Ep. 3

A Vigevano la povertà si combatte anche coi soldi dell’Europa

Per chi sa intercettarli, come la Caritas di Vigevano, i fondi della politica di coesione Ue sono un mezzo per rispondere ai bisogni dei territori e lottare contro le forme, vecchie e nuove, che la povertà assume

Vigevano - Foto di Paola Arrigoni su Unsplash
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Le storie di chi affronta la povertà, materiale ed educativa. E di chi offre loro un sostegno.

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«Per me non esiste la povertà, esistono i poveri: volti, persone, storie che raccontano un’idea di bisogno diversa da quella che abbiamo sempre creduto». Queste parole appartengono a don Moreno Locatelli: 54 anni, un passato da carabiniere e un presente da direttore della Caritas di Vigevano. Sono oltre dieci anni che ricopre questo ruolo nel secondo comune più grande della provincia di Pavia e le persone che incontra ogni giorno sono tante e diverse, in molti casi lontane da un certo immaginario comune di povertà estrema. Per esempio, sono tanti i cosiddetti working poor, persone che pur avendo un lavoro non arrivano alla fine del mese. O ancora i padri separati, le famiglie che non riescono a riscaldare la loro abitazione e quindi vivono la cosiddetta povertà energetica, i giovani che non studiano né lavorano o le persone con problemi di gioco d’azzardo patologico.

Don Locatelli ne conosce molte. Ricorda, in particolare, Giorgio, un uomo sulla cinquantina, che un giorno gli ha chiesto aiuto. Raccontandosi, Giorgio ha confessato che il momento peggiore della sua vita recente è stato quando, dopo aver speso il suo stipendio in una sala giochi in meno di una settimana, è tornato a casa e si è sentito dare del fallito da suo figlio, senza nemmeno aver la forza di ribattere.

Andrea e Giada

Anche quella di Andrea, a prima vista, può sembrare la storia di un fallimento. I suoi genitori lavorano entrambi, eppure molto spesso non riescono ad arrivare a fine mese. Si sono rivolti alla Caritas di Vigevano per una mano con le pratiche per il bonus affitti. Dopo aver conosciuto don Locatelli, la coppia gli ha chiesto di dare una mano anche al diciannovenne Andrea, per aiutarlo a trovare una sua strada.

Tecnicamente parlando, Andrea è un NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero un giovane tra i 15 e i 29 anni che non lavora e non è inserito in un percorso di istruzione o formazione. Secondo le ultime stime Eurostat, parliamo di una percentuale europea dell’11,7% dei giovani di questa età, che in Italia (prima, davanti alla Romania) tocca il 19,1%.

«Il problema è anche il contesto storico, quello post pandemico in cui i ragazzi della sua età hanno fatto i conti con stati d’animo che noi non conoscevamo».
Don Moreno Locatelli, direttore Caritas di Vigevano

Per provare a uscire da questa condizione, Andrea ha iniziato a frequentare la Caritas da volontario per qualche tempo, una o due volte a settimana. Un paio di mesi dopo, don Locatelli gli ha proposto una borsa lavoro. «Niente di speciale – spiega il sacerdote- 450 euro al mese per una ventina di ore in sede, soldi che avrebbero comunque potuto far comodo a lui e alla famiglia». Andrea però, dopo aver timbrato il cartellino appena due volte, ha deciso di mollare. «Ma qui non è colpa sua. Il problema – continua – è la sua famiglia, che non è in grado di offrirgli strumenti per un riscatto sociale e che lo ha giustificato quando ha mollato perché temeva una sua fragilità. Il problema è anche il contesto storico, quello post pandemico in cui i ragazzi della sua età hanno fatto i conti con stati d’animo che noi non conoscevamo».

Anche Giada ha sofferto molto durante l’emergenza causata dal Covid-19. Anche lei NEET, a 18 anni è uscita dalla pandemia in depressione. Dopo il lockdown, la ragazza ha smesso di frequentare la scuola, senza riuscire a diplomarsi, rifiutando ogni contatto col mondo esterno. I volontari di Caritas hanno cercato di aiutarla. L’hanno conosciuta, hanno provato con lei a fare un bilancio delle sue competenze e hanno scoperto una sua passione per i bambini e l’insegnamento. Così, dopo aver frequentato un corso di formazione, Giada – due anni dopo quel momento buio – ha iniziato un tirocinio in un asilo, già da cinque mesi. «E la cosa bella – commenta don Locatelli – è che non è solo lei a essere felice ma anche l’asilo dove lavora perché la sua passione sta facendo la differenza nella vita dei bambini».

Il futuro in mano

Il lavoro svolto dalla Caritas con Giada rientra nell’ambito del progetto “Il futuro in mano”, dedicato proprio ai NEET. Obiettivo dell’iniziativa è aiutare i giovani ragazzi lomellini che non studiano e non lavorano a trovare una loro strada. Per questo, sono stati attivati tre laboratori per scrivere un curriculum, pensare un percorso di formazione o di volontariato.

“Il futuro in mano” è sostenuto da fondi della politica di coesione Ue, ma non è l’unico progetto ad essere stato reso possibile dai fondi comunitari ottenuti dalla Caritas di Vigevano. Don Locatelli spiega che la sua organizzazione riesce ad intercettarli partendo dai bisogni del territorio che Caritas ben conosce, dal momento che, al suo interno, ha dal 1998 un Osservatorio delle Povertà e delle Risorse.

Stando all’esperienza del sacerdote, la soluzione alle esigenze del territorio «molto spesso è data dai fondi europei». Per esempio, continua, «Se mi accorgo che nella mia diocesi c’è un grosso problema con i NEET, i giovani che non studiano e non lavorano, io mi metto a caccia di qualcosa che possa aiutarmi nella mia funzione di supporto, che diverse volte ho trovato nei fondi europei».

Sono anni che l’Unione Europea stanzia dei fondi per l’occupazione giovanile, in generale, e per i NEET, nello specifico. Come spiega Secondo welfare, nel febbraio 2013 il Consiglio Europeo ha infatti adottato la Youth Employment Initiative (YEI) volta a finanziare con un budget complessivo di circa 6 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 un insieme di iniziative rivolte alla lotta alla disoccupazione giovanile. Tra queste rientrano anche le misure che adottate nell’ambito della cosiddetta Youth Guarantee, iniziativa che nelle intenzioni del legislatore europeo dovrebbe promuovere misure di carattere strutturale volte a fronteggiare il problema dell’inattività e della disoccupazione giovanile nei Paesi Membri.

Coprire la povertà -Foto: Daniele Marzocchi via Flickr in licenza CC

Secondo la Commissione europea, Garanzia Giovani ha coinvolto oltre 31 milioni di giovani in Europa, con più di 5 milioni di adesioni ogni anno dal 2014. In Italia, stando agli ultimi dati ANPAL aggiornati a fine 2022, i giovani che si sono registrati alla Garanzia Giovani sono oltre 1 milione e 717 mila. L’UE intende sostenere l’occupazione giovanile anche con i fondi della politica di coesione 2021-2027, in particolare attraverso il Fondo Sociale Europeo +. Gli Stati membri con un tasso di giovani che non lavorano, non studiano e non seguono una formazione (NEET) superiore alla media dell’UE dovranno dedicare almeno il 12,5% delle loro risorse complessive del FSE+ in gestione condivisa al sostegno dell’occupazione giovanile. E questo è proprio il caso dell’Itala.

I NEET, però, non sono l’unico ambito, in cui Caritas gode del sostegno Ue.
I fondi europei, fa i conti don Locatelli, «incidono per circa il 30 per cento delle nostre entrate».

Il bilancio dell’Unione Europea è organizzato in cicli di sette anni e, durante l’ultimo periodo, 2014-2020, la Caritas di Vigevano è stata la beneficiaria di nove progetti, per un totale di oltre un milione e 300mila euro di fondi. Lo si scopre consultando il sito di OpenCoesione, che spiega anche come le azioni della Caritas siano state sostenute dal Fondo Sociale Europeo (FSE) e come le risorse siano arrivate all’organizzazione tramite il POR, il Piano Operativo Regionale della Lombardia, il piano con cui ogni regione spende la sua quota di contributi Ue.

Cohousing e bassa soglia

Uno dei progetti più importanti messi in pratica dalla Caritas di Vigevano grazie ai fondi europei è quello di cohousing per persone senza dimora o in emergenza abitativa, realizzato nelle dimore di Casa Josef (per uomini adulti, fragili o senza dimora), Casa di Booz (per donne sole o con minori che vivono una situazione di bisogno sociale, ec…) o Casa Abramo (per uomini adulti in difficoltà socio abitativa). L’idea non è fornire soluzioni abitative emergenziali, ma seguire un approccio basato sulla presa in carico delle persone e sul loro collocamento in abitazioni come presupposto per l’inclusione.

Quelle della Caritas di Vigevano – in particolare – sono strutture che praticano le cosiddette prima, seconda e terza accoglienza. La prima è quella in cui la casa funge solo da dormitorio: è aperta 12 ore, dalle 20 di sera alle 8 del mattino e qui le persone che non sanno dove passare la notte trovano un letto, un pasto caldo, una doccia e una lavatrice dove lavare i propri abiti. La seconda ha orari più ampi: inizia la sua attività alle 17 del pomeriggio e rimane aperta per buona parte della mattinata. Qui i 54 volontari della Caritas offrono supporto alle donne, dando loro una mano con diverse questioni. Si va dalla ricerca di lavoro alla creazione delle domande per ricevere misure come il Reddito di Cittadinanza, il bonus affitti o simili, ma anche la creazione di curriculum vitae per provare a riscattare la propria esistenza. In ultimo, poi, la terza accoglienza, quella in cui le persone accolte hanno maggiore autonomia, spesso hanno un lavoro e hanno “solamente” bisogno di un posto dove dormire o qualcuno con cui parlare.

«Compilare una domanda per presentare il reddito di cittadinanza, il bonus affitti o le case popolari è un lavoro e spesso queste persone non hanno gli strumenti intellettuali per farlo»
Don Moreno Locatelli, direttore Caritas di Vigevano

Non ci sono solo progetti residenziali. Ci sono anche interventi per chi una casa non ce l’ha e vive per strada. Uno di questi è chiamato Drop-in ARCA (Azioni di Ricerca di Cambiamento e Autonomia a favore di persone in situazione di grave marginalità), è sempre finanziato tramite il Fondo Sociale Europeo ed è rivolto a persone «senza fissa dimora, o in situazioni di rischio cronicizzazione o in situazioni conclamate di emarginazione, disagio sociale, anche legato a problemi di abuso di sostanze», si legge nel Bilancio di missione della Caritas.

«Compilare una domanda per presentare il reddito di cittadinanza, il bonus affitti o le case popolari è un lavoro e spesso queste persone non hanno gli strumenti intellettuali per farlo», spiega don Locatelli. Il drop-in è aperto otto ore al giorno tutta la settimane e propone diverse attività: docce, lavanderia, laboratori occupazionali, colloqui di orientamento ai servizi, di strutturazione percorsi di reinserimento sociale e di ricerca lavoro. «Ogni singola attività prevede un tempo e uno spazio dedicato esclusivamente ad essa e alla persona interessata», si legge ancora nel bilancio di missione.

I fondi di coesione UE

I fondi Ue di coesione non hanno un ruolo importante solo per Caritas Vigevano. Sono risorse importanti anche a livello nazionale e regionale. Nel nuovo ciclo di programmazione, che va dal 2021 al 2027 e che ha appena preso il via in ritardo a causa della pandemia, per esempio, il Piano nazionale Inclusione e lotta alla povertà potrà contare su oltre quattro miliardi di euro, in parte di fondi europei (FESR e FSE+) e in parte di risorse nazionali come cofinanziamento. Non solo.

Il Fondo Sociale Europeo (oggi diventato FSE+) ha anche dei piani regionali. Quello di Regione Lombardia, lo stesso dal quale Caritas Vigevano ha ottenuto finanziamenti per il periodo 2014-2020, avrà una dotazione di un miliardo e mezzo di euro circa. Complessivamente, il Fondo Sociale Europeo Plus metterà a disposizione del nostro Paese 14,5 miliardi di euro. Certo, rimane il grave problema della capacità di spesa  di queste risorse, che fino ad oggi per l’Italia è stata molto deficitaria, ma si tratta di somme cospicue, soprattutto per un paese come il nostro che ha una spesa sociale molto sbilanciata in favore delle pensioni.

Come migliorare

Per quanto lo riguarda, don Locatelli si dice soddisfatto di quanto arriva da Bruxelles. «La mia valutazione dei bandi europei – dice – è certamente positiva. Io poi sono particolarmente d’accordo col fatto che questi non siano mai a capienza totale (cioè che non coprano interamente tutte le spese necessarie per sostenere i progetti, ndr), perché in questo modo si riesce anche a sensibilizzare la comunità rispetto alle esigenze del territorio».

Caritas Vigevano usa questi fondi con costanza ormai dal 2016 e ha anche assunto un progettista come dipendente per dare continuità al lavoro svolto, un ciclo di programmazione dopo l’altro. «Tante delle nostre idee per il nuovo ciclo di programmazione riprendono un filo lasciato col vecchio», spiega il sacerdote. A suo giudizio, sta proprio qui uno dei nodi per migliorare l’efficacia di questi fondi: l’impossibilità di progettare sul lungo periodo.

Per loro natura i finanziamenti UE vanno a cicli e quindi le organizzazioni come Caritas partecipano a bandi per iniziative che durano alcuni anni, che però sono quasi sempre troppo pochi. Se fosse possibile, don Locatelli vorrebbe poter programmare «il prossimo decennio, per avere una vera visione». In questo modo, prosegue, si potrebbero fare delle «verifiche periodiche», ma «si risparmierebbe molto tempo» e si potrebbe «contrastare prima di tutto la povertà di prospettive» che attanaglia molte delle persone che bussano alla porta della Caritas che dirige.

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