Taranto perderà un’occasione da 800 milioni di euro?
Il rischio c’è. Raccontare il programma Just Transition Fund a Taranto, finora, vuol dire documentare un vuoto. E il tempo per spendere i fondi è sempre meno.
Come saranno spesi i quasi 800 milioni del Just Transition Fund? Finora sono note alcune (vaghe) idee di progetti, tra cui piantare alberi per bonificare i terreni e assorbire CO2. Tra i tarantini, l’ottimismo è poco.
Taranto ha un’occasione da 796 milioni di euro per cambiare pelle e non dipendere più dall’ex Ilva. Come la sta usando?
Nel 1972 Antonio Cederna scriveva sul Corriere della Sera che quello tarantino gli appariva a tutti gli effetti «un processo barbarico d’industrializzazione». «Un’impresa industriale a partecipazione statale, con un investimento di quasi 2.000 miliardi (di Lire, ndr), – si legge in un articolo intitolato Taranto strangolata dal boom – non ha ancora pensato alle elementari opere di difesa contro l’inquinamento e non ha nemmeno piantato un albero a difesa dei poveri abitanti dei quartieri popolari sottovento».
Oltre 50 anni dopo, alcuni alberi oggi ci sono.
E altri potrebbero essere piantati grazie al Just Transition Fund.
Il budget Jtf per la provincia di Taranto è di 796 milioni, di cui il 38 per cento per la diversificazione economica, il 32 per cento per mitigare gli effetti occupazionali della transizione e il 30 per cento per l’energia e l’ambiente.
Le azioni previste dal programma Jtf indicano strade possibili per la riconversione attesa da Taranto: produzione e stoccaggio di energia rinnovabile; ricerca e sviluppo filiera della dell’idrogeno verde; ripristino dei terreni inquinati; e ancora: sviluppo di Pmi, ricerca, servizi di cura e, soprattutto, formazione e riqualificazione dei lavoratori a rischio.
Ma in cosa si tradurranno, in concreto, tutti questi propositi?
A Taranto, l’unico progetto certo, o almeno molto probabile, riguarda proprio gli alberi, ed è Filiere verdi. Si tratta di un intervento di biorimedio fito-assistito, cioè di bonifica dei terreni della provincia attraverso la piantumazione di alcuni vegetali, come il pioppo e la canapa, in grado di degradare le sostanze inquinanti, prodotte dall’ex Ilva.
Proposto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Filiere Verdi è l’unico intervento inserito fin dall’inizio nel programma Jtf come operazione di importanza strategica della Regione Puglia, cioè un progetto bandiera che avrà priorità di realizzazione. Un intervento promettente per la città (che è Sito d’Interesse Nazionale per le bonifiche dal 2000), ma con ancora molte incognite: costi, impatto occupazionale, tempi di partenza e altri dettagli tecnici non sono ancora noti.
Il comune di Taranto ha inoltre definito quattro proposte progettuali per 250 milioni di euro, circa il 30 per cento del Jtf: il Sea Hub, un progetto per potenziare la filiera dell’economia del mare, come la cantieristica, la pesca, il turismo costiero e la mitilicoltura (l’allevamento di cozze, per cui Taranto è famosa); il Campus ionico, un centro di formazione e ricerca collegato alle università locali che supporti l’accelerazione di startup nei settori dell’innovazione digitale, rinnovabili e idrogeno verde; la Biennale del Mediterraneo, una biennale di arte e architettura che sarà ospitata in alcuni palazzi storici della città; e la Green Belt, una cintura di alberi intorno alla città per assorbire CO2, che completerà la forestazione urbana avviata dal comune nel 2021.
Il Parco della Mura Greche è uno dei siti dove sono stati piantati i primi alberi della Green Belt, prima del Jtf, grazie a un accordo tra il comune, Fondazione Cassa Depositi e Prestiti e Arbolia, una società benefit di Snam. È anche il luogo dove il Comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti organizza ogni anno il concerto del 1 maggio di Taranto. «Hanno messo una schiera di questi alberelli, ma non vengono curati», denuncia Raffaele Cataldi, operaio Ilva in cassa integrazione e attivista del Comitato.
Anche se oggi non appare in grande salute, la Green Belt potrebbe avere una seconda vita con il JTF e dare lavoro sul territorio: il Quotidiano di Puglia ha parlato di un impatto occupazionale da 4.100 occupati tra diretti e indiretti al 2029, per un costo del progetto di 81 milioni di euro e 1.200 ettari totali di aree verdi, l’equivalente di oltre 1.680 campi da calcio. Oggi, il sito nel parco della Mura Greche, secondo i dati di Arbolia, è di soli 1,64 ettari e i funzionari competenti per il Jtf del comune, pur essendo la fonte dei dati, invitano ad avere cautela verso queste stime.
«Sono delle proposte, però non sono da intendersi come dei progetti che hanno già una loro strutturazione definitiva» dichiara Simone Marchesi in merito ai progetti del Comune, di cui è consulente tecnico per il Jtf. Le proposte, spiega Marchesi, hanno già avuto l’approvazione tecnica dell’iniziativa Ue Jaspers, che ne ha riconosciuto la coerenza con gli obiettivi di diversificazione economica del Jtf, e quando apriranno i bandi è probabile che saranno approvate, ma dopo un negoziato in cui potrebbero essere rivisti alcuni aspetti.
In breve, è troppo presto per saperne di più.
Il comune di Taranto, infatti, si è rifiutato di condividere con Slow News le schede progettuali, perché «tuttora in evoluzione» (a differenza di alcuni amministratori ed enti del Sulcis, da cui abbiamo raccolto le proposte per il Jtf qui).
Al di fuori del capoluogo, nel resto della provincia di Taranto, del Jtf si sa pochissimo.
Slow News ha contattato via Pec (quindi con garanzia di ricezione) gli altri 28 comuni della provincia di Taranto per avere notizie di progetti candidabili per il Jtf: ha risposto soltanto il sindaco di Ginosa Vito Parisi, che è al lavoro per proporre un impianto di trasformazione dei prodotti agricoli locali, che oggi vengono lavorati fuori dal comune.
Parisi è l’unico amministratore locale insieme al sindaco di Taranto ad essere nel comitato di sorveglianza del Jtf, l’organo che raccoglie alcuni stakeholders per monitorare l’uso del fondo. In virtù di questo ruolo, dichiara di aver provato a stimolare altri sindaci sull’uso del fondo, con scarsi risultati. «Lo dico anche come forma di autocritica istituzionale politica: bisogna creare maggiore consapevolezza perché ad oggi si corre il grosso rischio di non utilizzare quelle risorse» afferma Parisi a Slow News.
C’è più di un motivo per credere alle parole del primo cittadino di Ginosa: durante degli incontri sul Jtf organizzati dall’ex europarlamentare dei Verdi Rosa D’Amato nei comuni di Grottaglie, Massafra, Manduria, Crispiano e Castellaneta, diversi sindaci hanno ammesso di sapere poco o nulla dell’opportunità del fondo, incolpando la Regione Puglia e la Provincia di non coordinare e condividere il programma.
Se diversi sindaci hanno scoperto solo di recente l’opportunità del Jtf, molte associazioni locali che da tempo chiedono alle istituzioni trasparenza e coinvolgimento sull’uso delle risorse, ma si trovano davanti a un muro.
È il caso di Peacelink, che nell’ottobre 2023 aveva proposto al sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e alla Regione Puglia un tavolo pubblico di co-progettazione sul Jtf che coinvolgesse i cittadini, e in particolare le scuole e l’università. «Ho scritto un messaggio che invitava a un percorso non solo di coinvolgimento, ma anche di formazione. Non basta coinvolgere gli stakeholder, ma occorre che ci sia anche un momento seminariale nel quale interloquire con gli esperti che facciano da facilitatori» racconta a Slow News Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink.
La sua richiesta è caduta nel vuoto, così come altri tentativi di associazioni e sindacati di creare partecipazione sull’uso delle risorse.
«A livello tecnico, non siamo deputati noi a fare incontri istituzionali con il territorio» ribadisce a Slow News il dirigente dei fondi europei per il comune di Taranto Francesco Murianni. In effetti, il responsabile della comunicazione del programma è la Regione Puglia. Tuttavia, favorire la trasparenza e partecipazione dei cittadini sarebbe nell’interesse del comune per la buona riuscita del programma. Non a caso, la consultazione degli stakeholder locali è uno dei pilastri del regolamento Jtf, secondo la logica di progettazione dal basso attraverso il dialogo con il territorio.
Di fatto però, gli incontri organizzati da D’Amato prima e e durante i mesi di campagna elettorale per le europee sono stati l’unico momento recente di informazione pubblica sul Jtf (D’Amato si è candidata con Alleanza Verdi e Sinistra, ma non è stata eletta). E hanno mostrato che gli stakeholder non sanno nulla dei progetti che li riguardano, per esempio i mitilicoltori in merito al Sea Hub.
Insomma, dopo quasi due anni dall’approvazione del programma nazionale Jtf, nel dicembre 2022, oggi è nota solo qualche idea progettuale, ancora abbastanza vaga, ma dei bandi per accedere al fondo non c’è ancora l’ombra.
Per tanti cittadini, è difficile credere nella “giusta transizione”.
Soprattutto tra chi lavora nell’acciaieria, la disillusione è forte.
«[Col JTF] si potrebbe fare davvero tanto, il problema secondo me è che non abbiamo una vera identità politica», dichiara Daniele Donvito, ex operaio Ilva e oggi dipendente di una società di pulizie industriali dell’indotto di Acciaierie d’Italia. «Taranto non è soltanto llva. Però bisogna crederci, in questo momento la sfiducia dei tarantini è veramente tanta», aggiunge.
Enzo Mercurio, operaio Adi e delegato del sindacato Usb, è dello stesso avviso: «Questi fondi, così come quelli del Pnrr servono per uno sviluppo alternativo, questo sarebbe il momento buono. Purtroppo non vedo un futuro roseo su queste cose. Io non ho fiducia nella buona riuscita di quei progetti», racconta a Slow News.
Mentre sente leggere le azioni del Jtf (idrogeno verde, rinnovabili, formazione dei lavoratori, ecc.), Mercurio ride. «Ci perdiamo in queste chiacchiere, poi alla scadenza li perdi [i fondi]. Le burocrazie tarantine portano gli imprenditori a scappare», dice riferendosi al caso Ferretti.
In marzo, proprio pochi giorni prima dell’intervista, il gruppo industriale Ferretti ha ritirato un investimento da 200 milioni di euro a Taranto per un progetto di bonifica e reindustrializzazione del sito portuale ex Yard Belleli, che avrebbe dovuto ospitare un nuovo polo per la costruzione di yacht di lusso. Il motivo, riporta l’Ansa, sarebbe che i «ritardi accumulati nel lungo iter approvativo e attuativo hanno costretto il Gruppo a rinunciare al progetto».
A Taranto, quindi, diversificare è molto complicato.
E anche il JTF rischia di non avere maggior fortuna.
In copertina: Murales di Piazza Ebalia, Taranto. Foto di Matteo Barsantini
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Schiacciata tra la crisi dell’ex Ilva e la transizione energetica, Taranto ha bisogno di un piano B alla monocultura dell’acciaio. I 796 milioni di euro del Just Transition Fund possono aiutare la riconversione del territorio
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