Ep. 3

L’intervista a Matteo Pucciarelli

L’autore del primo articolo “mainstream” sul libro di Vanacci racconta la genesi del suo pezzo. Poi ci scambiamo alcune considerazioni.

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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Vulnerabilità Generale

Il caso del Mondo al contrario di Roberto Vannacci è interessante per analizzare debolezze e problemi dell’ecosistema mediatico. E non solo.

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Visto che Matteo Pucciarelli, giornalista, è il primo ad averne scritto su un giornale mainstream e visto che sono stati sollevati dubbi anche sul modo in cui sia venuto a conoscenza del libro, ho pensato di sentirlo. È suo il pezzo di Repubblica che ha dato il via al clamore mediatico legato a questa vicenda.

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Matteo Pucciarelli in un fotogramma della nostra conversazione

Come inizia questa storia?

«Il 14 agosto un amico, ex militare che è anche stato mia fonte, mi scrive per dirmi che su una delle chat che frequenta ancora stava girando un articolo che parlava di un libro scritto da un Generale. Sono andato a leggermi la quarta di copertina del libro e l’ho subito ordinato su Amazon. Si trattava di un Generale dell’Esercito Italiano che prendeva posizione pubblicamente con un libro con quegli argomenti semi-complottisti della minoranza che opprime la maggioranza e via dicendo».

«Ho scritto alla mia redazione, gli Interni di Repubblica. Mi sembrava una notizia, considerando il ruolo ricoperto. Mi è stato confermato che era interessante e mi è stato detto di scriverne. Rispetto al passato, la scelta è stata di lanciare il pezzo subito sul sito. È stato messo online verso le 11, le 12 e la notizia è stata ripresa praticamente subito da tutti. 

La differenza è che noi avevamo già il libro e gli altri, in quel momento, no. È diventato un caso». 

Quindi, visto che una delle critiche che poi girano di solito quando succedono queste cose è: «si critica qualcosa che non si è letto», possiamo tranquillamente affermare che tu il libro l’avessi letto.

«Sì, dall’inizio alla fine. Tra l’altro, io utilizzo molto Twitter e così, dopo che è uscito l’articolo, ho postato delle foto di alcuni estratti del libro, proprio a dimostrazione del fatto che era stato letto accuratamente. Anche questo, credo, ha dato molta rilevanza alla notizia in sé, visto che Twitter è un social molto frequentato da altri giornalisti, da politici, da commentatori, quindi la cassa di risonanza è maggiore rispetto ad altri social». 

Il tuo pezzo, oltre a diventare un caso, ha un impatto: infatti parte un provvedimento disciplinare. Ma allo stesso tempo la situazione si trasforma in un volano di marketing: in gergo si chiamano earned media, le pubblicazioni che fanno “gratis” pubblicità a un prodotto, come un libro, appunto. Ti poni il problema? Secondo te si può fare qualcosa per evitare di fare pubblicità dando una notizia?

«Che quell’articolo potesse dare rilevanza al libro era ovvio. Ma questo non può condizionare la pubblicazione di una notizia. Sono tranquillo in questo senso: non penso che si potesse fare diversamente. Il pezzo riportava quello che c’era scritto nel libro: sono argomentazioni, dal mio punto, di vista pericolose. Non si poteva fare autocensura per il rischio di dare rilevanza al libro».

Però, in qualche modo, quello che stai raccontando e quello che abbiamo visto succedere rappresentano in qualche modo la vulnerabilità dell’ecosistema dei media. 

«Sì, sono d’accordo. Il fatto che il mainstream – i giornaloni, come li chiama qualcuno –, dica che quel libro è negativo, per quel qualcuno vuol dire che il generale sta dicendo delle cose scomode».

Ti sei chiesto se ci fosse una strategia dietro?

Per un libro senza un editore, mi sembra normale che le prime recensioni si basino sulla conoscenza dell’autore. Le prime testate a parlarne sono state Analisi Difesa, con un pezzo di Gianandrea Gaiani – che è stato consulente di Salvini e oggi è consulente di Piantedosi per questioni, diciamo, di sicurezza –, il sito Osservatorelibero, gestito da un giornalista pubblicista fiorentino e il sito dell’Associazione Nazionale Paracadutisti [tutto verificato e verificabile, come spieghiamo nella timeline. Sono pezzi gratuiti e liberamente leggibili, che escono prima dell’articolo di Pucciarelli, ndR]. Vedendoli, possiamo pensare che Vannacci abbia semplicemente fatto girare il libro a queste persone: mi è sembrato un normale procedimento che si fa se autoproduci un libro: si vede anche che è autoprodotto, che è mancato l’editing.

Poi, ovviamente, dopo che scoppiato il tutto, scatta anche un po’ la dietrologia, no? Di sicuro Vannacci prende delle posizioni politiche di un certo tipo, vicine ai partiti cosiddetti sovranisti. Che ci sia un disegno preciso a monte, io lo escludo. Che poi, invece, si utilizzi il gran clamore per altre dinamiche a posteriori, questo avviene senza dubbio: Salvini che lo chiama e fa sapere che lo ha chiamato, Vannacci che nelle interviste sulla politica dice «sì, no, boh, vediamo»: mi sembra qualcosa che nasce dopo il clamore non prima.

Se fosse tutto orchestrato, per dire, la segnalazione di questo libro mi sarebbe arrivata da ambienti politici. Vuoi far scoppiare un casino? Fai arrivare a un giornalista questa cosa. Ma non è andata così.

E poi diventa notizia anche il fatto che il libro venda tanto. Se un libro vende quelle cifre lì su Amazon e va al primo posto non puoi non occupartene, sempre per come funziona il nostro lavoro, e qui c'è un'altra vulnerabilità, probabilmente. 

Le prime cifre le ha date lui stesso a la Gazzetta del Serchio. A me aveva detto che non le avrebbe mai dette nemmeno sotto tortura. Così è uscita questa cifra di 22mila copie. Con i colleghi che si occupano di cultura e libri eravamo un po’ titubanti, quindi avevamo messo questo dato con tutte le cautele del caso. Ma poi la GFK ha confermato che fosse plausibile.

 

Con un budget ridicolo, se si ha qualche interesse, si può tranquillamente gonfiare questo dato auto-comprandolo.

Sì, però non credo sia stato questo il caso. Cioè: non penso che che sia andata così perché nel giorni successivi nei due o tre giorni successivi, io notavo come sui social ci fossero centinaia di persone che condividevano la foto del libro, che dicevano «il libro è arrivato!», quasi come a dimostrare che l’avevano comprato, che c’è gente reale che lo compra e lo legge. Si è creato proprio un fenomeno, la voglia di comprare un libro per dimostrare, diciamo, la propria identità.

Vado nel mondo delle speculazioni: se volessi dimostrare che quelle idee hanno un pubblico numeroso a sostegno, qualcosa ci investirei. Però anche spulciando le recensioni, sono effettivamente recensioni di acquisti da persone identificate, che esistono, che hanno fatto anche altri acquisti su Amazon. C’è anche una persona che lo recensisce negativamente perché Vannacci se la prende con i no vax.

Quando ho letto il libro l’ho notato anch’io, perché è un libro che ricalca un po’ le tematiche del mondo cosiddetto complottista. Però in realtà sul tema vaccini ha una posizione invece totalmente allineata a quello che si definisce mainstream. Il che, secondo me, conferma la totale genuinità del libro, del prodotto. Perché se avesse voluto ammiccare a tutto quel mondo, allora non avrebbe toccato l’argomento vaccini o lo avrebbe fatto in maniera più furba. 

 

L’hai sentito, Vannacci?

Sì, ci ho parlato un paio di volte: il giorno stesso del primo articolo e poi dopo due o tre giorni: era anche divertito dal clamore. Mi è sembrata anche una persona soddisfatta di travalicare i confini della fama dell’Esercito. Ci vedo anche molto esibizionismo narcisismo, in tutta questa storia.

 

In effetti, se non era un'operazione concordata con terzi a lui non poteva andare meglio di così probabilmente.

Assolutamente.

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