«Un giorno qualcuno ci disse che c’era un posto dove avremmo potuto conoscere delle ragazze», dice Giacomo, divertito. È così che lui e i suoi amici scoprirono la Comunità del Giambellino.
«Col fare che si ha a quell’età, iniziammo a frequentare quel posto e ci accorgemmo che lì i ragazzi studiavano. Inizialmente eravamo tutti un po’ diffidenti, ci sentivamo superiori, poi però piano piano ci siamo accorti che quei ragazzi, che avevano la nostra stessa età, ci mettevano dell’impegno», aggiunge.
La comunità era nata nel 1979 per iniziativa di don Renato Rebuzzini, allora parroco del quartiere, e di alcuni volontari. Ai ragazzi come Giacomo offriva un luogo dove teoricamente ci si incontrava per fare i compiti, ma che nei fatti diventava un luogo di aggregazione, interazione e crescita.
«Lì ho conosciuto un educatore che provava sempre a farmi studiare. Mi provocava, in qualche modo, mi diceva che non ero stupido come volevo sembrare e io spesso sono stato anche maleducato con lui», ricorda.
Alla Comunità del Giambellino, Giacomo non trova solo qualcuno che lo fa riflettere, ma anche l’occasione professionale che gli cambia la vita. Un’offerta, informale e probabilmente estemporanea, di lavoro come apprendista meccanico: «quello stesso stesso educatore un giorno mi ha detto che un meccanico lì vicino cercava un garzone per fargli fare un po’ di bottega. Io non volevo, ma poi pensando che così avrei potuto essere indipendente dai miei genitori, ci provai». E le cose andarono bene.
Così, partendo da quel meccanico al Giambellino, Giacomo è riuscito piano piano a costruirsi una carriera che lo ha portato a cambiare diversi altri posti di lavoro e, infine, a realizzare il suo sogno: essere titolare lui stesso di un’officina. Tutto grazie alle parole di un educatore.