Nel frattempo molte isole minori – come l’Elba – hanno un’economia a doppio ritmo: nei periodi estivi risentono della forte pressione dell’overtourism, mentre d’inverno sono spopolate e faticano a offrire opportunità ai loro abitanti. All’Elba, ad esempio, come abbiamo raccontato in questa serie, continuano ad essere finanziati molti progetti in ambito turistico, spesso con fondi di coesione, mentre altri settori – come la sanità o i trasporti – hanno molte meno risorse pubbliche di quelle di cui avrebbero bisogno.
«Il turismo è uno dei principali motori economici per le isole: rappresenta una quota significativa del Pil, talvolta superiore al 25%, e sostiene gran parte dell’occupazione”, afferma Guzzon. “Allo stesso tempo, però, negli ultimi anni la crescita sproporzionata del settore turistico ha creato un’enorme pressione sui territori insulari e sulle loro comunità, mettendo a repentaglio un ambiente e una biodiversità unici, ed esacerbando le tensioni sociali, ad esempio a causa della mancanza di alloggi, spesso destinati ai soggiorni brevi».
Ogni estate, il turismo consuma grandi quantità di energia, acqua, combustibili fossili, suolo, allo stesso tempo riduce la biodiversità, contribuisce all’erosione costiera e fa aumentare la produzione di rifiuti e acque reflue. La dipendenza economica delle isole da un unico settore, insomma, non è senza conseguenze.
«Durante la pandemia da Covid-19 (quando i flussi turistici erano praticamente azzerati, ndr), si è evidenziata ancora di più la necessità di un’economia diversificata e sostenibile, con investimenti in altri settori, e la garanzia di servizi adeguati per i cittadini», conclude Guzzon. «La questione è sempre più urgente, e i policy maker a tutti i livelli hanno la responsabilità di affrontarla. Le isole non dovrebbero essere considerate solo come destinazioni turistiche».