La strategia Ue per le infrastrutture nei paesi in via di sviluppo

Si chiama Global Gateway e punta a rendere meno vulnerabile l’Unione Europea in campo economico e geopolitico

Addis Ababa, in Etiopia - Foto: Gift Habeshaw via Unsplash

La pandemia di Covid-19, la guerra tra Russia e Ucraina, il crescente protagonismo internazionale di attori quali la Cina, gli Stati Uniti, ma anche i Paesi asiatici e la Turchia hanno fatto sentire l’Europa più vulnerabile in campo economico e geopolitico.

 

Il vecchio continente si è trovato esposto alle carenze di energia e di materie prime, soprattutto quelle più rare. Questo ha portato Bruxelles a varare la nuova strategia Global Gateway, un progetto dell’Unione Europea con l’obiettivo di sviluppare nuove infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo. Una risposta alla nuova Via della Seta varata anni fa dalla Cina.

 

Secondo il think tank Ecdpm, perché la strategia funzioni «sarà essenziale che gli Stati membri aderiscano pienamente al marchio Global Gateway, mettendo sul tavolo la loro offerta politica e finanziaria. Ci vorranno tempo, pazienza e un impatto reale per trasformare il Global Gateway in un marchio di successo. Per superare i problemi di reputazione, soprattutto in Africa, sarà necessario dimostrare che si tratta di un approccio veramente nuovo».

L’Africa come partner

«In questo contesto – ha spiegato la ricercatrice Maddalena Procopio -, l’Africa assume un ruolo fondamentale. Si tratta di un continente in fase di sviluppo e, per l’Europa, una risorsa vicina». Per Procopio, che è intervenuta al convegno organizzato il 22 giugno a Milano dal mensile economico “Africa e Affari”, dall’European Council on Foreign Relations e da Confindustria Assafrica e Mediterraneo, «il Global Gateway può diventare occasione di grandi investimenti in vari settori: digitale, clima, energia, trasporti, salute, istruzione e ricerca».

 

L’Europa però deve guardare al continente come a un partner e non più come un mero soggetto di cooperazione e di sostegno allo sviluppo. «Global Gateway – ha aggiunto la ricercatrice – ha un potenziale enorme. Attraverso questo progetto devono collaborare settore pubblico, imprese private, istituzioni bancarie e ricerca. Solo da questa azione comune può nascere una collaborazione per costruire una partnership nuova con l’Africa che è un continente in fase di piena crescita e piena di opportunità».

Una leva per gli investimenti

Con quale metodo? Global Gateway prevede investimenti per 300 miliardi di euro, 150 miliardi per l’Africa. Non si tratta di investimenti pubblici diretti, ma di fondi e azioni che fanno leva per sviluppare investimenti di quell’ammontare. Il pubblico deve lavorare per promuovere gli investimenti privati e la ricerca. Saranno poi le imprese a intervenire sul campo. Le grandi società sono già sul territorio. A mancare sono le piccole e medie. Temono l’instabilità.

 

«Sta al settore pubblico europeo creare quei presupposti che riducano il rischio e il costo degli investimenti», ha osservato sempre al convegno di Milano Domenico Rosa, capo unità alla direzione generale partnership della Commissione Europea. «L’Europa – ha proseguito – non è la Cina, la Russia, gli Stati Uniti. Non abbiamo una catena di comando e un assetto istituzionale unico. Siamo 27 Paesi in cui le istituzioni comuni cercano di creare una sintesi coerente. Dobbiamo lavorare insieme per creare un sistema Europa che sappia lavorare insieme per promuovere insieme i valori europei e gli interessi economici europei».

Enormi potenzialità

Le opportunità in Africa però ci sono. «Pensiamo – ha concluso l’incontro milanese Nicola Bellomo, Head of Division Pan-African Affairs del Servizio europeo per l’azione esterna, – all’imponente crescita demografica, alla continua crescita del Pil, all’urbanizzazione. Sono condizioni che permettono la creazione di un mercato interno ampissimo. Se a questo aggiungiamo la nascita di un mercato unico comune africano, non possiamo non notare quali enormi potenzialità che abbiamo di fronte».

 

Non tutti però condividono questo ottimismo. Jeroen Kwakkenbos di Oxfam International, per esempio, ha scritto di temere «che il Global Gateway possa sottrarre risorse ad altri interventi di sviluppo cruciali per combattere le disuguaglianze, come il sostegno ai servizi pubblici e ai programmi di eliminazione della povertà».

 

Secondo Simone Tagliapietra del think tank Bruegel, invece, il punto cruciale è «quanto funzionerà il coordinamento strategico tra i Paesi dell’UE, le istituzioni europee e le istituzioni finanziarie». A suo giudizio, «il tentativo di migliorare tale coordinamento (tramite la strategia Global Getaway, ndr) è positivo, ma resta da vedere se avrà successo».

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