Fermiamo la strage dei bambini
Un articolo del 1972 uscito in Olanda che parla di qualcosa che a distanza di più di 50 anni, qui in Italia, è ancora la normalità.
Dimostrando molto plasticamente come il problema del traffico non sia la conseguenza di una politica della mobilità, ma della natura stessa delle automobili
Per domenica 16 novembre era stata annunciata una manifestazione a Roma, organizzata da Fratelli d’Italia, per protestare contro le politiche relative alla mobilità del Comune. In particolare, la rabbia dei Fratelli d’Italia si è scagliata contro la scelta di costruire delle piste ciclabili.
La consigliera all’Assemblea Capitolina di Roma Capitale Francesca Barbato, che ha organizzato la manifestazione, nel video su Instagram che ha promosso l’iniziativa ha detto: «Tutte queste ciclabili proliferano, tolgono parcheggi, riducono le carreggiate e creano molto più inquinamento». Il post su Instagram, inoltre, nella sua parte testuale, si chiudeva poi con un «Roma ha bisogno di buonsenso, non di ideologia!».
Se parliamo oggi di questa cosa non è per la falsità delle accuse verso le ciclabili portate avanti dai promotori di questa iniziativa, che si commentano da sole, e nemmeno per la grottesca opinione che le politiche sulla riduzione dell’uso delle automobili in città sia “ideologica”, di cui abbiamo parlato in un articolo intitolato La lentezza non è una ideologia.
Se oggi parliamo di questa protesta è perché è stata impedita da sé stessa.
Che cosa è successo? Semplice, al ritrovo in piazza Nervi si sono presentate 300 persone, ognuna con la propria auto. Un numero evidentemente inutile se si considerano le dimensioni di una normale manifestazione a piedi — per la Palestina, a Roma, ce ne sono state circa 1 milione, e tendenzialmente sotto le 2-3mila persone, in una città come Roma, qualsiasi manifestazione è un fallimento — ma è un numero che diventa completamente insostenibile se si parla di automobili.
Il deputato di Fratelli d’Italia Marco Perissa ha spiegato perfettamente il perché il corteo non si è potuto svolgere: «Mettere in corteo 300 macchine significherebbe paralizzare l’intera città, non era questo l’obiettivo», ha detto, probabilmente senza rendersi conto che stava dicendo quello che dicono tutti i promotori di una mobilità alternativa: andare in macchina a Roma significa paralizzare l’intera città, e da oggi possiamo citare Perissa e dire che bastano 300 persone per bloccare tutto.
Dentro le parole di Perissa c’è tutto il grottesco della storia: Il tema dell’occupazione dello spazio è uno dei più importanti cavalli di battaglia di chi vorrebbe meno macchine e una mobilità più sicura nelle città, tanto che esiste da anni una lunga serie di meme e di rappresentazioni grafiche per spiegare che il traffico esiste solo perché ci sono troppe auto, non certo perché ci sono le ciclabili.
Da una parte, questa storia fa ridere, probabilmente per quella comicità involontaria da slapstick comedy; dall’altra fa pena e tristezza, perché pone l’Italia come paese arretrato a dei livelli medievali sulla questione della sicurezza stradale, della mobilità alternativa e inclusiva e del diritto alla mobilitò per tutte le persone, indistintamente dalla loro condizione sociale e dalle loro abilità.
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Foto di Samuel Girven su Unsplash
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Un articolo del 1972 uscito in Olanda che parla di qualcosa che a distanza di più di 50 anni, qui in Italia, è ancora la normalità.
Il caso della cittadina sarda, la prima Città 30 in Italia, dimostra che le politiche di mobilità sostenibile non sono crociate della sinistra, ma scelte per il bene dei cittadini.
Le conseguenze e i paradossi dell’ideologia automobilista sono note da tempo. Nel 1973 André Gorz le raccontava così.
Malgrado la crisi climatica, energetica ed economica ci inducano a trovare modelli alternativi, in Italia l’auto resta una religione
La mobilità è il diritto a vivere e a spostarsi per tutte e per tutti, non solo per chi viaggia su una automobile. Questo articolo del 1972 è una chiamata all’azione, per tutte e per tutti
Il caso di Bari, che grazie alle risorse del PON sulla mobilità, sta provando a cambiare la mobilità della cittadinanza per togliere le auto dalla città
L’Italia è un paese completamente dipendente dalle automobili, che continua a investire su strade e autostrade, lasciando le briciole a interventi che puntano veramente a cambiare il sistema