Ep. 01

Case vecchie, abitanti nuovi

Il Comune di Biccari ha investito negli spazi pubblici grazie ai fondi di coesione UE. Quindi, ha annunciato la vendita delle abitazioni vuote a un euro.

Come è andata?

Una veduta di Biccari - Foto di Andrea Granatiero
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Biccari è in movimento

Biccari è un paese della Puglia dove, più che in altri luoghi, gli effetti della politica di coesione UE si vedono. Siamo andati a scoprirli con Sarah Gainsforth, tra case in vendita a un euro e boschi multifunzionali

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«Le case a un euro? Non ne abbiamo vendute a quella cifra, era più che altro una trovata pubblicitaria…».
Ride, il sindaco di Biccari Gianfilippo Mignogna, mentre racconta una delle strategie di rivitalizzazione del suo paese, un piccolo comune di 2.700 abitanti circa sui Monti Dauni, in Puglia.

 

Una volta superata la piana del Tavoliere, si arriva su queste montagne per una strada che taglia colline verdissime, coltivate a grano e punteggiate da ulivi e pale eoliche. Dietro un filare di cipressi, spunta il cimitero di Biccari. Sul lato opposto della provinciale, un’azienda che produce farine, cereali e olio. Accanto, gli edifici di una fabbrica ormai chiusa, che aveva dato lavoro a 120 persone. 

 

L’area interna dei Monti Dauni, al confine con Campania e Molise, è legata soprattutto all’agricoltura tradizionale, fatica a elaborare nuove strategie di sviluppo e ha una popolazione sempre più anziana, che si è ridotta del 35 per cento dagli anni Settanta a oggi. 

 

A Biccari, invece, da qualche anno, gli abitanti sono aumentati. 

Case a un euro? Non ne abbiamo vendute a quella cifra, era più che altro una trovata pubblicitaria…

Dopo il cimitero, sono le case più nuove a segnare l’inizio del paese. Da qui la strada si avvita e sale su nel centro storico. Percorrendola, si osservano molte abitazioni abbandonate.

 

«I proprietari sono sparsi in giro per il mondo, hanno ereditato la casa dai nonni ma non hanno una connessione emotiva con il paese. Faticano a gestire queste case che sono diventate un peso e generano degrado», spiega Mignogna, eletto sindaco nel 2009 con una lista civica.

Le case a 1 euro

Nel gennaio 2021, il Comune ha lanciato l’iniziativa “Immobili che muovono”: ha censito le case sfitte, rintracciato i proprietari e proposto loro di aderire al piano di vendita, a partire da un euro. Complice una certa attenzione per la vita fuori dalle città causata dalla pandemia, la notizia è circolata molto, venendo rilanciata persino dalla Cnn.

 

In una settimana sono arrivate circa ventimila mail di persone che, da mezzo mondo, si dicevano interessate alle abitazioni in vendita. 

 

«Abbiamo selezionato le richieste più motivate: alcuni ci mandavano le foto della famiglia, raccontavano cosa avrebbero voluto fare in Italia, magari avevano avuto dei parenti qui o erano venuti in viaggio», ricorda il sindaco. Le principali preoccupazioni dei potenziali acquirenti riguardavano la burocrazia e l’abitabilità immediata delle case. «Rispondevamo che quelle a un euro andavano ristrutturate completamente, ma che ce n’erano altre messe meglio, a dieci, venti, trentamila euro. E quasi tutti hanno scelto quelle», prosegue Mignogna.

Il sindaco di Biccari Gianfilippo Mignogna - Foto di Andrea Granatiero
Il sindaco di Biccari Gianfilippo Mignogna - Foto di Andrea Granatiero

Biccari non è il primo comune a giocarsi la carta delle case a un euro.

Altri centri interni o montani avevano già provato questo metodo per rigenerare il patrimonio edilizio privato o per ripopolare paesi svuotati. Con alterne fortune. E parecchie critiche. 

 

Gli studiosi Domenico Cersosimo e Vito Teti, per esempio, hanno scritto che «vendere una casa “a un euro” sembra uno slogan rivolto più alla vita degli immobili che a quella delle persone, più ad attivare micro-circuiti edilizi che a riabitare, più a vagheggiare fughe-singhiozzo da città invivibili che a costruire nuovi legami comunitari». A loro parere, si tratta di un’idea «devastante» perché « isola la casa dal resto, dal contesto, dal campanile, dalla piazza, dal cimitero, dalla chiesa, dalla farmacia, dall’orto».

 

Mignogna conosce queste obiezioni, ma difende il suo programma. 

Sia perché si è confrontato con i sindaci che l’avevano preceduto per capire dove migliorare sia perché, di fatto, nessuna casa è stata svenduta davvero a Biccari. Complessivamente, infatti, ad oggi circa 40 abitazioni sono state acquistate o sono in procinto di esserlo, a prezzi che vanno dai 5mila ai 60mila euro, spese di ristrutturazione escluse. Gli acquirenti sono per metà italiani e per metà stranieri, provenienti da Germania, Perù, Romania, Messico, Russia, Argentina e Usa. 

 

«Abbiamo scelto di essere elastici, mettendo in vendita case anche a prezzi più alti, ma senza l’obbligo di residenza», spiega il sindaco, che aggiunge: «ovviamente abbiamo rifiutato proposte di società immobiliari e di persone che volevano comprare direttamente dieci case, perché il nostro è un progetto anche di rigenerazione comunitaria».

Una vecchia casa abbandonata nel centro di Biccari - Foto di Andrea Granatiero
Case vecchie e in ristrutturazione nel centro di Biccari - Foto di Andrea Granatiero
Una casa in ristrutturazione nel centro di Biccari - Foto di Andrea Granatiero
Case vecchie e in ristrutturazione nel centro di Biccari - Foto di Andrea Granatiero

Il punto è proprio questo. L’iniziativa “Immobili che muovono” è un tassello di un quadro più ampio e complesso: una rete di persone e organizzazioni che si sono attivate per creare progetti che, a loro volta, si intrecciano e rafforzano a vicenda. Le case in vendita non sono sospese nel vuoto. Ed è questo che sta attirando nuovi abitanti a Biccari. «Prima di fare il compromesso dal notaio gli acquirenti sono stati qua, hanno conosciuto la gente del posto, sono entrati nella dinamica locale, gli è piaciuta, e si sono convinti», spiega Mignogna.

 

La rigenerazione di Biccari, quindi, non è partita dalle case a un euro.

Al contrario, è arrivata ad occuparsi degli edifici privati perché, paradossalmente, le abitazioni abbandonate erano rimaste i principali spazi da rigenerare. 

La rigenerazione di comunità

A Biccari le strade, le piazze, i giardini, la segnaletica, tutto sembra come nuovo. 

L’amministrazione ha investito molto e, in larga parte, grazie ai fondi della politica di coesione Ue

 

In paese, si contano due parchi-giochi, un campo da calcio, una biblioteca, una ludoteca diventata anche asilo nido, uno spazio sociale pubblico, un parco avventura, una zona per l’arrampicata, uno spazio espositivo e un museo della civiltà contadina, questi ultimi all’interno della torre saracena che svetta sulle case basse dell’abitato.  

 

È un processo di cambiamento visibile, cui hanno contributo anche i fondi dell’Unione Europea pensati per combattere le disuguaglianze, territoriali, economiche e sociali. Il territorio di Biccari, secondo i dati di Opencoesione, dal 2007 ad oggi, ha beneficiato di oltre 18 milioni di euro di fondi di coesione (in maggioranza europei, ma anche nazionali). A primeggiare è proprio il Comune stesso, che nello stesso periodo si è aggiudicato progetti per poco più di 15 milioni di euro.

Per fare un paragone, nel 2022, le uscite del bilancio comunale di Biccari sono state intorno ai sei milioni di euro.  

La biblioteca di Biccari - Foto di Andrea Granatiero
La biblioteca di Biccari - Foto di Andrea Granatiero
La zona è piena di paesi con castelli bellissimi, centri storici tenuti bene anche perché poco usati, ma tutto questo non è sufficiente per attirare nuovi abitanti.

Senza la politica di coesione Ue, quindi, molti interventi non si sarebbero potuti fare, come il restauro dell’edificio della biblioteca, sulla cui facciata ora c’è un grande murale con le copertine dei libri scelti dagli abitanti. O come il recupero dell’edilizia residenziale pubblica, la manutenzione della scuola e delle strade, il contrasto del dissesto idrogeologico e la promozione del turismo. 

 

Secondo Mignogna l’ospitalità può essere un pilastro della rigenerazione del paese, in una zona che attrae pochi visitatori nonostante la bellezza paesaggistica. Il territorio dei Monti Dauni conta cinque siti di importanza comunitaria per la conservazione della biodiversità (SIC), boschi, un lago, e la vetta più alta della Puglia, oltre che sette comuni (tra cui la stessa Biccari) insigniti della Bandiera Arancione, un importante riconoscimento di qualità turistico-ambientale dato dal Touring Club. 

 

«La zona è piena di paesi con castelli bellissimi, centri storici tenuti bene anche perché poco usati, ma tutto questo non è sufficiente per attirare nuovi abitanti. Fermare la continua perdita di forza produttiva e di energia creativa richiede un’idea forte», riflette Mignogna. «Biccari – prosegue – non è il paese con più risorse storiche e culturali e non abbiamo neanche una zona industriale o produttiva particolarmente sviluppata». La differenza con altri paesi della zona, secondo il sindaco, la fanno le persone: «la fa il contesto abilitante che abbiamo creato con il coinvolgimento di tanti abitanti nei progetti per il paese».

La cooperativa-laboratorio

Proprio per mettere a sistema questo coinvolgimento degli abitanti, nel 2017 è nata la Cooperativa di comunità di Biccari. L’idea scaturisce dal confronto con “I briganti di Cerreto”, una delle prime realtà di questo tipo in Italia sviluppatasi sull’Appennino tosco-emiliano.

 

«Siamo andati a trovare i Briganti e, al ritorno, dopo aver lavorato per oltre un anno sulla comunicazione dell’iniziativa in paese, ci siamo costituiti. Abbiamo raccolto subito 200 adesioni di soci tra i 18 e i 90 anni», racconta la presidente Magda La Trofa. Oggi il nucleo più attivo dell’organizzazione è composto da una decina di giovani. «Il nostro è volontariato. Abbiamo tutti un lavoro: io sono archeologa, Angelo è geometra, Antonio è un ingegnere…», prosegue. 

 

Le cooperative di comunità sono una forma di impresa sociale al servizio del territorio, e non viceversa. «È un laboratorio. Dove non arriva il Comune per via della burocrazia, c’è la cooperativa. Perseguiamo obiettivi pubblici attraverso accordi di partenariato», spiega il sindaco. Cooperative come quella di Biccari rispondono ai bisogni – ma anche ai sogni – di chi abita un determinato luogo, gestendo risorse e servizi spesso in accordo con le istituzioni, ma con una maggiore libertà di azione.

Un parco giochi a Biccari - Foto di Andrea Granatiero
Un parco giochi a Biccari - Foto di Andrea Granatiero

Sono diverse le iniziative di cui la cooperativa di comunità si è occupata a Biccari, ma la più celebre è sicuramente la bubble room, una piccola casa pop-up per dormire sotto le stelle nell’area del bosco. «Sembrava una follia, invece la bubble room, che costa 120 euro a notte, è sold-out da Pasqua a ottobre. La notte di San Lorenzo va all’asta, a chi offre di più», racconta Mignogna. Gli introiti finanziano l’asilo nido, un nuovo servizio che, riprende La Trofa, «è un’evoluzione della ludoteca ed è stato fortemente voluto dagli abitanti». L’attività è gestita sempre dalla cooperativa, accoglie 15 bambini da zero a tre anni e impiega due educatrici del paese con contratti a tempo indeterminato. 

 

La cooperativa, inoltre, è stata coinvolta anche nel censimento delle abitazioni private abbandonate o semplicemente sfitte. Alcune, come abbiamo visto, sono state vendute. Altre, in buone condizioni e già arredate, sono state messe in affitto, in maniera stabile o temporanea, spesso coinvolgendo le tante associazioni della società civile attive in paese. 

I nuovi abitanti

Una di queste associazioni è Argentina per il mondo, che sostiene le persone straniere di origine italiana che vengono nel nostro paese per chiedere la cittadinanza e che, per via dei tempi tecnici richiesti dalla burocrazia, devono fermarsi alcuni mesi qui. A Biccari, l’associazione dispone di una decina di case in affitto e dalla fine del 2019 vi ha ospitato una cinquantina di famiglie. Quattro hanno deciso di fermarsi. 

 

Una di queste è una coppia con due figli maggiorenni. Il maschio sogna di fare il calciatore. «Però qui farà anche l’università», afferma il padre, seguendo con lo sguardo il giovane che gioca con la maglia del Biccari. «Avevamo deciso che i ragazzi, che sono grandi, sarebbero rimasti in Italia mentre io e mia moglie saremmo rientrati in Argentina. Una volta a Biccari, abbiamo cambiato idea: qui si sta bene», conclude. 

 

Altre sei case in affitto sono state inserite nel Sai, il sistema nazionale di accoglienza e integrazione per le persone richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. «All’inizio non è stato facile, c’è sempre un po’ di stigma legato all’accoglienza di stranieri. Ma una volta partiti la voce si è sparsa e abbiamo conquistato la fiducia del paese», spiega Cristina Virgilio, la responsabile del progetto per la cooperativa Il Melograno. A suo parere, il movimento di persone, anche turistico, che si è creato a Biccari ha aiutato il Sai a trovare le case, perché chi ha deciso di vendere la propria abitazione, nell’attesa di trovare un acquirente, è stato invogliato ad affittare.

La sede dell’assocazione Argentina per il mondo, a Biccari - Foto di Andrea Granatiero
La sede dell’assocazione Argentina per il mondo, a Biccari - Foto di Andrea Granatiero

Gli spazi di ospitalità sono attivi dal dicembre 2022 e hanno una capienza di 20 posti. «Al momento abbiamo due famiglie di nazionalità ucraina, una famiglia indiana composta da una mamma e una bimba, una famiglia nigeriana, composta da una mamma con tre bimbi, e una famiglia tunisina», racconta Virgilio. La durata dell’accoglienza è variabile: le persone ospiti vengono aiutate con casa, lavoro, scuola per i minori. Alcune famiglie accolte vorrebbero restare a Biccari e con l’aiuto del Sai, che paga per i tirocini di lavoro e i primi mesi di affitto, una prima famiglia ci è riuscita.

 

Intanto, grazie a queste iniziative, la scuola del paese si è arricchita di nuove presenze. Alle elementari, visto l’arrivo dei bambini argentini, è stato attivato un corso di spagnolo. «Anche la Pro loco è molto attiva nell’organizzare iniziative per i bambini. Si sta attivando una laboratori per bimbi con disabilità, si sta rimettendo a posto la palestra, stanno per partire un corso di yoga e uno di musica», racconta La Trofa, della Cooperativa di comunità di Biccari. «Si genera un circolo virtuoso: gli abitanti innescano nuovi desideri, nuove necessità, e quindi nuovi servizi», aggiunge. 

Tutto in movimento

I nuovi abitanti di Biccari, quindi, sono molto diversi tra loro.

«È tutto in movimento», sintetizza Mignogna.

 

Alcune delle persone che hanno comprato casa a Biccari sono portatrici di una domanda di vita diversa da quella che offrono le città, a suo parere. «Oltre a quelli che vogliono godersi la pensione, molti sono attratti dalla possibilità di fare smart-working, di avere uno spazio e un periodo di decompressione dalla città. Stanno due o tre settimane, si rilassano, fanno passeggiate, stanno in piazza, socializzano», racconta il sindaco. 

 

La gestione delle case, insomma, è un elemento del processo con cui Biccari sta cercando di rilanciarsi. Non è certo l’unico (altri li racconteremo nelle prossime puntate di questa serie), ma ha una sua importanza. É importante, infatti, che alcune abitazioni siano state vendute, ristrutturate e ora siano abitate, stabilmente o temporaneamente. Ma è altrettanto importante che altre abitazioni siano rimaste disponibili per l’affitto, a privati o associazioni. 

 

Per quanto i prezzi siano bassi, infatti, l’acquisto di una casa non è un’opzione alla portata di tutti i nuovi abitanti di Biccari, siano essi più o meno stabili. Per questo, secondo Mignogna, c’è bisogno di una quota di abitazioni sempre libere in affitto: «perché – conclude il sindaco – ogni casa è un’occasione». 

Foto in apertura: Una veduta di Biccari – Foto di Andrea Granatiero

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