Ep. 03

Curarsi sulle Madonie

L’ospedale di Petralia Sottana, in Sicilia, è il simbolo di quanto sia difficile garantire il diritto alla salute nelle zone più interne e anziane dell’Italia. Tra medici che vanno in pensione e fondi Ue che arrivano sul territorio, un viaggio tra le tortuose strade madonite alla scoperta della sanità locale.

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Madonie sospese

Sui monti delle Madonie, nell’entroterra di Palermo, la Strategia nazionale aree interne ha portato tanti fondi di coesione Ue. Riusciranno a cambiare un territorio fragile e disincantato? Ilaria Sesana è andata a scoprirlo

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All’ospedale “Madonna dell’Alto” di Petralia Sottana non si nasce più dal 2016. In quell’anno è stato chiuso il punto nascita e, da allora, manca anche un presidio attivo 24 ore su 24 per la pediatria: il reparto infatti è stato chiuso nel 2021, quando l’ultimo medico specializzato ancora in attività è andato in pensione.

 

«Prima che chiudessero il punto nascita, avevamo 170-180 parti all’anno»,, ricorda Salvatore Tedesco, consigliere comunale a Petralia Sottana. «Nel 2019 – prosegue – sono stati tagliati i posti letto in ginecologia, che garantivano anche il servizio di interruzione volontaria di gravidanza: se ne praticavano 300-400 all’anno». Una decisione che ha causato disagi in un’area molto più ampia rispetto a quella del territorio madonita: in una Regione dove la quota di personale medico fa obiezione di coscienza è particolarmente elevato (l’85 per cento dei ginecologi e il 69 per cento degli anestesisti), al presidio di Petralia Sottana si rivolgevano, infatti, donne da tutta la provincia di Palermo e anche da quelle di Trapani, Agrigento e Caltanissetta.

 

Per gli amministratori locali e per gli abitanti di Petralia Sottana e degli altri Comuni delle Madonie quello dell’accesso alla salute è un problema cruciale. 

 

Sapere che a poca distanza da casa c’è un ospedale ben attrezzato è fondamentale per restare a vivere in un territorio o per scegliere di andarci a vivere. Un fattore importante per tutti, ma particolarmente sensibile per le fasce di popolazione più fragili: anziani e famiglie con bambini piccoli. 

Settanta chilometri per l’ospedale

«Le mie figlie hanno ventitré e venticinque anni», dice Luigi Iuppa, sindaco di Geraci Siculo. «Quando erano piccole – continua -, io e mia moglie abbiamo potuto fare affidamento sul punto nascite e sul reparto di pediatria dell’ospedale di Petralia Sottana: c’erano i medici e una serie di servizi che accompagnavano i neo-genitori». Oggi, il sindaco, invece, ascolta le preoccupazioni dei giovani neo-genitori che siedono nella sua giunta come assessori e che non sanno a chi rivolgersi quando hanno un’urgenza per i loro bambini. 

 

Oltre alla pediatria, all’elenco dei reparti attivi nell’ospedale madonita mancano anche cardiologia e ortopedia. La presenza di quest’ultima branca, in particolare, è importante in un territorio dove vivono molti anziani, categoria fragile e più soggetta a fratture, come quella del femore. 

 

La situazione del nosocomio è molto precaria, come spiega Lillo Spitale, referente della Camera del lavoro delle Alte Madonie della Cgil: «C’è il minimo indispensabile», commenta. A suo parere, «persiste una grave carenza di organico: tra medici, infermieri e personale amministrativo mancano una settantina di persone che non sono state sostituite dopo il pensionamento. I pazienti devono quindi andare a Termini Imerese, dove comunque non sono presenti tutte le specializzazioni, o a Palermo».

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Gangi, Madonie, Sicilia, 2024 - Foto: Francesco Bellina

Per raggiungere queste due località, i malati e i loro familiari devono affrontare lunghi viaggi (una settantina di chilometri per Termini Imerese, poco più di cento per Palermo) che possono diventare ancora più complessi in caso di nebbia, neve o maltempo. A questo si aggiunge il fatto che le Madonie sono un territorio montano: le strade -in molti tratti strette e tortuose- sono spesso segnate da buche e avvallamenti che rendono ancora più complicati gli spostamenti quotidiani -già lunghi- per andare al lavoro, portare i figli a scuola o, appunto, andare in ospedale.

 

Anche lungo le strade provinciali, non è raro imbattersi in cartelli che segnalano il cedimento della sede stradale: in alcuni casi le transenne e le reti arancioni poste a protezione sono persino parzialmente ricoperte dalla vegetazione. Segno che gli interventi necessari per il ripristino e la messa in sicurezza della strada tardano ad arrivare.

 

Si tratta di un tema particolarmente sentito dagli abitanti e dagli amministratori locali: quando si parla dei problemi del territorio, quelli legati a mobilità e viabilità si piazzano sempre ai primi posti. Un bisogno a cui la Strategia d’area “Madonie resilienti: laboratorio di futuro” ha provato a dare risposta mettendo a disposizione specifiche dotazioni finanziarie del Po Fesr 2020-2024 per la riqualificazione della rete stradale secondaria. 

«I trasferimenti agli enti locali si sono notevolmente ridotti negli ultimi anni. In questo contesto i fondi di coesione sono assolutamente fondamentali per intervenire sulle infrastrutture e i servizi»

Su una decina di interventi previsti nella Strategia d’area approvata nel 2018, tuttavia, meno della metà sono stati completati. Tra questi, vi sono i lavori sulla strada statale 120 e sulle provinciali 50 e 52, che complessivamente valgono oltre sei milioni di euro: risorse fondamentali per i piccoli Comuni del Territorio.

 

«Quelle ordinarie degli enti locali a stento bastano per assicurare i servizi essenziali. Non dimentichiamoci che i trasferimenti agli enti locali si sono notevolmente ridotti negli ultimi anni. In questo contesto i fondi di coesione sono assolutamente fondamentali per intervenire sulle infrastrutture e i servizi», commenta Alessandro Ficile, amministratore di Sosvima, Agenzia di Sviluppo delle Madonie che ricopre il ruolo di coordinatore tecnico dell’area interna.

Diritto alla salute

«Garantire il diritto alla salute è fondamentale per permettere a chi vive nelle aree interne la possibilità e il diritto a restarvi», sottolinea il sindaco di Petralia Sottana, Pietro Polito, che da mesi è in prima linea per chiedere la riapertura dei reparti dell’ospedale e chiede innanzitutto ai vertici Regionali di attivare bandi ad hoc per l’assunzione del personale medico necessario a colmare le carenze.

 

Richiesta contenuta anche in un lungo manifesto diffuso durante la manifestazione dell’11 novembre 2023 “Salviamo l’ospedale delle Madonie” per chiedere, tra le altre cose, la garanzia dell’erogazione di servizi in regime sia di emergenza/urgenza, sia programmabile, il miglioramento di servizi pediatrici, il potenziamento di alcune branche chirurgiche e della radiologia.

 

La manifestazione, promossa dal comitato civico cittadino di Petralia Sottana, dal movimento civico “Pediatria a Petralia” e dalle consulte giovanili, ha visto la partecipazione di migliaia di persone provenienti da tutta l’area interna e ha visto sfilare in prima fila i sindaci -con le fasce tricolore e i gonfaloni- e anche la presenza del vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante.

«Dopo la manifestazione abbiamo avviato un’interlocuzione con la Regione, con l’assessorato alla Sanità e con i dirigenti interessati. Abbiamo costituito un tavolo tecnico e continuiamo a sollecitare le istituzioni perché non vogliamo che le decisioni siano calate dall’alto: vogliamo costruire assieme un percorso che risponda alle esigenze di questo territorio dove vivono più di 70mila persone, che vogliono essere ascoltate», spiega Iuppa, sindaco di Geraci Siculo.

 

Uno dei primi risultati ottenuti è stata la rimodulazione degli orari del Punto di primo intervento pediatrico (Ppip) di Petralia, uno spazio che prende in carico i casi teoricamente non urgenti, ma che in assenza di un pronto soccorso pediatrico è spesso il principale punto di riferimento per i genitori. Ora, il Ppip è aperto dal lunedì alla domenica dalle 10 alle 20. «Per noi è solo l’inizio, non è certo l’obiettivo finale -scrivono gli animatori della pagina Facebook “Pediatria a Petralia”-. Puntiamo sempre al reparto di pediatria e a un’assistenza continuativa, ventiquattr’ore su ventiquattro».

 

Negli stessi giorni, inoltre, è stato aperto anche il primo “Ospedale di Comunità”, finanziato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) all’interno degli spazi del nosocomio di Petralia Sottana. I diciotto posti letto sono dedicati alla degenza di pazienti con patologie lievi o recidive croniche che necessitano, ad esempio, assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa e che non possono restare al proprio domicilio, ma per i quali non è necessario un ricovero in un reparto ospedaliero.

 

Può essere il caso, ad esempio, di chi subisce un intervento chirurgico e dopo aver superato la fase acuta viene trasferito nell’Ospedale di Comunità per completare le terapie post-operatorie. Oppure di un anziano che necessita di riabilitazione dopo un intervento per la sostituzione della protesi dell’anca. 

Meno ospedali e meno posti letto

Le difficoltà del sistema sanitario nazionale nel dare risposte adeguate ai bisogni dei cittadini non riguardano solo le Madonie e la Sicilia. Tra il 2012 e il 2022 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati dell’Annuario statistico del Sistema sanitario nazionale) il numero degli ospedali pubblici e privati attivi sul territorio italiano è passato da 1.091 a 996, il numero di posti letto a disposizione nel 2022 era di 225mila (7.183 in meno rispetto a dieci anni prima). In calo anche il personale sanitario: 629.713 unità del 2012 contro le 625.282 del 2022.

 

«Le zone maggiormente colpite sono quelle periferiche più interessate dallo spopolamento e dove assistiamo a una riduzione e a un invecchiamento della popolazione», spiega Alberto Ricci, coordinatore del Rapporto Oasi del Center for research on health and social care management (Cergas) dell’università Bocconi di Milano. «Tutto questo si inserisce in un quadro più generale di scarsità di risorse. Da qui l’esigenza di trovare un punto di equilibrio: bilanciando i bisogni dei territori con la gestione dei costi, con la necessità di garantire un servizio di qualità e in condizioni di sicurezza. E il presupposto della qualità è, in molti casi, il raggiungimento di un numero minimo annuo di prestazioni», aggiunge.

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La manifestazione dell’11 novembre 2023 in favore dell’Ospedale di Petralia Sottana - Foto: pagina Facebook “Salviamo l’ospedale delle Madonie”

Ricci invita a guardare attentamente alle esigenze dei singoli territori, mettendo in atto, di volta in volta, un’attenta revisione dell’offerta dei servizi. Da un lato è inevitabile la chiusura e la riconversione di alcune strutture particolarmente isolate, puntando su presidi di tipo territoriale come l’ospedale di comunità per la degenza dei malati cronici; dall’altro alcuni piccoli ospedali possono continuare a operare concentrandosi su alcune specialità. 

 

Una delle proposte del Comitato di cittadini di Petralia Sottana, ad esempio, va in questa direzione e chiede alla Regione Sicilia che venga definita per il “Madonna dell’Alto” «una mission a carattere regionale che sia confacente alle capacità tecniche della struttura» e individua alcune proposte come un centro per la cura delle patologie tiroidee o una breast unit, un centro multidisciplinare di senologia.

 

A prescindere da quale sarà il futuro dell’ospedale, a Petralia Sottana resta però da risolvere il nodo del personale medico e infermieristico, fondamentale per il funzionamento dei reparti. «La Regione Sicilia, purtroppo, fa solo concorsi a tempo determinato. Ma è molto difficile che un medico accetti di trasferirsi nelle Madonie, in un’area di montagna, per un posto di lavoro con contratto a termine», sottolinea Lillo Spitale della Cgil.

 

Su questo versante l’Italia non può fare affidamento né sulle risorse delle politiche di coesione Ue né su quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Quelli del Pnrr – continua Ricci – sono fondi destinati a investimenti in edilizia, nelle infrastrutture informatiche, nella telemedicina e nella formazione mentre non c’è quasi nulla per il personale. E qui c’è un grande rischio: se manteniamo la rete di offerta di vent’anni fa, pensata per dare risposte a un bisogno che non c’è più a causa, ad esempio dello spopolamento di un territorio, rischiamo di commettere un errore».

Una popolazione sempre più vecchia

La presenza sul territorio di ospedali e servizi sanitari adeguati è fondamentale anche per la presa in carico delle fasce di popolazione più anziane. A livello nazionale, i dati Istat fotografano un’Italia sempre più grigia, con 193,1 persone con almeno 65 anni ogni cento giovani con meno di 15. «La popolazione anziana è quasi il doppio di quella giovane», si legge nel Rapporto annuale 2024 dell’Istituto nazionale di di statistica

In questo panorama già sconfortante, la situazione è ancora più grave nelle Aree interne: nei Comuni classificati dalla Strategia Nazionale come “Periferici” (dove agli abitanti servono dai 40 ai 75 minuti per raggiungere i servizi essenziali) e “Ultraperiferici” (tempo di percorrenza superiore ai 75 minuti) l’indice di vecchiaia sale, rispettivamente, a 218,3 e 236,1.

 

E nei Comuni delle Madonie la situazione è ancora più drammatica. A Gangi gli over 65 sono 1.867 su poco più di seimila abitanti, con un indice di vecchiaia pari a 302,59 (nella Città metropolitana di Palermo il valore è 161,3). Nella vicina Petralia Sottana l’indice di vecchiaia tocca quota 365,26 ma sono Isnello e Polizzi Generosa il Comuni con i valori più elevati: 456,38 e 437,90 rispettivamente.

A fronte di questo contesto, la Strategia d’area “Madonie resilienti: laboratorio di futuro” evidenzia come sul territorio «si sono sviluppate professionalità con particolari competenze nel trattamento delle patologie della senescenza» oltre a un elevato numero di anziani trattati in Assistenza domiciliare integrata «ma lpascolto degli operatori sanitari ha evidenziato l’assenza di servizi di telemedicina», si legge nel documento.

 

In quest’ottica, è stato finanziato (con le risorse messe a disposizione dal Po Fesr 2014-2020) un servizio di telemonitoraggio: 251mila euro che sono serviti per acquistare i tablet con connessione internet e i kit per il monitoraggio da remoto dei principali parametri clinici del paziente (glicemia, temperatura corporea, saturazione ossigeno, pressione arteriosa). Questo, solo o con l’aiuto di un caregiver, effettua il rilevamento in autonomia a casa propria; i dati raccolti vengono poi inviati a una centrale di raccolta dove vengono monitorati dal personale sanitario che, in caso di necessità, possono intervenire.

«Si tratta di un progetto importante per il territorio e per certi versi pionieristico», spiega Luigi Iuppa che, oltre a essere sindaco di Geraci Siculo ricopre da settembre 2023 la carica di presidente dell’Unione dei Comuni delle Madonie.

 

«Questi dispositivi – continua – ci permetteranno di raggiungere e assistere ottanta utenti sul territorio dei 21 Comuni dell’area interna: anziani, persone con disabilità o malati cronici che necessitano di un monitoraggio costante».

 

Il progetto, però, non è ancora entrato in funzione: solo a metà dicembre 2023, infatti, l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Palermo ha ultimato la gara di appalto per la fornitura dei sistemi di rilevamento.

 

Gli apparecchi sono stati acquistati ma a fine giugno 2024 non erano ancora state stabilite le modalità con cui sarebbero stati utilizzati, né erano stati selezionati i pazienti che ne avrebbero beneficiato.

 

«La telemedicina non è un progetto risolutivo. Ma è uno strumento utile e che, tra l’altro, era stato avviato prima del Covid-19: segno che il finanziamento aveva una prospettiva di lunga durata», continua il sindaco di Petralia Sottana Pietro Polito. 

 

Ma l’attenzione del primo cittadino continua a tornare sull’ospedale e sulla carenza di personale medico e sanitario che, oltre a garantire il funzionamento del nosocomio, dovrà garantire anche quello del nuovo Ospedale di Comunità. 

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Interventi per gli anziani

Le esigenze e i bisogni della popolazione anziana sono un tema ancora più critico in un territorio segnato da una forte emigrazione: «Sia tra i più giovani sia nelle generazioni intermedie, quarantenni e cinquantenni, tanti hanno trovato lavoro lontano dai centri rurali e si sono trasferiti altrove», riflette Dario Costanzo, Responsabile di piano del Gruppo di azione locale (Gal) Madonie.

 

«Mentre gli anziani restano legati al territorio, non si vogliono spostare, quindi le famiglie sono in difficoltà nel garantire ai loro genitori e ai loro nonni le cure di cui avrebbero bisogno», spiega. 

Con le risorse delle politiche di coesione dell’Unione europea, circa 280mila euro, il Gal ha finanziato la ristrutturazione e l’acquisto di nuovi arredi di due centri per anziani a Resuttano e  Valledolmo, due piccole municipalità che a aprile 2023 sono entrati a far parte dell’Unione dei Comuni delle Madonie. «Questo intervento permetterà di mettere a disposizione, rispettivamente, 36 e 24 posti letto sia per anziani autosufficienti sia per non-autosufficienti all’interno di strutture a canone agevolato, i Comuni stanno predisponendo i bandi per selezionare i soggetti a cui affidare la gestione», spiega Costanzo. A Valledolmo inoltre verrà attivato un centro diurno aperto anche agli anziani del paese che non risiedono nella struttura.

Conclusa la programmazione Snai 2014-2020 lo sguardo degli amministratori è ora rivolto verso le sfide e gli obiettivi del periodo di programmazione 2021-2027, che per le Madonie rappresenterà una sfida ancora più ambiziosa. L’Unione dei Comuni delle Madonie, infatti, diventerà ente intermedio: se fino alla scorsa programmazione era necessario attendere i decreti della Regione per appaltare i lavori finanziati anche con risorse della politica di coesione, ora questo compito spetterà direttamente agli enti locali. Una nuova sfida per un territorio dove, con i Patti territoriali prima e con la Strategia nazionale aree interne poi, i Comuni sono già abituati a lavorare in rete.

 

Un impegno che viene portato avanti con l’obiettivo di contrastare (o quantomeno rallentare) il preoccupante spopolamento che interessa il territorio e che può sembrare una battaglia persa in partenza. I sindaci e gli amministratori locali che abbiamo incontrato non nascondono la fatica, ma non sono nemmeno disposti ad arrendersi.

 

«La nostra non è un’area rassegnata: non lo siamo noi amministratori e non lo sono i cittadini», dice Luigi Iuppa. «Da sempre – conclude il sindaco – ci interfacciamo con una realtà complessa. Siamo persone abituate a combattere».

In copertina: Gangi, Madonie, Sicilia, 2024. Foto: Francesco Bellina

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