In Europa abbiamo osservato il tentativo degli attori pubblici di equipaggiarsi con nuove competenze e capacità organizzative. In molti contesti si è fatto ricorso ad agenzie per lo sviluppo che svolgono attività dirette alla promozione del territorio, che gestiscono la trasformazione delle aree e favoriscono la concertazione tra attori diversi. La pianificazione e la competenza in materia fiscale sono ancora una risorsa rilevante per le amministrazioni locali. Il problema è che spesso queste si trovano in una condizione di limitata autonomia fiscale e in alcuni casi usano proprio la leva della rigenerazione per fare cassa.
Nel corso della mia ricerca ho parlato con alcuni rappresentanti locali che sono stati molto espliciti su questo punto. In Belgio, in passato, c’è stato un forte esodo della classe media verso le aree suburbane e questo ha diminuito il prelievo fiscale. Ora, in nome della mixité, si sta cercando di attrarre la classe media e quella creativa con interventi pubblici e privati di trasformazione urbana, facendo, e qui cito le parole dell’intervistato, “gentrificazione attiva” con effetti critici nei quartieri abitati da nuclei familiari più vulnerabili. Il problema è che i grandi investitori internazionali sono molto mobili e quando decidono di investire in un contesto lo fanno perché ci sono le condizioni affinché sia redditizio. Se queste condizioni mancano si spostano dove trovano i vantaggi localizzativi più convenienti.
Quindi, tornando al ruolo della pianificazione urbana, in Europa abbiamo assistito da un lato ai cosiddetti progetti d’area e dall’altro a una generale flessibilizzazione degli strumenti. I primi sono piani urbanistici che disciplinano il consumo di suolo su porzioni limitate di territorio, quindi senza una visione di insieme. Questi piani sono flessibili, nel senso che sono aperti a una negoziazione nel tempo. I grandi progetti sono complesse operazioni immobiliari e finanziarie il cui sviluppo avviene in un arco temporale lungo. La pianificazione punta a semplificare le procedure ma anche ad agevolare i processi che spesso dipendono da calcoli legati alla gestione dei rischi finanziari. In questo scenario c’è una questione di fondo che riguarda proprio la capacità di catturare il valore prodotto e di redistribuirlo perché il rischio è che questo modo di operare porti a una concentrazione eccessiva.