Ep. 01

A 25 anni dalla fine del conflitto in Bosnia-Erzegovina, un passaggio mancato è la causa principale del revisionismo.

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Sovranismo transnazionale

A livello locale il sovranismo sublima nella violenza ma questo ha una dimensione anche globale.

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28 anni, cittadino australiano, responsabile della strage del 15 marzo 2019 in una moschea in Nuova Zelanda, Brenton Tarrant, lo stragista di Christchurch, non era solo. Aveva scritto due nomi italiani sui caricatori del suo fucile semiautomatico AR-15, il modello civile del più famoso M-16. I nomi erano quelli di Luca Traini, omicida condannato a 12 anni per i fatti di Macerata, e quello di Sebastiano Venier, doge della Repubblica di Venezia nel 1577, di indole furiosa e violenta, protagonista della Battaglia di Lepanto del 1571.

10 giorni dopo la strage, il 26 marzo 2019, la Polizia austriaca ha fatto irruzione nell’appartamento viennese di Martin Sellner, il leader del movimento di estrema destra nazionalista austriaca Identitäre Bewegung Österreichs (IBO), ispirato dai francesi di Bloc Identitaire e parte della galassia di movimenti di estrema destra confluiti nell’organizzazione pan-europea Identitarian Movement, La magistratura austriaca, indagando su presunti reati finanziari dell’organizzazione di Sellner, ha notato una donazione di 1.500€ effettuata tramite PayPal nel 2018 da IBO all’indirizzo mail utilizzato proprio da Brenton Tarrant. Interrogato dai magistrati, Sellner ha spiegato che tale donazione sarebbe stata inviata a un’organizzazione australiana di beneficenza che promuove attività anti-immigrazione.

Quando furono stipulati gli accordi che posero fine alle ostilità in Bosnia-Erzegovina, a Dayton, nel 1995, i cittadini italiani conoscevano piuttosto bene gli orrori di quella guerra. La geografia, fatto più unico che raro, aiutò l’Italia intera a provare e dimostrare empatia verso le popolazioni jugoslave, un sentimento tuttavia mai canalizzato su una piattaforma di conoscenza dei fatti. Oggi, a quasi 25 anni dalla fine di quel conflitto, questo passaggio mancato è la causa principale del revisionismo storico sulle guerre jugoslave. E, più in generale, rappresenta il seme da cui germoglia il moderno sovranismo identitario transnazionale.

L’icona del nazionalismo moderno

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Come si tengono insieme questi tre accadimenti apparentemente lontani nel tempo e nello spazio? Con la lettera lambda (Λ, λ) dell’alfabeto greco. Nella simbologia sovranista il simbolo Λ commemora la battaglia delle Termopili del 490 a.C. perché si trovava raffigurata sugli scudi dei trecento guerrieri spartani.

La nostra domanda in realtà ha un corpo più complesso: nell’Europa di oggi cosa è rimasto dell’odio etnico che mosse le azioni di criminali come Slobodan Milosevic e altri prima di lui? E che c’entra il sovranismo? Comprendere l’oggi, riconoscendo la pericolosa portata di movimenti come “America First” o “Australia First” e di slogan come “prima gli italiani”, non è facile se non si fa un salto all’indietro di almeno 30 anni. All’epoca persone come Radovan Karadzic erano note per le poesie, i premi letterari, l’ecologismo e frasi come «il bolscevismo è il male ma il nazionalismo è ancora peggio».

Karadzic è l’uomo che esprime meglio il paradigma del sovranismo identitario: nel 1989 fu tra i fondatori del Partito Democratico Serbo (SDS), cavalcò il tema della “rigenerazione nazionale” intestandosi la battaglia per la difesa dei diritti dei serbo-bosniaci, si fece promotore di un modello di partitocrazia etnica costituito attorno al divenuto partito-nazione e nel 1991, mentre si disgregava la Jugoslavia, si trasformò definitivamente nel «pianificatore visionario della pulizia etnica»[1]. I toni di Karadzic, nei suoi discorsi, si alzarono sempre più divenendo drastici e apocalittici: nell’ottobre del 1991, parlando al Parlamento bosniaco-erzegovese, evocò «l’estinzione del popolo musulmano». L’individuo non-serbo fu additato come pericolo per l’identità nazionale e per la stessa sicurezza pubblica della Republika Srpska, proclamata il 9 gennaio 1992 e fondata sugli obiettivi etnici dell’SDS. Il 13 maggio del 1992 Radovan Karadzic ne fu eletto Presidente.

Egli era un simbolo, «uno dei figli più illustri di nostro Signore Gesù Cristo che lavora per la pace» scrisse la Chiesa Ortodossa Greca nelle motivazioni dell’onorificenza a Cavaliere di San Dionisio di Zante riconosciutagli nel 1993. «Il popolo serbo è stato scelto da Dio per proteggere le frontiere occidentali dell’Ortodossia», spiegò il patriarca ecumenico Bartolomeo. Meno di tre anni dopo Radovan Karadzic era ricercato Tribunale Penale Internazionale per crimini di guerra e contro l’Umanità e genocidio e l’Interpol aveva emesso un mandato di cattura a suo carico. Nel mezzo ci furono Srebrenica e la pulizia etnica, il sequestro del personale ONU nel maggio-giugno 1995, i massacri e le fosse comuni, un lavoro di pianificazione talmente ben riuscito da aver reso impossibile la comprensione della portata effettiva degli eccidi nella ex-Jugoslavia. Per i reati di cui Karadzic si è macchiato, il 20 marzo 2019 il Tribunale Penale Internazionale de L’Aja lo ha condannato all’ergastolo.

Negli anni Ottanta e nei primi Novanta nessuno si aspettava che un poeta ecologista e democratico potesse diventare un politico vittimista e nazionalista, ottenendo così abbastanza voti per un mandato elettorale perfettamente legale. Eppure è quello che è successo, ci sono voluti meno di 10 anni perché accadesse e i crimini nella ex-Jugoslavia furono compiuti da uomini in mimetica con le mostrine dell’esercito serbo e una lettera lambda cucita sulla manica destra.

Oggi no. Oggi i pesi e i contrappesi del potere democratico nei paesi dell’Unione Europea impediscono una deriva del genere. Ne siamo veramente sicuri?

Pensa locale e agisci globale

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Negli anni Trenta l’emulazione tra partiti e movimenti nazionalisti contaminava gli uni e gli altri in una paradossale “impurezza ideologica”, contrapposta alla “purezza etnica” della propaganda. Il partito nazional-socialista tedesco di Adolf Hitler fu sì ispirato dai fascisti italiani di Benito Mussolini ma copiò anche le leggi americane sulla cittadinanza e contro la mescolanza razziale, applicate in Germania esattamente come furono pensate negli USA. La dimensione transnazionale, a quel tempo, fu importantissima per dare forza e corpo all’ideologia suprematista ed è fondamentale ancora oggi. La differenza è che la tecnologia, le strategie e gli obiettivi finali ne mutano profondamente l’aspetto estetico.

Lo dimostrano la strage di Christchurch e altri fatti di sangue commessi da suprematisti bianchi negli Stati Uniti, in Canada, in Europa: chi spara emula, si ispira, prende esempio e riceve sostegno da una rete invisibile ma capillare di sostenitori. Il modello suprematista bianco è globale ma agisce locale, adotta una retorica epica e vittimistica, recluta e fa sentire l’individuo un esempio e un’ispirazione per gli altri. Come altri lo sono per lui.

Nei primi anni Novanta, quando Karadzic arringava le folle, l’SDS serbo promuoveva la violenza etnica contro i musulmani bosniaci e kosovari, descritti come popoli pervertiti e assetati di sangue cristiano. Karadzic e i suoi, come altri prima e dopo di loro, promossero l’idea dello “scontro di civiltà” sul piano globale facendo dei nazionalisti serbi l’ultimo bastione dell’Occidente civilizzato contro la marea musulmana proveniente da Oriente.

Una retorica oltremodo efficace, tanto che il mito dell’era Karadzic vive oggi un nuovo splendore. Anders Breivik ha ucciso 77 persone in Norvegia nel 2011 dichiarando di essersi ispirato al «crociato Karadzic», suo «idolo vivente». Sui caricatori di Brenton Tarrant si trova l’essenza della propaganda nazionalista serba dei primi anni Novanta: la scritta in cirillico Shipka pass (il passo sui Balcani bulgari teatro di quattro sanguinose battaglie tra il 1877 e il 1878), i nomi di Bajo Pivljanin e Novak Vujosevic, combattenti montenegrini cristiani protagonisti di battaglie contro i turchi ottomani. Elementi già appartenuti alla retorica di Karadzic e Milosevic.

Nel video live girato da Tarrant durante l’eccidio di Christchurch si può ascoltare una canzone serba. Il testo glorifica i combattenti e i martiri serbi della guerra 1992-1995. La stessa retorica fu adottata da Alexandre Bissonnette, anche il suo nome è su uno dei caricatori di Trenton, che il 29 gennaio 2017 compì una strage in moschea a Quebec City, Canada, uccidendo sei persone, reato per cui è stato condannato all’ergastolo.

I Balcani, ancora una volta, sono la cartina tornasole della politica globale di oggi.

fine prima parte

Per approfondire:

[1] Robert J. Donia, Radovan Karadžic, l’architetto del genocidio in Bosnia, Cambridge ed.
[2] Leggi contro la mescolanza razziale
[3] Weitere Bank kündigt Spendenkonto der Identitären, Zeit Online

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