Taranto e l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia (Adi), sono un luogo simbolo del conflitto tra lavoro e salute, ma anche di quello tra lavoro e ambiente. L’Onu ha definito la città una «zona di sacrificio», cioè un territorio in cui le istituzioni hanno stabilito e mantenuto produzioni inquinanti a discapito della salute dei cittadini. Non è solo un problema sanitario: produrre acciaio genera, oltre che inquinanti nocivi per le persone, anche alte emissioni di CO2 che aggravano la crisi climatica.
In città, le «altre prospettive» di cui parla Cataldi mancano da decenni, da quando l’operaio sedeva sui banchi di scuola. Oggi, per provare a immaginarle e concretizzarle, c’è il Just Transition Fund (Jtf), un nuovo fondo di coesione europea che aiuta i territori più colpiti dalla transizione energetica, che in Italia sono il Sulcis Iglesiente in Sardegna e, appunto, Taranto.
Per la provincia pugliese, il Jtf vale 796 milioni di euro, ma il rischio è che non vengano spesi.