La mobilità insostenibile
L’Italia è un paese completamente dipendente dalle automobili, che continua a investire su strade e autostrade, lasciando le briciole a interventi che puntano veramente a cambiare il sistema
Il caso della cittadina sarda, la prima Città 30 in Italia, dimostra che le politiche di mobilità sostenibile non sono crociate della sinistra, ma scelte per il bene dei cittadini.
Un sistema di trasporti sostenibile e giusto è possibile, ed è la base per ricostruire una società libera, accessibile e inclusiva per tuttə, basta volerlo politicamente.
Il sindaco di Olbia, Settimo Nizzi, quando gli si chiede da dove parte il percorso che ha portato la sua città a diventare la prima Città 30 d’Italia, comincia raccontando di quando, nell’estate del 2016, la sua amministrazione decise di smantellare circa 2 km di piste ciclabili nelle zone di Bandinu e di San Nicola. Fu uno dei primi atti successivi all’insediamento della sua giunta e scatenò parecchie polemiche: «I nostri predecessori avevano iniziato a fare una sottospecie di pista ciclabile in un posto drammatico, realizzata in maniera oscena», racconta Nizzi, «e io, come prima cosa che ho fatto, l’ho dismessa».
Mentre parla di questa storia, Nizzi in realtà sorride. Ed effettivamente può permetterselo visto che a distanza di sette anni la sua città è diventata un punto di riferimento per la mobilità sostenibile, in Italia e non solo.
Olbia, infatti, dal giugno del 2021 è la prima ad aver imposto il limite dei 30 chilometri orari sul proprio territorio. Una decisione storica per il nostro paese, che va in direzione di molte esperienze europee e che ora anche altri comuni italiani stanno cercando faticosamente di imitare.
Ma non solo:sempre nel 2021, il Comune ha approvato due strumenti fondamentali per impostare il futuro della mobilità sostenibile in città, il Biciplan e il Pediplan, strumenti che contengono le indicazioni per realizzare «nuove politiche, strutture, percorsi e luoghi per chi si muove in bicicletta o a piedi nel Comune».
Come è possibile che una storia che inizia da una pista ciclabile smantellata finsca con una città che si pone da apripista, dimostrandosi all’avanguardia sulle politiche della mobilità sostenibile? C’entra una cosa che potremmo chiamare inception, ispirandoci alle gesta della squadra di Leonardo DiCaprio nel film omonimo di Christopher Nolan, ovvero l’introduzione di una idea nella testa. In questo caso non di un ricco ereditiero, ma dell’amministrazione locale di una città di 60mila abitanti nel nord-est della Sardegna.
È una storia istruttiva che mostra ancora una volta come, quando si parla di mobilità sostenibile, sia possibile cambiare tantissimo le cose anche con spese tutto sommato contenute.
«A un certo punto», contiuna a raccontare Nizzi, « ci è capitata la possibilità di partecipare a un programma di sviluppo della ciclabilità finanziato dall’Europa dove erano presenti tantissime altre realtà europee». Siamo nel dicembre del 2016. È l’ultima seduta dell’anno per il consiglio comunale ed è una tappa importante per questa storia: quel giorno, con la delibera numero 503, la giunta prende atto dell’iscrizione del comune alla lista dei 66 progetti selezionati per essere finanziati dall’Unione Europea.
Il progetto si chiama CycleWalk e fa parte di INTERREG, ovvero di uno degli strumenti finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), nell’ambito della politica di coesione UE. Nello specifico, INTERREG promuove la Cooperazione trsansfrontarliera e,nel settennato 2014-20, gli sono stati destinati 9,4 miliardi di euro, sui 199 complessivi delFESR.
In particolare, il progetto Cyclewalk fa parte di INTERREG EUROPE, uno dei 4 fondi della sezione Interregional del fondo a cui vanno in tutto 359 milioni di euro, ed è uno dei 66 selezionati nella seconda tornata di finanziamenti del settennato 2014-20. Per il progetto specifico sono stati stanziati 1.591.327 euro di fondi FESR, spalmati su sette partner di sei nazioni differenti: in Romania, Slovenia, Olanda, Lituania, Austria e Italia. Al Comune di Olbia spettano 204mila euro in cinque anni, per lo più di spese logistiche e di viaggi.
Rispetto ad altri progetti finanziati dai FESR, e anche da INTERREG, CycleWalk è un progetto piccolo, ma è molto ambizioso e, come vedremo, ha un potenziale immenso.
La potenza è che parte da un paradosso: non investe in infrastrutture, o almeno non in infrastrutture tangibili e fisiche. Per cambiare il futuro delle comunità, prova a cambiare la testa di chi le gestisce. L’obiettivo di Cyclewalk è infatti diffondere la volontà, l’ispirazione e le buone pratiche per favorire realmente la transizione a modelli di mobilità sostenibili, in bicicletta e a piedi, migliorando l’accessibilità e la sicurezza delle strade per tutti gli utenti.
Per farlo, finanzia dei cicli di programmi di lavoro che portano le amministrazioni di città europee, esattamente come Olbia, a incontrare esperti, visitare realtà in cu la mobilità sostenibile funziona, andare a vedere coi propri occhi la situazione nelle altre città che partecipano, per conoscere insieme gli esempi virtuosi e le buone pratiche e, magari, replicarle a loro volta nei territori e nelle comunità di partenza.
Il 5 aprile del 2019, sull’aereo che portava la piccola comitiva sarda verso la prima destinazione del viaggio del progetto CycleWalk, insieme al sindaco c’era anche Roberta Calcina, esperta in politiche di sviluppo e coesione nell’ambito del trasporto e della mobilità urbana e, nell’ambito di questa storia, membro del consiglio direttivo dell’associazonehub.MAT, “laboratorio per la mobilità, l’ambiente e il territorio che si occupa di fare advocacy per un diverso utilizzo degli spazi e la promozione della pedonalità e ciclabilità attraverso progetti e iniziative locali”.
Calcina racconta di aver provato in quel momento un filo di stupore nel vedere sull’aereo il sindaco Nizzi. E conferma che quello a cui assistette nei giorni successivi fu effettivamente un cambio di visione. Da quella “vacanza” ad Amsterdam, infatti, il sindaco Nizzi tornò con una certezza in più: «La vita dei nostri concittadini e delle nostre città va programmata: non si fa tutto in fretta, ci vuole tempo, i risultati dipendono soprattutto dal tempo e dal modo in cui lavoriamo in favore delle nostre comunità».
Dopo quel viaggio, nell’aprile del 2017, il programma continua e porta l’amministrazione di Olbia a confrontarsi con altri partner europei: dalla municipalità di Oradea, in Romania, ai municipi di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba, tra l’Italia e la Slovenia, alla provincia austriaca del Burgenland, in stretto contatto con l’Ungheria, fino alla città di Vilnius, in Lituania.
È un’esperienza importante che rende palese che un modello diverso e non concentrato sulle auto può esistere: «mi sono accorto», conferma ancora una volta Nizzi, «che poteva essere molto bella la nostra cittànon più con l’utilizzo soltanto delle auto, ma cercando di sviluppare la ciclabilità e la pedonalità, una mobilità sostenibile alternativa per dare anche un ritorno in termini di salute ai nostri concittadini».
Il progetto Cyclewalk è stato pensato per articolarsi in due fasi. La prima, di durata triennale, tra 2017 e 2019, è stata dedicata “all’apprendimento di buone pratiche presso i partner internazionali; alla definizione, in forma congiunta, dei criteri di qualità e delle migliori pratiche e all’elaborazione, da parte di ciascun partner, di un piano d’azione contenente le iniziative da attuare per raggiungere gli obiettivi dichiarati“.
Nel caso di Olbia, l’obiettivo dichiarato dalla giunta era l’adeguamento del Piano Urbano della Mobilità, un dossier di più di 400 pagine pubblicato a luglio del 2014 dall’amministrazione precedente a quella di Nizzi, ma solo con indicazioni di massima. La giunta in carica, invece, voleva specificare il piano, seguendo gli esempi e le buone pratiche che si porta dietro dall’esperienza CycleWalk.
La seconda fase del progetto si è tenuta tra il 2020 e il 31 dicembre del 2021 e prevedeva che ciascun partner dovesse implementare le iniziative definite nel proprio piano d’azione. Il coronamento di questa tappa, per Olbia, è stata la redazione di Biciplan e Pediplan, con un investimento del comune di poco più di 100mila euro.
Di Biciplan, ovvero dei piani di ciclabiità urbana integrati al sistema dei trasporti, ormai si sente parlare spesso grazie all’introduzione dei cosiddetti PUMS, i Piani Urbani di Mobilità Sostenibile, che ne richiedono l’elaborazone. Di Pediplan, invece, non si può dire altrettanto. «Siamo stati i primi in Italia a discutere e a realizzare un Pediplan», conferma Nizzi, un piano che è confluito nel Biciplan e che rappresenta il primo esito del progetto CycleWalk».
Il nuovo piano per la mobilità ciclabile e pedonale sviluppato dal Biciplan è stato strutturato in 4 criteri (“assi”) di riferimento che puntano a 4 obiettivi chiave:
Per ogni asse, ovviamente, sono stati individuati obiettivi, strategie e azioni da mettere in pratica, tutte approvate dalla giunta nella seduta del 29 novembre del 2021.
Tra le altre cose, il piano prevede la realizzazione di una rete di percorsi primari protetti verso le principali aree di interesse e lungo le zone più densamente popolate; la costruzione di ciclostazioni e zone di parcheggio con telecamere di sicurezza; la connessione dei percorsi ciclabili e pedonali con i principali nodi intermodali, come le stazioni e le maggiori fermate degli autobus; la messa a bando un servizio di bike sharing in cosidetto free floating, ovvero senza stazioni di parcheggio e molte altre misure.
«È soltanto una prima fase di un cambiamento della mobilità cittadina», dice il Sindaco, che nei prossimi tempi avrà molto fa fare visto che il comune ha ottenuto il sostegno a quindici progetti da parte del PNRR. È un’occasione grossa, commenta il sindaco: «abbiamo un bel po’ di risorse da spendere e stiamo lavorando in maniera molto importante per continuare su questa strada. Un esempio? Abbiamo partecipato ad un piano, il PINquA, un progetto per la riqualificazione urbana del ministero degli interni e del MEF che finanzierà con 12 milioni di euro un progetto di riqualificazione urbana di due quartieri della città. Vogliamo svuotarli dalle auto in sosta libera, garantendo spazio alle ciclabili». La strada intrapresa cinque anni fa ad Amsterdam sembra contiuare ancora oggi.
Quando nel dicembre del 2021 il progetto CycleWalk Mode si è chiuso, ancora una volta, il sindaco è volato ad Amsterdam.
Erano passati più di 4 anni dal suo primo viaggio, e al di là della striscia positiva di effetti a catena che questa esperienza sembra aver portato a Olbia, si aveva l’impressione che qualcosa fosse cambiato nella testa dei protagonisti di questa storia.
Una delle dichiarazioni di Settimo Nizzi durante quell’ultimo incontro nella capitale olandese era allo stesso tempo sincera e potente: «Abbiamo potuto apprendere sul campo e per esperienza diretta che girare in bicicletta è sempre possibile, anche con la pioggia o con la neve. Abbiamo pedalato per circa due ore mentre pioveva e poi nevicava, semplicemente attrezzati con guanti, giacca e pantaloni cerati. Quando siamo arrivati nella sala dove abbiamo svolto la riunione, ci siamo tolti la cerata e i nostri indumenti erano perfettamente asciutti, così da poter proseguire la nostra giornata di lavoro».
Mentre la storia del comune di Olbia continua cercando di importare i migliori esempi europei, alcune delle sue scelte, come abbiamo detto, fanno scuola in tutta Italia. È il caso dell’istituzione del limite a 30 chilometri orari su tutto il territorio del comune, una cosa che per qualcuno in Italia è ancora una «follia», una «ossessione di sinistra»o una «crociata degli ambientalisti contro le auto», ma che, come abbiamo visto, quando accade, non ha nulla a che vedere con l’ideologia.
Quando, durante la seduta di martedì 10 gennaio 2023, il consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno che invitava il sindaco Beppe Sala e la giunta a proclamare Milano Città 30 a partire dal 1° gennaio 2024, la reazione contraria è stata violentissima e a tutti i livelli: dal Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che in quell’occasione dichiarò ironicamente sui propri profili social che a Milano c’è anche qualcuno che vorrebbe lavorare, fino a giornali di estrema destra.
Eppure la proposta di Milano era la stessa che aveva preso la città di Olbia più di un anno e mezzo prima e all’epoca non ci fu un clamore mediatico e un attacco così violento e politico sulla notizia. E il percorso che ha portato Olbia ad essere la prima Città 30 d’Italia è stato intrapreso da un sindaco e da una giunta di destra.
L’orientamento politico dei decisori non c’entra nulla con queste misure di mobilità sostenibile . C’entra l’apertura o la chiusura mentale di chi deve prendere le decisioni, ma non solo. C’entra la distanza vera che separa i decisori dai territori e dai bisogni reali dei cittadini. E un progetto di condivisione dei saperi e delle esperienze da 200mila euro in cinque anni può cambiare potenzialmente la prospettiva di tutta una città e dei suoi investimenti futuri, sempre molto più ingenti, come quelli che arriveranno dal PNRR.
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Il caso di Bari, che grazie alle risorse del PON sulla mobilità, sta provando a cambiare la mobilità della cittadinanza per togliere le auto dalla città
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