Banksy – Le storie intrecciate
Prima di tutto, uniamo i puntini
Lo spazio d’azione dell’arte accessibile, sul territorio, fra le persone, è il pretesto per raccontare storie.
È l’11 dicembre del 2019. Ci vuole un lungo viaggio in autobus per arrivare dal centro di Bristol alla Bridge Farm Primary School. In quei 40 minuti in cui si può tranquillamente ricaricare lo smartphone su una delle prese dell’autobus fai in tempo a vedere sfrecciarti davanti parecchie persone, cose, scritte, puntini che sono isolati solo se non li numeri e non li unisci. Ed è quello che proviamo a fare qui: unire i puntini.
Domani, 12 dicembre 2019, ci saranno le elezioni del parlamento britannico. Qui a Bristol stravinceranno i laburisti. Il processo per la Brexit è in corso: nella cittadina non ne sono particolarmente fieri. Anzi.
Due senzatetto chiacchierano in strada. Extinction Rebellion fa una manifestazione: sono in pochi, davvero pochi. Sullo striscione che reggono c’è scritto «Don’t forget». Vanno avanti e indietro sotto a due telecamere di sorveglianza.
Bristol è una città molto attiva dal punto di vista politico. Decisamente schierata a sinistra, attenta alle cause sociali, ambientali, climatiche, alla cominità. Mentre il pullman procede vediamo case con scritte “voto laburista” appese alle finestre, in giardino, un po’ ovunque.
In effetti, anche cinque anni dopo il viaggio che stiamo facendo, nel 2024, il consiglio comunale di Bristol è a maggioranza green party (gli ambientalisti, 25 seggi su 70) e laburisti (23 seggi su 70).
Ecco che sullo sfondo del porto, rialzate in posizione collinare, si vedono le case colorate della Redcliffe Parade.
Quelle case hanno almeno un paio di secoli – risalgono al periodo georgiano, quello che va dal regno di Giorgio I a quello di Giorgio IV, fra il 1714 e il 1830 –, ma i colori sono arrivati molto tempo dopo. Sono iconiche, ma anche simbolo della progressiva gentrificazione della città: Bristol non è estranea alle contraddizioni.
E il problema dell’espulsione dei poveri è noto da tempo ed è ancora in atto, inesorabile.
Poi arriva la vecchia stazione di polizia di Bedminster, inaugurata nel 1882. Nel corso della prima guerra mondiale era stata la sede di una delle divisioni della Bristol Constabulary, la polizia cittadina.
È probabile – come racconta questa guida del Brhg, il Bristol radical history group – che alcuni degli obiettori di coscienza e di coloro che si opponevano alla prima guerra mondiale si siano fatti un po’ di tempo qui dentro dopo l’arresto, improgionati.
Il quartiere di Bedminster si era schierato contro la guerra: almeno quaranta persone che si erano opposte come obiettori di coscienza, appunto, o attivisti vivevano qui. Recuperare le loro storie e la loro memoria è uno dei compiti che si è dato il Brhg, per raccontare la vera storia della prima guerra mondiale.
In tempi più moderni, per qualche anno, almeno fino al 2016, la vecchia stazione di polizia era diventata la sede di un ristorante italiano, Bottelino’s. Nel frattempo il Bottellino’s si è spostato nella marina di Bristol. Luogo molto gradevole, suggestivo e, ovviamente, super-gentrificato.
Il pullman procede. Sotto un portico storico c’è la versione britannica dei nostri compro-oro.
Quindi, ecco The black cat. È un pub molto famoso: è lì da quasi 120 anni, offre birra a prezzi quasi popolari – almeno rispetto ad altri posti in Inghilterra. Qualche anno dopo il nostro viaggio verrà chiuso, poi riaperto.
Su un muro appare un’opera che risale all’anno prima, all’Upfest 2018. L’Upfest è uno dei festival di street art più importanti d’Europa. Il graffito mostra una mano dal cielo, fatta a sua volta di cielo e stelle, che porge una mela morsicata ad altre due mani messe a coppa, pronte ad accogliere il dono. Le due mani a coppa sembrano appartenere alla stessa persona, ma sono molto diverse fra loro: una è chiara, una è scura. La mela morsicata è il pianeta terra. Il lavoro, secondo le fonti disponibili, dovrebbe essere di Andrew Burns Colwill.
Bristol è una città dove le cosiddette controculture trovano terreno fertile. Negli anni ottanta del secolo scorso, influenzati dalla cultura hip-hop e dalle comunità locali, i graffitari di Bristol hanno dato vita a un movimento noto in tutto il mondo.
Come Londra e Parigi, Bristol viene invasa dalle tag – firme, nomi degli street artist. Nel 1983 appare un vero e proprio murales, firmato D.D.D. Quelle 3D erano lo pseudonimo di Robert Del Naja, figlio di Ann Rosemary Peters e di Franco del Naja, migrante napoletano che, in cerca di fortuna, aveva aperto un pub a Bristol.
Guarda un po’, passiamo davanti a un altro storico pub, The Three Lions.
I pub sono stati luoghi dove, grazie alla lungimiranza di alcuni proprietari, gli street artist hanno potuto continuare a esercitare anche mentre l’ostilità contro di loro era enorme. 3D, pioniere di stili che non si vedevano a Bristol in quel periodo, dipingeva all’aperto, illegalmente, a Clifton e in Jamaica Street. Nel 1986 l’avevano già arrestato due volte.
Il pullman esce fuori città.
Non è che adesso le cose siano meglio, per chi fa graffiti. Solo l’anno che precede il nostro viaggio, il 2018, Jack Keeling è stato condannato a sedici mesi di carcere per le sue tag.
A un certo punto, dal pullman vedo un manifesto che rappresenta, per me e probabilmente per molte altre persone a Bristol, una sorta di connessione di tutti i discorsi che abbiamo fatto fin qui, la matrioska più grande e quella più piccola insieme, la mappa dei puntini della complessità.
È un manifesto pubblicitario del musical Les Miserable. Quell’immagine iconica di Cosette, protagonista del musical e, prima, del romanzo di Victor Hugo, è di Émile Bayard ed è molto famosa. Cosette è una bambina orfana che vive inizialmente in condizioni miserabili, sfruttata e maltrattata dai coniugi Thénardier, proprietari di una locanda. Successivamente viene salvata e adottata da Jean Valjean, l’ex galeotto protagonista del romanzo, che la cresce come una figlia.
Ma io, Cosette, la ricordo per un altro motivo: la ricordo perché ricordo come è stata rivisitata di recente.
Nel 2016 una Cosette in lacrime a causa dei lacrimogeni CS sullo sfondo della bandiera francese appare vicino all’ambasciata di Francia a Londra. Vicino alla Cosette che piange c’è un qr-code. Rimanda a una serie di video su un campo di rifugiati francese, The Jungle a Calais.
Il 5 e 6 gennaio 2016 nel campo noto come The Jungle c’era stato un assalto della polizia francese con uso di CS contro i migranti. La polizia aveva smentito, ma i video che girano online sono inequivocabili. Il gas CS fa parte anche della dotazione delle forze di polizia in Italia. È stato abbondantemente utilizzato a scopi repressivi. Per esempio: durante il G8 di Genova nel 2001; contro i manifestanti a Terzigno nel 2010; contro i No Tav in Val di Susa nel 2011 e 2012; nel 2021 contro i portuali che protestavano per il green pass.
Comunque, quella Cosette in lacrime è stata attribuita a Banksy.
È per Banksy che siamo a Bristol. È per Banksy che stiamo andando a scuola.
Dicono che Banksy sia di Bristol. Dicono che sia una persona sola. Qualcuno ha detto che è 3D, che nel frattempo ha anche fatto un gruppo musicale, i Massive Attack.
Dicono che nessuno sappia chi è, anche se molti lo sanno (per forza, no?).
A noi importa poco chi sia: ci importa il modo in cui, alla ricerca delle sue tracce, possiamo raccontare storie, unire i puntini, creare matriosche.
Lo spazio d’azione dell’arte accessibile, sul territorio, fra le persone, è il pretesto per raccontare storie.