L’arma del gaming
Questo episodio potrà sembrare merce per appassionati ma, in realtà, tratta di politica. Quella molto spiccola.
Il tema “dighe” in Kenya è molto sentito, per questo lo sblocco degli appalti italiani è una buona notizia.
Erano almeno sei anni che non pioveva come si deve sull’altopiano a bordo della Grande Rift Valley, in Kenya, dove sorge Nairobi, la città delle acque fredde. Il caso ha voluto che il viaggio del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, nel mese di marzo 2023, abbia portato anche quella: una pioggia intensa, refrigerante, durata diverse ore e, appunto, come non se ne vedevano da anni.
L’acqua è stato uno dei temi centrali nella visita del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella a Nairobi: acqua dal cielo da aspettare, acqua in terra da purificare, acqua di fiume da stoccare. In Kenya, uno dei Paesi dell’Africa orientale più colpiti dalla siccità che da quattro anni asciuga il Corno d’Africa, di acqua ce n’è sempre meno ma di bocche da dissetare ce ne sono sempre di più. Il più grave fenomeno siccitoso nella regione degli ultimi quarant’anni. L’acqua è stata anche al centro dell’ultima campagna elettorale: William Ruto, attuale presidente del Paese, è stato eletto a settembre 2022 (anche) sulla base di precise promesse fatte ai suoi elettori in materia di approvvigionamento idrico. Sono ben 100 le dighe promesse, che significano sopravvivenza e, chissà, magari anche sviluppo: secondo i dati di marzo 2023 della Direzione dei partenariati pubblico-privato (DPPP) annessa al Ministero del Tesoro del Kenya, il governo prevede di realizzare sette nuove dighe con partenariati PPP, per un costo totale di 2,4 miliardi di dollari. Il più grande progetto idrico pianificato è la diga di High Grand Falls, sul fiume Tana nel Kenya orientale: questa struttura, la cui capacità dovrebbe essere di 560 milioni di metri cubi, richiederà investimenti per 1,3 miliardi di dollari. Per realizzare queste dighe, e per rendere l’affare vantaggioso per il Kenya e la sua popolazione, saranno introdotti degli emendamenti nella legge sulle risorse idriche, per consentire al governo di Nairobi di acquistare l’acqua all’ingrosso dagli investitori privati nei futuri bacini idrici, per rivenderla alle società pubbliche di distribuzione. Ma questa è solo una delle grandi novità.
Il pantano giudiziario e politico in cui languiva il maxiprogetto per la realizzazione di tre dighe, Kimwarer, Arror e Itare, sul fiume Kerio, nella contea di Baringo, 300km a nord di Nairobi, non poteva che essere risolto che con un colpo di spugna, con l’obiettivo di ripartire nel minor tempo possibile. Si tratta di un maxi-progetto che ha oltre 10 anni ma del quale, ad oggi, non è stata ancora poggiata nemmeno una pietra. Un progetto in cui c’è tanta Italia: l’azienda che ha vinto l’appalto infatti si chiama Cooperativa Muratori Cementisti Ravenna (CMC), la banca che ha preparato gli accordi di finanziamento è Banca Intesa, l’ente che si è occupato della protezione dell’investimento è SACE, società per azioni controllata dal Ministero dell’Economia e delle finanze di Roma. Un progetto che, poco prima di partire, si è impantanato in una palude giudiziaria da cui non è più uscito ma che oggi potrebbe essersi risolto.
Ma andiamo con ordine.
Ci sono elementi fondamentali di quel maxiprogetto che non possono più essere ritardati: il primo è che le tre dighe dovrebbero garantire l’approvvigionamento idrico a circa il 40% della popolazione del Kenya, il secondo attiene alla persistente siccità, che in quell’area del Paese è persino più drammatica che altrove, e il terzo è che quell’opera non interessa solo il Kenya, ma anche i paesi vicini. Il progetto è considerato “strategico” da Nairobi, anche perché chi controlla l’acqua controlla tutto, soprattutto dove di acqua ce n’è poca: era il luglio del 2015 quando, ospite a un ricevimento alla residenza dell’ambasciatore italiano in Kenya, l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi annunciò la firma del contratto, circa 306 milioni di euro, per la realizzazione di queste opere. Quell’anno il governo di Nairobi assegnò a CMC, in joint-venture con la società del gruppo Gavio Itinera, l’appalto per la realizzazione di due dighe, cui se ne aggiunse una terza grazie proprio al finanziamento di SACE, Intesa e BNP Paribas.
Quattro anni dopo il Ministro delle Finanze keniota Henri Rotich, il suo braccio destro Kamau Thugge e altri funzionari, sono stati arrestati su ordine della Procura della Repubblica di Nairobi, accusati di tentata frode, abuso d’ufficio e comportamenti finanziari scorretti proprio sui contratti per quelle tre dighe. Otto anni dopo quelle accuse, è stato il Presidente del Kenya William Ruto in persona a prendere di petto il tema, complesso, affrontando la stampa subito dopo il colloquio bilaterale con il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, al suo primo giorno di visita in Kenya, martedì 14 marzo 2023: “Sono lieto di annunciare che le tre dighe soggette di dispute legali sono state oggi definite nell’ambito di un contesto per appianare tutte le questioni giuridiche”.
Il riferimento, pur non nominando mai direttamente l’elefante nella stanza, è proprio al caso giudiziario sui contratti che vede implicata l’impresa italiana CMC presso il Tribunale di Nairobi. Le dighe, ha detto Ruto, sono state “centrali” nell’incontro con Mattarella: “Siamo d’accordo che queste strutture finanziarie che erano state fornite per la costruzione delle dighe saranno rinegoziate e, poi, passeremo alla concretizzazione progetti”. Il presidente keniota ha di fatto spiazzato lo staff del Quirinale giocando a carte completamente scoperte su un tema molto delicato: la questione delle tre dighe è di grande interesse pubblico per i kenioti, non solo per gli addetti ai lavori, ed ha quindi un valore politico importante per Ruto, che con quelle dichiarazioni si è assunto una responsabilità che il governo italiano dovrà condividere. A Nairobi ne parlano tutti, come in Italia si discute di calcio: l’investimento politico del neo-presidente del Kenya non riguarda solo le promesse elettorali da mantenere su un tema tanto delicato come l’approvvigionamento idrico, ma anche la salvaguardia dei suoi fedelissimi, come l’ex-ministro del Tesoro Henri Rotich, che per quella storia è ancora agli arresti, vittima dello scontro politico tra Ruto e il suo predecessore, Kenyatta.
Il tema dighe, da “marginale” negli intendimenti della delegazione italiana che accompagnava Mattarella, è diventato centrale, come invece in Kenya si vociferava da mesi: “Sono lieto di annunciare che il governo keniano e il governo italiano hanno concordato un nuovo processo per appianare le problematiche , iniziato intensamente” ha detto Ruto che ha sorpreso lo staff del Quirinale, snocciolando anche dettagli: da parte keniota “sospenderemo la questione giuridica e il governo italiano, da parte sua, ritirerà casi di arbitrato. Siamo d’accordo che ci sarà un re-inizio di questo progetto, urgente e prioritario. Necessario”. Un tema spinoso, anche perché gli arbitrati in corso non sono “del governo italiano”, come semplificato da Ruto, ma dell’azienda privata CMC Ravenna: tra gli indagati a Nairobi c’è anche il suo AD, Paolo Porcelli, inseguito da un mandato di cattura.
Secondo le carte della Procura del Kenya “il Tesoro” keniota “ha negoziato un accordo che ha aumentato il prezzo di circa 63 miliardi di scellini” ovvero circa 500 milioni di euro, “17 dei quali non necessari o da pagare in modo tempestivo, indipendentemente dalle prestazioni o dai lavori” e che secondo l’accusa sarebbero finiti direttamente nelle tasche dell’ex-ministro Rotich. La vicenda giudiziaria ha scatenato un’inevitabile effetto a catena, con arbitrati e cause civili che sono ancora in corso in Kenya e in Italia, dove CMC ha avviato un concordato presso il Tribunale di Ravenna. Nel frattempo l’inchiesta, nel Paese africano, è stata rapidamente dirottata su un terreno di conflitto politico, arenandosi poco dopo: Rotich infatti è un fedelissimo storico di William Ruto, all’epoca dei fatti vicepresidente. Il supporto elettorale dell’ex-presidente Uhuru Kenyatta al rivale storico di Ruto, Raila Odinga, ha palesato lo scontro sotterraneo ai vertici dello Stato keniota, scontro politico finito nel giudiziario con un pretesto. Dalle carte processuali in effetti non si capisce bene dove sarebbe questa “corruzione”: si parla di un’appalto enorme, la cui parte di finanziamento, lo studio di fattibilità economico-finanziaria fatto da Intesa, è stata realizzata con un secondo contratto, anch’esso agli atti della procura keniota. Come da prassi.
Si tratta infatti di contratti e procedure standard e perfettamente legali, in cui la società che si occupa di progettare l’intera parte economica del progetto espleta la sua funzione con un contratto a parte. Il Presidente keniota si è spinto anche oltre con i dettagli: “Il finanziamento già reso disponibile sarà ristrutturato e i progetti saranno iniziati. Vogliamo risolvere le questioni giuridiche entro un mese e poi rinegozieremo la ristrutturazione finanziamento. Nel giro di una manciata di mesi andremo avanti con i lavori di costruzione”. Tempi serrati, che il Presidente Mattarella ha detto, durante la conferenza stampa dopo l’incontro con Ruto, di “condividere e apprezzare”.
Dopo l’arresto di Rotich l’indagine keniota si è di fatto arenata, tranne che per il mandato di cattura spiccato contro l’AD di CMA: la procura non è riuscita ad andare oltre nelle indagini e gli arresti “eccellenti” si sono fermati. Poi sono arrivate la pandemia, che ha ulteriormente rallentato il procedimento penale, e le elezioni, con la messa in piazza definitiva dello scontro, con Ruto che ha sempre sostenuto che quell’indagine fosse di natura politica.
La visita di Mattarella, dicevamo all’inizio, ha portato tanta acqua per il Kenya. E questa non può che essere una buona notizia.
Questo episodio potrà sembrare merce per appassionati ma, in realtà, tratta di politica. Quella molto spiccola.
In Africa, la cannabis fu introdotta all’inizio del XVI secolo dall’Asia meridionale e, da allora, la sua cultura si è diffusa in tutte le sottoregioni.
Il Piano Mattei è una mezza paginetta molto vaga con cinque aree tematiche di intervento nei prossimi anni.
La crisi del debito africano può vanificare ogni sforzo per la transizione energetica globale.