Ep. 03

Il diritto di restare

Quanto è difficile oggi vivere all’Elba? È possibile creare lavoro oltre il turismo? E come convivere con le difficoltà nei trasporti, il faticoso accesso all’acqua e lo smantellamento della sanità?

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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L’altra Elba

L’Elba è un luogo periferico, ma ricco. Marginale, ma attraente. In crescita, ma forse non sostenibile. Ha tante facce, plasmate anche dai fondi di coesione Ue. Alice Facchini ci porta a conoscerle

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«Quando abbiamo deciso di aprire un’attività all’Elba in molti ci hanno considerato dei folli. È una scelta per certi versi antieconomica, specie dal punto di vista logistico: bisogna portare sull’isola alcune materie prime e poi trasportare fuori il prodotto finito, il che implica costi e complessità in più». Fabio Murzi all’Elba ci è nato e cresciuto. Alla fine degli anni Novanta, con sua sorella Chiara e il cognato Marco Turoni, ha un’idea che è quasi una follia, appunto: riuscire a creare una manifattura di profumi sull’isola, ed entrare in un settore controllato da poche multinazionali.

 

«Tutto è cominciato in un piccolo laboratorio con annesso punto vendita, dove abbiamo sperimentato nuovi profumi ispirati dal mare e dalla natura dell’isola. Nel 2000 abbiamo lanciato il marchio Acqua dell’Elba», racconta.

 

Oggi Acqua dell’Elba resta un’azienda familiare, ma che esporta in tutto il mondo.

 

«Importiamo all’Elba alcuni ingredienti dei profumi, ma anche le bottiglie di vetro, la carta per le etichette, ed esportiamo le confezioni già pronte. È un viaggio andata e ritorno in traghetto che ci potremmo risparmiare, ma l’Elba è nel nostro Dna: abbiamo un rapporto simbiotico con l’isola, a partire dal nostro nome. Siamo nati qui, ci viviamo e vogliamo poterci lavorare», dice ancora Murzi. 

 

Nel 2001 a Marciana Marina apre il primo negozio. Oggi ce ne sono 19 solo sull’isola, più altri cinque in Italia, uno a Cannes, uno a Seul e tre in Kuwait. Per aiutare l’azienda a potenziare il suo mercato estero, sono arrivati anche 73mila euro dei fondi di coesione dell’Unione europea nella progettazione 2014-20, per i progetti Oltremare2 e Oltremare3.

«Grazie a questi finanziamenti abbiamo potuto partecipare alle prime fiere all’estero, molto importanti per farci conoscere», spiega Murzi.

«Negli anni successivi abbiamo creato altri contatti che ci hanno permesso di strutturare la distribuzione negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone», aggiunge.

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Dento lo stabilimento di produzione delle varie essenze dell'azienda Acqua Dell'Elba - Foto di Max Cavallari

Nel 2021 Acqua dell’Elba è diventata una società benefit, una nuova forma giuridica pensata per aziende che, oltre agli obiettivi di natura economica, si impegnano a perseguire anche obiettivi ambientali e sociali. Le azioni messe in campo sono diverse: i pannelli solari sul tetto dello stabilimento permettono l’autoproduzione di energia elettrica, il pakaging riciclato riduce gli sprechi, le arnie contribuiscono a tutelare la biodiversità dell’isola.

 

Nel 2022 nasce anche la fondazione Acqua dell’Elba, che si impegna in progetti sociali sull’isola. «Non sono attività per la comunità elbana, ma con la comunità elbana, di cui anche noi facciamo parte», conclude Murzi.

 

Tra i progetti della fondazione c’è “La Via dell’Essenza”, che nasce per recuperare il sentiero costiero di 130 chilometri che circonda tutta l’isola, e il festival Seif – Sea Essence International Festival, che ogni estate da sei anni porta all’Elba dibattiti, proiezioni, mostre per promuovere  una cultura che salvaguardi e valorizzi il mare. 

I trasporti che non ci sono

Quanto è difficile oggi vivere e lavorare all’Elba? Quanto è tutelato il diritto di restare di chi sull’isola è nato e cresciuto? Tra i problemi che più hanno un impatto sulla vita degli elbani c’è quello dei trasporti, raccontato nelle precedenti puntate di questa serie.

 

Secondo la Strategia nazionale aree interne (Snai), i sette comuni elbani sono tutti ultraperiferici, perché ci vogliono circa due ore per raggiungere il polo più vicino, Grosseto. Il mezzo più utilizzato per arrivare sulla terraferma è il traghetto: dal 2012 a gestire la flotta che collega Piombino con l’arcipelago toscano (Elba, Giglio e Capraia) è la società Toremar, che un tempo era la compagnia pubblica regionale toscana, acquistata nel 2012 dal gruppo Moby dell’imprenditore Vincenzo Onorato. 

Tutti si spostano con la macchina, il che implica un problema di parcheggi, un elemento di consumo di suolo fortissimo.

Secondo l’osservatorio Traghettilines, nel 2022 il costo medio per un biglietto per due adulti, un bambino e un’auto era di 107 euro a tratta, per una distanza di soli 20 chilometri.  «Si tratta di una delle linee più care d’Italia per miglio percorso, nonostante la flotta sia vecchia e molto inquinante: come Legambiente monitoriamo lo stato delle acque e a Portoferraio, dove arriva la maggior parte dei traghetti, il mare è fortemente inquinato»,afferma Umberto Mazzantini, fondatore e presidente della sezione elbana di Legambiente.

 

«Ai prezzi alti non corrisponde un servizio adeguato: spesso le navi hanno guasti e appena è brutto tempo non partono. In estate se non prenoti con anticipo rischi di non trovare posto, e non ci sono biglietti riservati ai residenti», racconta. In più mancano i collegamenti con i trasporti pubblici, sia all’Elba che sulla terraferma: «Tutti si spostano con la macchina – dice Mazzantini –, il che implica un problema di parcheggi, un elemento di consumo di suolo fortissimo».

 

Ogni persona che abita all’Elba può raccontare almeno un episodio in cui è rimasta bloccata sull’isola per via dei traghetti. «Io ho rischiato di non laurearmi perché le navi non partivano”, ricorda Valentina, 34 anni, elbana. C’è stata una mareggiata e le navi sono rimaste ferme più di due giorni. «Dovevo sostenere il mio ultimo esame, il professore non capiva come fosse possibile che io non avessi alternative», racconta.  «Alla fine sono andata alla Capitaneria di porto a farmi firmare un certificato con cui ho potuto posticipare l’esame, altrimenti avrei perso l’anno», chiosa. 

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Vista di Portoferraio con traghetto in arrivo - Foto di Max Cavallari

Il problema riguarda la cosiddetta “continuità territoriale”, ossia quegli strumenti che dovrebbero garantire i servizi di trasporto – solitamente per via aerea o marittima – agli abitanti di regioni sfavorite e periferiche. In questo modo, i residenti delle isole come l’Elba hanno diritto a biglietti a prezzi ridotti, ma non a dei posti riservati su traghetti o aerei.

 

Oggi è aperto il nuovo bando per la continuità territoriale marittima dell’arcipelago toscano: il nuovo servizio sarà affidato nel gennaio 2025.  Il 28 febbraio 2024 è scaduta la manifestazione di interesse, a cui hanno partecipato sei imprese private. I lavoratori pendolari hanno subito inviato una lettera all’assessore regionale ai trasporti Stefano Baccelli, chiedendo che non avvengano ulteriori aumenti di tariffe e tagli degli orari: il loro timore è «che tutto sia lasciato al solo contributo degli armatori privati, in regime di libera concorrenza, contribuendo ad aumentare il disagio delle comunità isolane e di chi si sposta per lavoro». Ad inizio giugno 2024, però non si hanno ancora notizie sul nuovo affidamento.

Per essere economicamente redditizio, l’aeroporto avrebbe bisogno di aumentare in modo massiccio il numero dei passeggeri. Oggi l’aeroporto serve solo a promuovere un turismo d’elite

Il traghetto, comunque, non è l’unico mezzo per raggiungere l’Elba: dal 1963 esiste anche il piccolo aeroporto di Marina di Campo, oggi gestito dalla società AlaToscana. L’aeroporto però ha sempre assicurato solo una minima parte dei collegamenti verso la terraferma: nel 2023, 4.297 persone sono arrivate all’Elba in aereo – un quarto in meno rispetto all’anno precedente – contro 3 milioni 151mila passeggeri che hanno scelto il traghetto. «Per essere economicamente redditizio, l’aeroporto avrebbe bisogno di aumentare in modo massiccio il numero dei passeggeri», spiega Umberto Mazzantini. «Oggi l’aeroporto serve solo a promuovere un turismo d’elite».

 

Nell’ottica di potenziare il servizio, ad aprile 2023 si è tenuto un discusso referendum per ampliare la pista dell’aeroporto: alla fine ha vinto il no, ma a votare c’erano solo i residenti di uno sette comuni elbani, Campo nell’Elba, nel cui territorio rientra appunto l’aeroporto. Attualmente l’offerta di tratte è molto ridotta: nel 2023 c’erano solo due voli a settimana verso Pisa e due verso Firenze, più uno verso la Svizzera.

 

«Gli aerei viaggiavano praticamente vuoti», racconta il sindaco di Campo nell’Elba Davide Montauti. «I collegamenti erano troppo pochi: se una persona doveva spostarsi per un impegno o una visita medica, l’unica opzione era partire in aereo e poi tornare in treno, o viceversa».  Nel 2024 invece non ci saranno collegamenti verso l’Italia: saranno disponibili solo due rotte verso la Germania, con la compagnia Rhein-Neckar Air, in attesa che venga pubblicato il nuovo bando per la continuità territoriale del trasporto aereo.

 

«Noi siamo un’isola, e i trasporti sono un elemento strutturale fondamentale per il benessere della popolazione», conclude il sindaco. «Proprio come la sanità, che negli ultimi anni sta attraversando una crisi senza precedenti».

Il diritto alla salute in pericolo

Secondo la Snai, l’Elba è l’unica isola minore italiana con un Dipartimento emergenza e accettazione (Dea) di primo livello, ossia un pronto soccorso che svolge anche funzioni di rianimazione e accettazione per patologie di maggiore complessità. Eppure l’ospedale di Portoferraio ha varie criticità, legate soprattutto alla mancanza di personale medico specializzato.

 

«L’idea iniziale era di depotenziare i singoli reparti in favore di un pronto soccorso forte: quello che è successo è che i reparti sono stati effettivamente depotenziati, ma in parallelo il pronto soccorso non è stato rafforzato», spiega il sindaco Montauti. C’è carenza di medici e infermieri e il reparto rianimazione ancora non esiste. «I pazienti gravi devono essere trasportati d’urgenza a Pisa o Firenze, ma l’elicottero è legato alle condizioni meteo e non sempre può partire».

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Le pompe del dissalatore in costruzione (struttura gialla) direttamente sulla spiaggia pubblica di Lido di Capoliveri, a fianco di numerosi campeggi - Foto di Max Cavallari

Nel 2023 la regione Toscana ha dato avvio a un progetto per reclutare medici a lavorare sull’isola: il programma prevede un’indennità di 2mila euro lordi settimanali, più vitto e alloggio, ma solo per un massimo di cinque settimane. Nel primo anno hanno aderito 127 medici, e il progetto è stato rinnovato anche nel 2024. «L’obiettivo è cambiare la condizione del sistema sanitario nelle zone periferiche e disagiate – hanno spiegato il presidente della Toscana Eugenio Giani e l’assessore alla salute Simone Bezzini –, trasformando questi territori in luoghi della formazione e valorizzazione della carriera dei giovani medici». Purtroppo, però, i bandi non prevedono l’arrivo sull’isola di medici specialisti a tempo indeterminato.

 

«Quando hanno un problema di salute, gli elbani vanno a curarsi a Livorno, o per patologie più specifiche si recano a Pisa o a Firenze», racconta Valentina. «Naturalmente questo implica dei costi: siamo abituati a doverci pagare da soli il traghetto, la benzina, l’albergo, ma non tutti se lo possono permettere», aggiunge.

 

Non solo: la crisi della sanità pubblica coinvolge anche la medicina territoriale. La questione più rilevante rimane quella della continuità assistenziale: mancano guardie mediche, ma anche medici di famiglia e pediatri. «Il risultato è che per qualsiasi cosa si deve andare al pronto soccorso, anche se non sarebbe necessario», spiega il sindaco Montauti. «Questo -continua – crea un intasamento e l’aumento dei tempi di attesa. In estate poi, quando la popolazione elbana passa da 30mila a 300mila persone con l’arrivo dei turisti, i servizi si condividono con tutti: oltre alla sanità e ai trasporti, c’è anche un tema di accesso all’acqua». 

Se l’acqua non basta per tutti

L’Elba soffre di un problema cronico di approvvigionamento idrico. Se non piove abbastanza i pozzi rimangono asciutti – specialmente in estate – e in caso di eccessivo utilizzo si rischia di avere infiltrazioni di acqua marina. Per questo alla fine degli anni Ottanta è stato costruito un acquedotto sottomarino che unisce l’isola con la terraferma, che trasporta 148 litri di acqua al secondo dalla val di Cornia. Il problema è che la tubatura è ormai vecchia e ha molte dispersioni: secondo il rapporto Isole sostenibili 2023, la dispersione della rete idrica all’Elba arriva addirittura al 54 per cento, contro una media nazionale del 43 per cento.

A volte apri il rubinetto e non esce niente. Succede quando l’isola è piena di turisti, soprattutto nel tardo pomeriggio, nell’orario in cui si torna dalla spiaggia per farsi la doccia

«Negli anni Novanta eravamo abituati ai razionamenti: c’era la nave cisterna che ci portava l’acqua dalla terraferma», racconta la guida turistica Stefano Luzzetti, originario di Capoliveri, mentre dà un sorso da una bottiglietta di plastica. «In teoria oggi l’acqua del rubinetto è potabile, ma noi non la beviamo: dentro c’è tantissimo calcare e ferro», dice mentre mostra i sanitari del bagno, tinti di rosso dall’acqua ferrosa.

«Di solito compriamo le casse al supermercato, oppure andiamo alla fonte a riempire le taniche». 

 

Ma in estate, quando tante persone hanno bisogno di acqua nello stesso momento, l’acqua semplicemente non basta per tutti. «A volte apri il rubinetto e non esce niente», racconta Valentina. «Succede quando l’isola è piena di turisti, soprattutto nel tardo pomeriggio, nell’orario in cui si torna dalla spiaggia per farsi la doccia. Se vivi in una casa con la cisterna il problema lo senti relativamente, ma chi abita nei borghi storici non può installarla. Noi ci attrezziamo con le taniche: non sai mai quando ti può capitare, devi farti trovare pronto».

Davide, da Torino si è spostato all'Isola d'Elba da un anno. Fa la stagione estiva e d'inverno rimane sull'Isola - Foto di Max Cavallari
Davide, da Torino si è spostato all'Isola d'Elba da un anno. Fa la stagione estiva e d'inverno rimane sull'Isola - Foto di Max Cavallari
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Fonte Napoleone di Marciana, da cui si possono riempire le taniche gratuitamente - Foto di Max Cavallari

Per assicurare più acqua potabile alla popolazione oggi è in costruzione il dissalatore di Mola, la cui inaugurazione era prevista già nel 2024, ma che continua a slittare: quando sarà pronto, sarà l’impianto di desalinizzazione più importante d’Italia.  L’opera è controversa e ha creato un acceso dibattito tra i residenti, che temono l’impatto sul paesaggio in una zona balneare: lo stesso comune di Capoliveri ha fatto più volte ricorso al Tar, ma finora ha sempre perso. L’anno scorso, grande scalpore ha fatto la notizia della distruzione della strada che porta al dissalatore, costruita sulla spiaggia e portata via da una mareggiata dopo solo tre giorni. 

 

«Per la nostra isola manca un progetto, manca una visione», commenta Umberto Mazzantini. «È come se ci fossero tante isole nell’isola: ogni comune va avanti da solo, procediamo in ordine sparso», commenta. E infatti nel 2013 gli elbani hanno votato no al referendum per il comune unico, preferendo l’attuale suddivisione amministrativa in sette piccoli comuni.

 

Per individuare una direzione comune si è dato avvio al progetto Elba 2035, un percorso partecipato promosso da Acqua dell’Elba insieme alle associazioni e le istituzioni del territorio: alla fine è stato redatto il Manifesto di sostenibilità per l’isola d’Elba, per mappare le iniziative sostenibili già esistenti e immaginare lo sviluppo dell’isola nei prossimi anni. I firmatari si sono impegnati a realizzare progetti in tre aree di intervento: paesaggio, territorio e ambiente; turismo sostenibile; cultura, identità e lifestyle.

 

«Il manifesto ha l’obiettivo di dare una visione condivisa di futuro, basata sulla sostenibilità», conclude Fabio Murzi. «Di Elba ce n’è una sola, dobbiamo prendercene cura». 

In copertina: Lungomare di Marciana Marina – Foto di Max Cavallari

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