattutto a noi italiani. Poi, prima di cominciare a parlare, offrono loro una colazione a base di caffè americano.
Immaginarsi i librai tra quei corridoi e quegli open space dà un po’ la vertigine. Sono nel ventre del mostro, nel quartier generale di quello che è il loro nemico più grande. Probabilmente, mentre si aggirano per salette relax, biliardini e ping pong, sono tutti stupiti del fatto che non provano il disprezzo e il rancore che associano da sempre al nome di Amazon. Sembra loro molto più innocuo, quasi gentile, al limite persino ingenuo.
Sulla carta quello che inizia è un incontro conoscitivo. E in effetti, tutta la gente con cui parlano fa loro un sacco di domande. Sembra quasi che non abbiano idea di come funzioni, ma seppur con molta ingenuità, era da talmente tanto tempo che qualcuno non si interessava a loro in quel modo che si sentono ascoltati. Non è poco.
Li fanno sedere in cerchio e chiedono a tutti di raccontare il proprio rapporto con la distribuzione. Se vi viene in mente un incontro degli alcolisti anonimi ci state andando vicino. Possiamo addirittura immaginarci queste libraie e questi librai con le etichette colorate con scritto il loro nome sul petto. Ma l’incontro è serio: Amazon vuole sapere i punti deboli, gli errori di comunicazione che possono aver fatto, ma più di tutto vogliono sapere che cosa possono fare per loro, per aiutarli. Una libraia, piuttosto giovane, probabilmente di meno di 40 anni, quando viene il suo turno, glielo dice semplice, senza giri di parole: «Dovete schierarvi con le piccole librerie». Dietro quelle parole, nell’ombra del non detto, si sente chiaramente un “Perché non lo fa nessuno”.
Il gruppo dei librai è variegato. Oltre alla libraia coraggiosa, c’è il proprietario di una libreria molto grossa e storica che si lagna continuamente di Messaggerie perché le tariffe e i paletti che gli vengono posti sono assurdi. C’è una libraia di provincia, un’altra di una grande città, e altri con storie simili a quelle che vi ho raccontato negli episodi precedenti. Il clima è molto disteso, a parte quando parte un power point in inglese e un libraio un po’ in là con gli anni non capisce e un po’ si spazientisce. Madonna, questi americani, pensa.
Ma perché Amazon ha convocato una avanguardia di piccoli librai nella propria sede? La risposta è questa: perché pur essendo un gigante, per quasi tutti i versi un mostro, che minaccia a più livelli la nostra vita di cittadini e di lettori, ad Amazon non sono stupidi. Vogliono sapere i feedback su come funziona la loro piattaforma, parlare con i clienti, capire i loro bisogni, cercare di esaudirli. Non lo fanno perché sono gentili, né perché sono buoni. Non siamo qui per scordarci che cos’è Amazon, ma bisogna ammettere che sono scaltri: vogliono fare i soldi. Niente di più semplice.
Vien da ridere, se non facesse piangere, che in decenni di gestione approssimativa e da tardo impero, i grandi protagonisti italiani dell’editoria e della distribuzione di questi incontri non ne abbiano mai fatti veramente e con quei librai e con quelle libraie, in molti non ci abbiano mai parlato. Nemmeno durante una presentazione.
Come funziona l’abbiamo già visto prima? È semplice, tutto sommato. Ma non è ovviamente tutto rose e fiori. E per i librai ci sono parecchi punti complicati e da tenere conto.
Il primo, a livello comunicativo, è quello che spaventa di più, in fondo: in un mondo in cui Amazon è il nemico numero uno, dopo anni passati – giustamente – a temere quel mostro finale, nella testa dei lettori si è formata la convinzione che andare a comprare un libro in una piccola libreria equivale a non comprarlo su Amazon. Se sapessero che arriva da lì, come reagirebbero? Se lo chiedeva Maddalena poco fa. E non è per niente una domanda banale.
Il problema economico più grosso, poi, è che il sistema di Amazon non ha bolle, non ci sono palline che girano in aria, né fatturati da spostare come fossero scatole cinesi. Si paga subito, in anticipo e se non si vende si rende e si riceve immediatamente l’accredito indietro: a differenza delle rese classiche, subito e in soldi veri. Sulla carta non sarebbe un problema se si partisse da zero, probabilmente. Ma in un sistema che ha generato una dialettica interminabile di debiti e crediti, inserire una cosa del genere, anche se sembra totalmente naturale, può mettere in seria difficoltà chi non è abituato.
Questo è un problema da non sottovalutare e si scontra con qualcosa che è molto brutto da dire, ma che tantissimi librai mi hanno confermato: non basta più, ingenuamente, amare i libri ed essere grandi lettori per essere dei librai che sopravvivono. Bisogna essere dei commercianti. Non è scontato in un settore in cui moltissimi hanno iniziato decenni fa.
Me ne aveva parlato anche Mauro: «Devi sempre contare anche un altro fattore, che quasi mai viene messo in conto: l’incapacità commerciale di molti librai. Molti pensano che sia sufficiente amare la lettura e saper consigliare i libri, ma non si ferma lì. Per far funzionare una libreria ormai devi fare anche altro e in ogni caso devi saper controllare i tuoi conti, sapere come gestirli, sapere come si fa l’imprenditore. Io ho l’impressione che molti librai che fanno questo mestiere da decenni su queste cose siano spesso molto indietro. La dinamica della resa ha drogato il mercato e ha fatto male all’imprenditorialità del libraio. Iil pensiero: dai, proviamo, al massimo lo rendo, è un punto di debolezza, perché limita e di tanto, l’incisività del libraio.
C’è un ulteriore problema, poi. È una dinamica che c’entra con quel sistema pseudo feudale che è emerso piano piano in tutta la serie e che mi ha raccontato un libraio di cui non avete ancor sentito direttamente la voce e che ha voluto rimanere totalmente anonimo. È una cosa che non sono riuscito a verificare direttamente, ma che scrivo perché mi è parso che spesso, con molti altri librai, fosse il dettaglio che nessuno aveva il coraggio di dire: gli editori lo sanno cosa fai.
Lo sanno perché chiamano i distributori per chiedere quali sono le librerie che ordinano di più. Se non hai un conto messaggerie va già malino, ma se in più non lavori con i promotori allora rischi di essere fuori. Fuori da cosa? I libri li vendi comunque, no? Fuori dai giri delle presentazioni, per esempio: se i libri non li compri con il mio sistema, io il mio autore non lo faccio venire da te, non gli faccio promuovere dei libri che vengono da Amazon. Quando si parla di editori e di autori grossi, sono cose che fanno la differenza.
Da quando ho iniziato a scrivere questa serie sono cambiate tante cose e altrettante, enormi e devastanti stanno accadendo proprio mentre scrivo queste ultime righe. La pandemia ha bloccato tutto, ci ha costretti in casa, ha spazzato via molte nostre certezze, ma soprattutto ha fatto venire a galla tutte le storture di un sistema ingiusto che si teneva con lo sputo e che ora potrebbe crollare. In questi giorni — mentre scrivo è il lunedì di Pasqua del 2020 — i librai sono diventati loro malgrado un simbolo, e il sistema che li stava stritolando prima continua a giocare con loro come fossero marionette, o peggio, carne da macello.
Prima di chiudere la prima stagione di questa serie-inchiesta, però, voglio inserire due voci che saranno il punto di partenza della prossima pagina di questo viaggio.
La prima è ancora quella di Federico Di Vita, di cui avete già letto le parole qualche episodio fa. Pochi giorni prima che scoppiasse l’emergenza e iniziasse il blocco quasi totale della nostra vita precedente, mi aveva scritto una frase che sono certo tornerà nella prossima stagione: «Il mercato editoriale è al tracollo da anni, crollerà il sistema e verrà rifondato su criteri più sensati rispetto all’ottocentesco diritto di resa e alla mafia dei distributori, ma perché succede è necessario che prima davvero crolli tutto penso».
L’altra voce, invece, ancora non l’avevi sentita. È quella di un amico, probabilmente l’ultimo con cui ho avuto modo di magiare una pizza in compagnia a Milano, poco prima che saltasse in aria tutto. Il suo nome è Pietro Corraini, è un editore e un libraio indipendente.
Ti lascio con le sue parole: «Chi sopravviverà? Quelli che capiranno che il libraio non è una parte strutturale e logistica del mercato, ma che fa parte della parte creativa, autoriale. Se i librai si limitano a venderti un libro, Amazon ha già vinto: lo fa meglio, costa meno e ti arriva prima. Ma ogni libro che vendiamo dobbiamo smettere di considerarlo un prodotto. Noi non vendiamo prodotti, noi creiamo relazioni».
La crisi delle librerie indipendenti è veramente tutta colpa di Amazon?
Le librerie indipendenti sono in crisi, lo si sente dire da tanto. Ma chi le sta uccidendo?
La scena del crimine è più affollata di quel che sembra e forse il quadro è più complicato di quel che pensiamo.
Si fa avanti l‘ombra di un colpevole fino a questo momento insospettabile. E attorno a lui si comincia a intravedere un sistema.
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