Ep. 05

A dieci anni dal referendum

In questo decennio, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha tenuto alta l’attenzione sull’operato dei numerosi Governi post Berlusconi III.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Dalle nostre serie Serie Giornalistiche
Accadueò

L’accesso universale all’acqua è, e dovrebbe essere, il presupposto di ogni politica tesa a contrastare le diseguaglianze. Ma non sempre ce ne preoccupiamo.

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Sono passati dieci anni da quel 13 giugno 2011 in cui gli italiani risposero con una maggioranza plebiscitaria ai due quesiti relativi all’acqua pubblica promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua: il 95,35% rispose sì al primo requisito che richiedeva l’abrogazione della modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, il 95,80% rispose sì al secondo che richiedeva l’abrogazione parziale di norma per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Si trattò di una vittoria schiacciante che, come abbiamo visto nel primo episodio di Accadueò, spinse la Commissione europea a chiedere al Governo italiano lumi sulle misure da intraprendere nel settore dei servizi idrici “nonostante” l’esito del referendum.

In questo decennio, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua non ha mai dormito sugli allori di quel successo referendario ed è stato, anzi, il watchdog che ha tenuto alta l’attenzione sull’operato dei numerosi Governi che si sono succeduti al Berlusconi III.

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La difesa dell’acqua bene comune in Italia

Negli ultimi mesi, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha lanciato la campagna Quotazione dell’acqua in Borsa: NO grazie. L’11 dicembre 2020, infatti, il Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua, Pedro Arrojo-Agudo ha espresso la propria preoccupazione in merito alla notizia dello scambio dell’acqua sul mercato dei futures della Borsa di Wall Street. In questo fatto il Forum vede un vero e proprio spartiacque, «un passaggio epocale che apre alla speculazione dei grandi capitali e alla emarginazione di territori, popolazioni, piccoli agricoltori e piccole imprese ed è una grave minaccia ai diritti umani fondamentali».

In una situazione di incremento demografico, di crescente consumo da parte di agricoltura e industria e di progressiva scarsità a causa del surriscaldamento globale, la quotazione in borsa dell’acqua non farebbe che aumentare le disuguaglianze nell’accesso a questa risorsa fondamentale per la nostra vita. Il timore del Forum italiano dei movimenti per l’acqua è che questa operazione speculativa renda vana la risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che nel 2010 ha sancito come l’acqua sia “un diritto umano universale e fondamentale”.

Paolo Carsetti, segretario del Forum italiano per i movimenti dell’acqua, è la persona più adatta per avere un quadro generale dei fronti sui quali sono impegnate le associazioni che lottano per difendere l’acqua pubblica.

“La nostra iniziativa è nata quando abbiamo appreso la notizia della quotazione in Borsa dell’acqua. Se n’è iniziato a parlare nel settembre del 2020 e poi si è concretizzata il 7 dicembre 2020, con la prima emissione di futures sull’acqua. Si tratta di prodotti finanziari che inizialmente furono creati per fornire una sorta di assicurazione rispetto al prezzo futuro che può assumere una commodity, quindi un bene, ma che poi, purtroppo, sono diventati, progressivamente, prodotti finanziari speculativi. I futures vengono comprati e venduti prima della scadenza del contratto, perché l’andamento del prezzo fa sì che si possano avere altissimi guadagni con queste operazioni e, quindi, controllare indirettamente il prezzo. E il prezzo, su un ‘prodotto’ come l’acqua dipende dalla sua disponibilità. Considerando il fatto che la disponibilità sta diventando sempre minore a livello globale, a causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento, il prezzo dell’acqua continuerà a salire e sarà, sempre di più, un obiettivo strategico sul mercato finanziario”.

I futures emessi nello scorso mese di dicembre sulla Borsa di Chicago fanno riferimento all’utilizzo dell’acqua sul territorio della California, Stato che nell’ultimo decennio ha dovuto fare i conti con gravi problemi di scarsità idrica a causa di lunghi periodi di siccità e della crescente richiesta d’acqua da parte delle megalopoli e dell’agroindustria. Il combinato di surriscaldamento globale e agricoltura intensiva rende il contesto californiano ideale per la speculazione finanziaria sulle risorse idriche: “A partire da questa notizia – continua Carsetti – ci siamo attivati per denunciare questo processo paradigmatico ed epocale rispetto alle tendenze sulla mercificazione dell’acqua. Rispetto a ciò per cui ci battiamo da circa quindici anni, vale a dire il processo di privatizzazione della gestione dell’acqua, si tratta di un importante salto di qualità in negativo, perché, per la prima volta, si privatizza e si mercifica il bene in sé. Lo si fa attraverso una quotazione del bene in Borsa, favorendo le spinte speculative. Quanto avvenuto in passato per il petrolio e per il grano dimostra come questo tipo di logica porti a forti oscillazioni dei prezzi”.

Il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha lanciato un appello al Governo Draghi per chiedere che l’Italia prenda posizione contro questa deriva e si configuri come un Paese attento alla gestione pubblica delle risorse idriche.

Come trovare il giusto prezzo dell’acqua per evitarne il sovrautilizzo in un contesto di progressiva diminuzione delle riserve? “Occorre avere la massima attenzione per quanto concerne il risparmio idrico e la tutela quantitativa della risorsa, ma che questo si ottenga attraverso un innalzamento del prezzo lo dubito. Come Forum non abbiamo mai sostenuto che l’acqua debba essere gratis. Qualcuno strumentalizzando la nostra posizione tende a porre l’equazione acqua pubblica uguale acqua gratis. Non è assolutamente così. Nella nostra proposta di legge di iniziativa popolare che, da quasi quindici anni, rimane indiscussa in Parlamento, definiamo un’articolazione tariffaria che possiamo arrivare a definire ‘punitiva’ rispetto a consumi eccessivi e sprechi, però, per esempio, c’è un’attenzione fortissima nel definire il quantitativo minimo vitale in 50 litri d’acqua al giorno, come definito dall’OMS. Questo quantitativo deve essere gratis e garantito come diritto umano. Se è un diritto – come sancito dall’Assemblea generale dell’ONU – deve essere lo Stato a farsene carico, così come accade con sanità e istruzione”.

Carsetti spiega come, in molti casi, l’aumento del prezzo non faccia diminuire il consumo, ma tenda solamente a escludere le fasce più deboli della popolazione e le piccole imprese agricole, senza impensierire le grandi multinazionali dell’industria agroalimentare. “Il problema rispetto all’agricoltura è modificare radicalmente il modello produttivo. Molte volte vengono introdotte specie che non sono autoctone e che, pertanto, necessitano di grandi quantità d’acqua. L’Agro Pontino e le campagne del Sud del Lazio, per esempio, erano diventate, all’inizio del secolo, il secondo produttore al mondo di kiwi dopo la Nuova Zelanda. Il kiwi è una delle coltivazioni più idroesigenti al mondo e la sua coltivazione aveva causato un sovrasfruttamento della risorsa e un abbassamento delle falde. L’attenzione dovrebbe essere rivolta non tanto all’aumento del prezzo, quanto al governo rispetto a quella che è la domanda di prodotti e, quindi, modificare quello che è l’approccio all’agricoltura intensiva. Ci sono alcuni prodotti che non possono essere coltivati ovunque”.

Fra le richieste del Forum vi è quella di sottrarre ad ARERA le competenze sul Servizio Idrico e di riportarle al Ministero dell’Ambiente: “Noi ci siamo scontrati storicamente con l’attività di ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente)perché uno dei quesiti referendari del 2011 chiedeva l’abrogazione della remunerazione del capitale investito. A prescindere dalla qualità della gestione, dall’efficienza, si stabiliva che la tariffa dovesse prevedere il 7% della remunerazione degli investimenti. Questa voce è stata abrogata con il referendum e, purtroppo, con gli aggiornamenti dei metodi tariffari questa voce è stata reintrodotta sotto mentite spoglie: non più remunerazione del capitale, ma il costo della risorsa finanziaria. Il problema è che la formula che soggiace a questa voce è sostanzialmente identica a quella della remunerazione. Noi abbiamo contestato questo metodo tariffario formalmente, con un ricorso al TAR e uno al Consiglio di Stato. Quest’ultimo non ci ha dato ragione sottolineando come esista una teoria economica dominante che prevede la remunerazione del capitale economico investito. A noi sembra che ciò rappresenti un vulnus democratico pesantissimo, soprattutto se detto in una sentenza di un tribunale amministrativo”.

Il Forum chiede dunque la sottrazione delle competenze ritenendo che la mercificazione dell’acqua passi anche attraverso il metodo tariffario proposto da ARERA. Carsetti spiega come, in realtà, non esista alcun mercato dell’acqua, neanche potenziale: “Quello dell’acqua, di fatto, è un monopolio naturale. Nessuno di noi, in nessuna parte del mondo, può decidere autonomamente sotto quale gestore stare perché è evidente che rispetto a una risorsa fisica che viene prelevata in un determinato punto e distribuita non c’è possibilità di scegliere alternative, come accade, invece, per i servizi di energia elettrica, gas o telefonia e quindi non esiste una concorrenza ‘nel’ mercato, c’è una concorrenza ‘per’ il mercato, nel momento in cui si esplica la gara”. La finalità del Forum è quella di riportare la competenza all’interno del Ministero dell’Ambiente, attraverso un ufficio o un’agenzia specifica, in buona sostanza l’auspicio è che si torni a un controllo politico realmente indipendente, com’era prima del referendum del 2011.

Nelle richieste presentate al Governo Draghi non poteva mancare la manutenzione delle reti idriche: “La situazione è sempre molto grave. A livello nazionale, la tendenza è di un aumento della dispersione idrica e questo è conseguenza degli scarsi investimenti fatti. Gli investimenti ricadono tutti sulla tariffa, il problema è che se si mantiene una logica privatistica e di profitto, gli investimenti non verranno mai fatti nella misura in cui sono necessari. Rispetto agli utili prodotti dalle aziende, quindi alcuni miliardi di euro l’anno, la media della distribuzione dei dividendi ai soci pubblici e privati è del 50%, quando non del 70-80%. Solo una minoranza viene riservata agli investimenti sulla rete, questo la dice lunga su quello che è l’obiettivo dei gestori ovvero la massimizzazione del profitto rispetto ai propri soci e, quindi, la distribuzione dei dividendi piuttosto che la realizzazione di un servizio economico ed efficiente che guardi anche alla tutela e alla conservazione della risorsa. Sprecare l’acqua significa continuare a prelevarne sempre di più, quando sappiamo che la disponibilità sta diminuendo nel tempo. Nell’area della Città Metropolitana di Roma, la rete gestita da ACEA disperde circa il 42% dell’acqua prelevata dalle sorgenti dell’Appennino Centrale. Intervenire su di una rete idrica vetusta come quella della Capitale comporta un investimento di centinaia di milioni di euro, mentre se si riuscisse a potabilizzare l’acqua del Tevere la spesa sarebbe decisamente meno consistente”.

L’altra questione inserita nelle richieste inviate al Governo Draghi riguarda l’accaparramento delle fonti, una dinamica che si è instaurata negli ultimi anni e che ha molti punti di contatto con i processi di finanziarizzazione: “La possibilità di avere un diritto di sfruttamento sulle sorgenti significa gestirle in modo privatistico e quindi non guardando solamente all’assicurazione di un servizio essenziale alla vita. Il fatto che vengano date concessioni a soggetti pubblico-privati con partecipazioni di multinazionali, è preoccupante perché si consegna nelle mani di un soggetto privato un bene essenziale alla vita”.

Vuoi per questioni orografiche, vuoi per ragioni climatiche, la situazione delle risorse idriche italiane resta molto eterogenea, così come lo sono le criticità che si sviluppano per le ragioni più diverse. La forza del Forum italiano dei movimenti per l’acqua è il dialogo con le varie associazioni distribuite lungo la Penisola e la capillarità degli aderenti che portano all’attenzione della segreteria i casi particolari.

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Campania e Sicilia avamposti della difesa dell’acqua pubblica

Uno di questi è Gianluca Napolitano, attivista dei comitati civici per l’acqua pubblica che nel 2019 è stato eletto, insieme a Giuseppe Grauso, altro storico rappresentante del movimento, nell’assemblea del Distretto Sarnese-Vesuviano dell’Ente Idrico Campano che controlla l’operato del gestore locale dei servizi idrici, Gori Spa: “L’area sarnese-vesuviana conta 76 comuni e una popolazione di un milione e mezzo di persone. Dal 2004 a oggi abbiamo assistito a un aumento esponenziale delle tariffe al quale non è corrisposto un miglioramento del servizio. La tariffa al metro cubo è passata da una media di 0.40 euro a punte di 5 euro. Si tratta di una delle tariffe più alte d’Italia, simile a quella di Firenze, ma in un contesto socio-economico in cui il reddito medio pro-capite è decisamente inferiore”.

Le stime sulla dispersione idrica nella rete di Gori Spa sono molto elevate, intorno al 56% e, per ovviare a questo problema e alla disastrosa situazione di fogne e depuratori, sta per essere approvato dall’Ente Idrico Campano il piano d’ambito che prevede nei prossimi anni interventi da centinaia di milioni di euro, che verrà in parte finanziato con i fondi del Recovery Fund e – temono i comitati – con ulteriori aumenti tariffari. La presenza di Napolitano all’interno dell’Ente Idrico Campano che controlla l’operato del gestore rappresenta un grande successo politico per l’attivismo che difende le risorse idriche nell’area sarnese-vesuviana, si tratta di uno dei primi casi in Italia in cui i cittadini entrano a far parte di un’autorità di controllo dei servizi.

Antonella Leto è una delle attiviste storiche del movimento per la difesa dell’acqua come bene comune e opera in Sicilia, regione che si confronta da anni con la scarsità delle risorse idriche. L’articolazione siciliana del Forum, grazie a 135 raccolte, ha portato una dote di 100.000 firme per il referendum sull’acqua del 2011. Dopo il successo di quella lunga lotta per la difesa dell’acqua come bene comune, gli attivisti siciliani non hanno riposato sugli allori, ma hanno mantenuto alta l’attenzione: “Nonostante la legge della Regione Sicilia escluda le finalità di lucro dai servizi idrici, il decreto Madia che ha negato la possibilità di gestire l’acqua pubblica ai comuni, ne ha orientato il dimensionamento su di una scala provinciale. Ovviamente una gestione comunale renderebbe più semplice il controllo pubblico, mentre dimensioni più grandi favoriscono l’ingresso dei privati. Il gestore Sicilia Acque è al 75% privato e fra questi vi è anche la multinazionale Veolia, ciò ha determinato un raddoppio della tariffa che è salita a 0.75 euro al metro cubo”.

Gli attivisti siciliani chiedono che l’esito del referendum non venga disatteso (in Sicilia il sì conquistò il 97,9%) e che il gestore sia un ente di diritto pubblico: “In Sicilia molti privati sono falliti – continua Leto -. A Caltanisetta e a Enna non sono stati rifatti gli impianti e ad Agrigento il gestore è stato addirittura sospeso. La nostra regione è la prima in Italia per infrazioni del regolamento della Comunità Europea sulla depurazione delle acque. Per non parlare della dispersione idrica del 50% dell’acqua captata a causa di una rete vetusta”.

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Il caso della Provincia di Massa Carrara

Una delle aree italiane nelle quali le risorse idriche sono maggiormente in pericolo è la provincia di Massa Carrara. Ad aiutarci a comprendere la complessità delle questioni in ballo nella provincia più a nord della Toscana e nella provincia di Lucca sono Clara Gonnelli, rappresentante regionale di una delle associazioni che fanno parte di un coordinamento denominato Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni per la depurazione, le bonifiche e la ripubblicizzazione del servizio idrico (CCA dbr),e il vicepresidente nazionale di Federalberghi Paolo Corchia.

“Due anni e mezzo fa – riferisce Clara Gonnelli – ci siamo fatti parte attiva per favorire lo sviluppo di un coordinamento di comitati ed associazioni a carattere locale, regionale e nazionale, per affrontare i grossi problemi presenti in questo territorio che sono legati al sistema di gestione dei servizi idrici e alle falde acquifere. Il CCA dbr, che ha una presenza molto attiva nel territorio, mette in rete l’impegno e le competenze di vari soggetti, per promuovere l’acqua pubblica, e difendere i diritti dei cittadini relativamente alla messa in sicurezza e bonifica urgente di una porzione del territorio (Massa Carrara) altamente inquinata da sostanze chimiche. Il Forum Italiano dei movimenti per l’Acqua, ci sta dando una grossa mano e partecipa attivamente, con un contributo di conoscenze ed esperienze, allo sviluppo dell’attività. Due mesi fa si è associata alle nostre richieste l’associazione Federalberghi Costa Apuana e Federalberghi Versilia e quindi, una fetta economica che in questo territorio è una delle più importanti, in quanto vi afferiscono oltre 450 aziende e un indotto di circa 15.000 addetti”.

“Noi tutti sappiamo che Lucca è la provincia toscana più ricca di acqua – dichiara Paolo Corchia – tanto da servire le località vicine come Pisa e Livorno. Un dato, questo, che stride con il costo dell’acqua sottoposto all’Autorità Idrica Toscana. Dalla ricerca sui sistemi tariffari dei servizi idrici integrati in Toscana comparato con quelli di altre città italiane, che sono stati analizzati dal Forum Italiano dei movimenti per l’acqua, la Toscana risulta essere tra i più cari d’Italia. Il gestore locale GAIA Spa in questa classifica è al secondo posto dopo Livorno (in cui opera un altro gestore), pertanto il secondo in Italia. Particolarmente elevato è il costo di fognatura e depurazione, che rispetto a quelli analizzati è sicuramente il più alto in Italia, nonostante gli episodi ricorrenti di inquinamento con perdite dai depuratori, che causano divieti di balneazione durante la stagione estiva con gravi danni economici e di immagine al turismo. Inoltre è stata riscontrata una perdita del 57,6% di acqua dagli acquedotti, un sistema fognario e di impianti di depurazione da completare ed implementare, guasti che provocano acqua marrone dai rubinetti, come è successo recentemente. Tutto ciò in un quadro di investimenti inferiore a quelli previsti dal Piano d’ambito”.

Tanto per far comprendere la situazione, uno dei problemi principali affrontati in questi anni dal CCA dbr e subito dai residenti, è stato quello della depurazione, con particolare riferimento ai depuratori del Lavello 1 e 2 di Massa. Nel gennaio 2019 il Lavello 1 è stato posto sotto sequestro preventivo dalla Magistratura perché, in base alle dichiarazioni fatte dallo stesso Procuratore, avrebbe riversato nel torrente Lavello e poi in mare, una serie di sostanze inquinanti dannose per la salute, per l’ambiente e per le economie locali, con un conseguente danno di immagine per il turismo (dovuto a soventi divieti di balneazione in piena stagione turistica). “L’altro grande problema – spiega Gonnelli – è legato al SIN-SIR (Sito di Interesse Nazionale e Regionale), un’area di circa 17 km quadrati che il Ministero dell’ambiente ha classificato tra quelli da bonificare per la grande quantità di veleni diffusi negli anni dai vecchi insediamenti industriali come la Ex Farmoplant (oggi Edison SpA) e la Ex Ferroleghe… A proposito della Ex Farmoplant abbiamo fatto partire una petizione per arrivare a sostenere le istituzioni. La Edison SpA ha sempre ritenuto di non essere responsabile dell’inquinamento della falda acquifera, soggiacente l’area occupata un tempo dal suo stabilimento di Massa, ha attribuito ad altri le cause per i gravi danni provocati al territorio e non intenderebbe effettuare a sue spese la bonifica delle falde acquifere. Dopo che il TAR di Firenze si è pronunciato sfavorevolmente nei confronti della Edison, la società ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, il quale ha respinto la richiesta di sospensione cautelare della sentenza del TAR di Firenze dello scorso 3 novembre. Ovviamente non si può ancora cantare vittoria, perché quest’ordinanza rimanda alla decisione di merito in un’udienza che sarà fissata successivamente dagli organi competenti, ma questo esito lascia ben sperare”.

Sia il CCA dbr che Federalberghi si stanno impegnando affinché vengano realizzate il più presto possibile le bonifiche, per evitare che i veleni immessi negli ecosistemi continuino a rendere inquinato l’ambiente e le falde acquifere e si possa fruire a pieno del territorio.Insieme stanno affrontando anche un altro fronte di impegno. “Stiamo lavorando – dichiarano Ersilia Mignani e Clara Gonnelli del CCA dbr – per la ripubblicizzazione del servizio idrico e per poter trasformare il gestore idrico integrato GAIA Spa in un’Azienda speciale consortile pubblica. Chiediamo che vengano fatti degli investimenti sulle infrastrutture, visto che in alcune aree della regione la dispersione raggiunge il 57,6%, un dato ingiustificabile se si considera che le tariffe della Toscana sono le più alte d’Italia”.

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