Una valanga sul Corno d’Africa

Una pioggia catastrofica, incessante, che affligge l’intero Corno d’Africa per tutto l’autunno 2023.

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Mentre il sole di Dubai arroventa gli scintillanti aerei parcheggiati lungo la pista dell’aeroporto della grande città degli Emirati Arabi Uniti, mentre i delegati che partecipano a novembre 2023 alla Conferenza per il Clima delle Nazioni Unite COP2 si inzuppano di sudore nel percorrere il breve tragitto tra il portellone del loro aereo e il terminal, a Mogadiscio, in Somalia, piove.

 

Una pioggia catastrofica, incessante, che da oltre due mesi non sta colpendo soltanto la capitale somala ma l’intero Corno d’Africa, e non solo: Somalia, Kenya, Etiopia e, da un paio di settimane, anche la Tanzania, tutti paesi dell’Africa orientale che devono fronteggiare la minaccia delle inondazioni provocate dalle intense precipitazioni. Delle inondazioni e delle loro terribili conseguenze.

 

La pioggia di questa stagione, da queste parti, così intensa non si vedeva “da oltre un secolo” hanno detto diverse agenzie umanitarie delle Nazioni Unite, aggiungendo di non avere né i mezzi né gli strumenti necessari per soccorrere e aiutare le popolazioni in difficoltà.

Mentre nell’emirato di Dubai, dicevamo, il sole cuoce cervelli e brucia le (belle) speranze della COP28, il Corno d’Africa esce, letteralmente affogando, da una siccità durata quattro anni, durante i quali gli allevamenti e le coltivazioni sono state decimate e i terreni impoveriti. Una carestia talmente lunga da essere stata da record, che si è conclusa con la distruzione quasi completa, dovuta alla pioggia, di quelle migliaia di ettari di coltivazioni che restavano, l’affondamento di intere regioni, lo sfollamento di milioni di persone. Migliaia di capi di bestiame sono morti affogati nelle stalle o lungo gli argini dei fiumi. E poi c’è la paura, che tutto questo sia solo l’inizio: nel sud dell’Etiopia, colpito anch’esso da piogge e inondazioni massicce, già da tre settimane le agenzie umanitarie dell’ONU e il governo di Addis Abeba hanno lanciato l’allarme per un’epidemia di colera in corso in diversi campi per sfollati, malattia che prolifera benissimo in condizioni di promiscuità e umidità intensa.

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Foto Radio Daslan

Dei 292 milioni di abitanti nella regione del Grande Corno d’Africa, circa 46,3 milioni di persone vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare: la siccità terminata ad ottobre, la peggiore degli ultimi 40 anni secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha registrato il non verificarsi cinque stagioni delle piogge consecutive. Più di 2,7 milioni di persone sono state sfollate nei tre paesi principali della regione (Somalia, Kenya e Etiopia) e più di 13 milioni di capi di bestiame sono morti, distruggendo non solo i mezzi di sussistenza ma un intero modo di vivere.

 

L’OMS ha stimato che milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni residenti nella regione del Corno d’Africa si sono trovati ad affrontare una malnutrizione acuta, il che aumenta il rischio non solo di morire di fame, ma anche di esiti gravi durante un’epidemia a causa dell’indebolimento del sistema immunitario. I bambini malnutriti sono più suscettibili alle comuni malattie infantili, anche perché la copertura vaccinale nella regione dei vaccini salvavita per l’infanzia è ben al di sotto della soglia necessaria per prevenire epidemie. Nella maggior parte dei paesi della regione, la copertura vaccinale contro il morbillo è troppo bassa per prevenire i casi e tutti i paesi del Corno d’Africa hanno dovuto affrontare epidemie di morbillo nel 2022.

 

L’analisi dei sette paesi del Grande Corno d’Africa (Gibuti, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Uganda) ha registrato 39 epidemie nel 2022, inondazioni e altri eventi acuti di sanità pubblica: è il numero più alto segnalato dal 2000. Epidemie di antrace, morbillo, colera, febbre gialla, chikungunya, meningite e altre malattie infettive hanno rappresentato, nel 2022, oltre l’80% dei casi gravi di salute pubblica segnalati, mentre siccità, inondazioni e altri disastri rappresentano il 18%. Una situazione che, da ottobre 2023, sembra essersi ribaltata: le inondazioni, al 13 dicembre 2023, hanno ucciso oltre 300 persone in Somalia, Kenya ed Etiopia e causato lo sfollamento, nella sola Somalia, di 4 milioni di persone. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad oggi quasi la metà (8,3 milioni su 16,9 milioni) della popolazione della Somalia ha bisogno di assistenza umanitaria, un terzo in forma urgente. La crescente insicurezza alimentare in Somalia sta aumentando i rischi e i bisogni sanitari delle popolazioni colpite, portando ad una maggiore richiesta di servizi sanitari. In particolare, denutrizione e carenze di micronutrienti sono diventati tra i problemi più ampiamente diffusi tra le popolazioni a rischio, come le donne incinte e che allattano, ma anche i loro neonati e bambini, gli anziani e le persone con disabilità o malattie croniche.

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Foto Daslan Radio

Questo porta ad effetti a valanga nella diffusione di malattie come il colera, il cui effetto è più grave e potente in persone già indebolite. A tutti questi elementi critici si aggiungono la perdita dei mezzi di sussistenza e l’insicurezza alimentare, fattori che portano ad un generale aumento del rischio di morbilità e mortalità.

 

E poi ci sono fattori critici sociali e culturali, che affliggono generalmente donne e ragazze, le quali devono affrontare il triplice compito di trovare il modo di sopravvivere, prendersi cura della propria famiglia e proteggersi dalla violenza sessuale.

 

Se è vero che l’Africa si trova oggi costretta, in generale, a farsi carico del peso di eventi meteorologici estremi causati da una crisi climatica di cui solo in minima parte il continente è responsabile, è vero anche che il resto del mondo sembra ignorare questa situazione: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a ottobre 2023, ha lanciato un allarme preoccupante circa la carenza di fondi e kit alimentari da distribuire tra la popolazione meno abbiente, denunciando che appena il 39% dei fondi internazionali promessi dai Paesi membri delle Nazioni Unite è stato effettivamente versato alle agenzie umanitarie.

 

I conflitti e gli shock climatici stanno letteralmente distruggendo anche le ambizioni dei governi dei Paesi colpiti da siccità e inondazioni nel Corno d’Africa. Ambizioni che si infrangono letteralmente contro la “forza della natura” che, in questa fase, sembra avere un solo grande merito: aver rallentato l’avanzare di gruppi come Al-Shabaab, anch’essi messi in crisi dalle inondazioni che interessano buona parte della Somalia. E siamo solo all’inizio: questa è solo la superficie dell’iceberg degli effetti avversi e conbinati dell’emergenza climatica.

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