Ep. 02

Il mistero si infittisce

La scena del crimine è più affollata di quel che sembra e forse il quadro è più complicato di quel che pensiamo.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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Piuttosto mi Amazon

La crisi delle librerie indipendenti è veramente tutta colpa di Amazon?

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Maddalena, che non si chiama veramente così, ma preferisce non apparire con il suo vero nome, ha 40 anni e da quando ha avuto il secondo figlio, nel 2016, ha mollato una attività ben avviata nel mondo della comunicazione e ha convinto il marito a supportarla in una nuova sfida. Come il nonno, che quando era ragazzina gestiva una libreria specializzata in testi scolastici nella cittadina dove è cresciuta, Maddalena voleva aprire una libreria: «non volevo più dedicare la mia vita ai clienti della mia agenzia, così quell’anno, come tanti, ho aperto un blog», mi racconta mentre controlla gli ordini sul computer nella sua libreria, che nel frattempo esiste veramente, in quartiere periferico di Milano.

La libreria di Maddalena esiste da 3 anni e conferma che la vita non è affatto semplice per le librerie indipendenti, anche se la sua stessa esistenza dimostra che la morìa, che c’è, non riguarda tutti. La sua attività sta in piedi. Non è per niente facile, ovviamente, ma resiste e in questi tre anni ha affrontato tante difficoltà. «Il primo anno è stato molto difficile», mi racconta, «All’inizio ero ancora parecchio naif, le cose erano molto diverse dalla libreria di mio nonno — lui vendeva scolastici. aveva rapporti diretti con gli editori — e così mi sono fidata dell’agente di Fastbook».

Fastbook è il grossista di proprietà di Messaggerie, dichiara di avere “160.000 titoli disponibili e 37.000 Novità all’anno con consegna in 24/48 ore” ed è solo uno degli attori che si muovono sul palcoscenico della nostra storia e che per molti di quelli che ne raccontano le vicende è una scena del crimine. Rispetto al primo articolo che ho letto sul tema, è molto più affollata di quel che pensavo e le dinamiche sono più complesse di quelle che sembravano a prima vista. Se fossimo in una puntata di Blu Notte, a fianco a Carlo Lucarelli comparirebbero nuove sagome, di nuovi possibili sospettati.

Le mie domande per Maddalena aumentano di conseguenza: perché non vuole più avere a che fare con il più grande distributore nazionale, che da solo, dopo che si è mangiato il diretto concorrente, PDE, gestisce la fetta di gran lunga più importante del mercato, tenendo in listino 700 case editrici e muovendo milioni di copie?

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La mappa dell'editoria italiana

Per capire la paura di Maddalena basta osservare una mappa, elaborata e pubblicata dall’Aie, l’associazione nazionale di categoria che rappresenta la maggior parte degli operatori del settore. È una mappa che ha qualcosa di affascinante e insieme di spaventoso. Si tratta di una «rappresentazione semplificata», spiega l’AIE, che per ragioni tecniche include il 60% circa delle case editrici italiane che pubblicano più di 10 titoli all’anno.

Lo sfondo di puntini rossi rappresenta le case editrici semplici, quelle che si occupano solo della produzione del libro e non hanno concentrato nessuna altra attività della filiera. La parte che ci interessa per capire la paura di Maddalena si trova praticamente nel mezzo e, nell’infografica del’l’AIE, è contornata da una leggera aura arancione e ha una particolarità che la differenzia da tutte le altre concentrazioni: non è unita direttamente a nessun pallino rosso. Significa che non produce libri.

Il centro di questa galassia è un binomio formato da due pallini blu scuro: Messaggerie e Emmelibri, due società per azioni a cui sono collegate, direttamente e indirettamente, altre società. Alcune hanno nomi che rendono lampante l’appartenenza alla categoria: Messaggerie Libri, EmmeEffe Libri, Lampi di Stampa, MF Ingrosso, Libraccio Outlet, Informazioni Editoriali, Ubik Libri, Stock Libri. Altre hanno nomi più strani, di quelli che potrebbero appartenere a qualsiasi settore industriale: Opportunity Service, Emme Promozione, MF Ingrosso.

È un arcipelago gigantesco. Sul sito ufficiale, Messaggerie si descrive così: «attraverso le società controllate e collegate, è uno dei principali editori di libri in Italia, è il più importante distributore indipendente, è il leader italiano nell’eCommerce librario. Ha inoltre dato vita alla prima scuola italiana per librai. Circa il 30% della produzione libraria che raggiunge i lettori italiani – 1 libro su 3 – passa, in almeno una fase della sua produzione e commercializzazione, dal Gruppo Messaggerie».

Insomma, questo arcipelago i libri li produce, li distribuisce e li vende. E, attraverso la sua ormai storica scuola per librai, che si trova a Venezia e che è intitolata a Umberto e Elisabetta Mauri, forma persino i librai.

Messaggerie Spa in realtà qualche collegamento con i “pallini rossi”, gli editori, in realtà ce l’ha eccome. È veramente “uno dei principali editori di libri in Italia”. Tra le società ad essa collegate, infatti, c’è il Gruppo editoriale Mauri Spagnol, di cui controlla il 70 per cento. Più famoso come GeMS, il gruppo editoriale fondato nel 2005 è il secondo per copie vendute — 13,9% secondo i dati GF 2019, dietro al gruppo Mondadori che ha il 26,2, e davanti a Giunti, 11,6, e a Feltrinelli, 6,4. Una curiosità: formalmente GeMS è controllata da Messaggerie, ma è diretta da Stefano Mauri, che è figlio di Luciano e nipote di Umberto, proprietari di Messaggerie dal 1937, ma anche Vice presidente vicario e Consigliere delegato di Messaggerie Spa. I Mauri, una famiglia importante per l’editoria italiana. Ricordatevi questo nome, perché nella classifica degli editori a livello mondiale del 2019 — la Global 50” Ranking of the Publishing Industry —, la famiglia Mauri è la prima realtà italiana: «in 37° posizione con un fatturato di 454 milioni di euro, che comprende anche i risultati di Messaggerie Italiane, seguito al 38° posto da Mondadori con 450 milioni di euro».

Prima di andare avanti, fermiamoci un attimo perché per capire come funziona occorre capire prima di tutto una cosa: questa carta non rappresenta veramente il territorio, per farlo dovrebbe essere tridimensionale e rappresentare di tutti i livelli del settore: il primo, quello della produzione del libro (le case editrici e gli stampatori); il secondo, quello della sua movimentazione (i distributori, i grossisti, i promotori); il terzo, quello della vendita al dettaglio (i librai, le catene, la GDO e i rivenditori online). La prima e più evidente anomalia del sistema italiano è proprio che questi tre livelli, spesso, si compenetrano e alcuni grandi editori, quelli che hanno la filiera completa, dalla stampa alla vendita, li attraversano trasversalmente. I loro nomi sono celebri, sono 4: il gruppo Mondadori, il gruppo GeMS, il gruppo Feltrinelli e il gruppo Giunti. Ricordateveli, ne riparleremo.

Nella libreria di Maddalena, intanto, è entrata una cliente.

«Posso aiutarla?»
«Sì, cercavo qualcosa di… non so se le dice qualcosa il nome Horbi o Horbài», fa la cliente, aspirando pazzescamente la acca. Intende chiaramente Nick Hornby e Maddalena, che naturalmente ha capito, non le fa pesare l’imprecisione.
«Argh, certo, Nick Hornby, ma purtroppo non mi è rimasto più niente… se ha un attimo di pazienza controllo se mi è rimasto qualcosa in magazzino…»
Ci mette pochi secondi a verificare, e purtroppo no, non le è rimasto niente.
«Mi spiace, li ho finiti tutti, lo devo rimettere in ordine», fa alla cliente, mai vista prima
«Non fa nulla, grazie lo stesso», dice la cliente, con pari cortesia.

Mentre la cliente si chiude la porta a vetri alle spalle, Maddalena ricomincia la sua storia. Le chiedo di spiegarmi meglio come funziona quel mondo la cui mappa è così complessa, fatto di molteplici livelli, di intermediari, di legami e convenienze commerciali, e in cui Amazon, pur essendo indicato da molti come l’assassino, non appare nemmeno. Lei, per prima cosa, inizia a instillarmi dei dubbi sulla reale colpevolezza dell’accusato numero uno. «Mi chiedono in tanti come faccio a sopravvivere e quasi tutti credono che il problema sia Amazon. Ma non è vero. Il problema non è Amazon, se vuoi capire chi sta uccidendo il settore devi cercare altrove».

Maddalena ha iniziato da poco e, da quello che racconta, per lei in fin dei conti è stato un fattore positivo. Rispetto a chi ha un’attività da decenni e che ha ormai conti aperti con Messaggerie, dice, lei ha voluto fare una scelta radicale: non ha aperto nessun conto, né con il distributore, Messaggerie, né con il grossista, Fastbook. Ti ricordi quando le libraie di Paravia parlavano di una fideiussione, che è poi una garanzia economica promessa in caso di insolvenza? Era proprio verso una di queste realtà. Che possa essere un movente? Forse.

«In realtà ci sono cascata anche io all’inizio. Ma ho comprato dei titoli che tutt’oggi mi sono sul groppone. Sono ancora lì, 1200 euro che sto piano piano scalando dal mio conto, sperando che la mia resa venga elaborata. Ma confesso, ci spero poco. Per questo ho deciso che nemmeno da Fastbook voglio più comprare niente. Fanno finta che siamo tutti amici e ci vogliamo bene, addirittura quando ho aperto è venuto a trovarmi persino il direttore e mi ha portato fuori a pranzo. Offriva lui». Maddalena poi spiega che, dopo il caloroso benvenuto, ha iniziato a trovarsi il carrello su Fastbook pieno di “consigli“, libri che ti ”consigliano caldamente di acquistare”, ma che sono poi quelli che sistematicamente lei si ritrova “sul groppone”. La libertà di scegliere i libri per il libraio non è soltanto un ritornello naif: se un libro lo conosci e lo ami, quel libro lo vendi bene.

Maddalena mi racconta parecchi aneddoti che dovrò verificare, ma che paiono inquietanti: conversazioni assurde, giochi al ribasso, contrattazioni da mercato dei cammelli persino piccoli ricatti, anche se fatti col sorriso, baratti di punti percentuali in cambio di acquisti più “alla leggera” di libri che poi ti rimangono sul groppone. Mi parla di assegni senza data a garanzia di un conto e addirittura di velate minacce. Quello che racconta l’ha vissuto personalmente, ma, aggiunge, per le cose più scabrose tra quelle che mi ha detto non ha prove se non la sua testimonianza. Sui contratti e sulle mail non c’è nulla. «Se non paghi lo diciamo a tutti», mi dice a un certo punto parlando di una conversazione avuta con un agente. Sembra un film gangster.

C’è un punto, in particolare, che mi preme capire prima degli altri. Come funziona il meccanismo della resa dell’invenduto? Sono anni che sento raccontare che nasconda una bolla di soldi, che sia usata dai grandi gruppi per poter fare fatturato stampando in prima tiratura molti più libri di quanti venderanno e contando sul rinvio degli effettivi pagamenti e delle rese a mesi di distanza. Ogni volta che Maddalena ne parla alza gli occhi come quando si pensa a una cazzata che si doveva evitare. Inizio ad avere dei sospetti. Indagherò.

Intanto chiedo a lei, che ll meccanismo della resa, lo spiega così: «tu puoi rendere tutto, solo che quando lo fai, non è che loro con grande solerzia lo contabilizzano e ti ridanno i soldi. Si prendono quasi 180 giorni per elaborare la tua resa, nel frattempo tu continui paghi le rate mensili dei libri che hai comprato (di solito a sessanta giorni, quindi quello che ordini adesso lo paghi tra due mesi) e quasi sempre, i soldi che ti devono, te li scalano dall’ordine che fai ogni mese». È come se qualcuno ti dovesse 1000 euro, ma invece di darteli cash, te li abbuona su delle spese che gli fai. Quella che si crea, dopo un po’, è una sorta di bolla che si protrae per mesi, talvolta per anni – e che tende a gonfiarsi.

Se fosse un episodio del tenente Colombo e fossi il maldestro poliziotto italo americano, mi starei accarezzando la testa, attraversato da una intuizione: anche se i sospetti dell’omicidio all’inizio sembravano andare naturalmente in una direzione e tutti i presenti nella stanza indicavano Amazon, qua c’è qualcosa che non torna. Nella stanza c’è molta più gente, che gestisce una parte di enorme importanza per l’intera filiera del libro, la fetta della torta più grande.

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