La partecipazione è fragile
L’idea del Parco della Pace di Vicenza, per essere realizzata, ha fatto i conti con i cambiamenti politici alla guida della città. E la partecipazione di cittadini e cittadine ne ha risentito
Per trasformare l’ex aeroporto di Vicenza nel Parco della Pace, gli ostacoli da superare sono stati molti. Tra cui le eredità dela guerra
La storia del Parco della pace a Vicenza non è soltanto una storia di rigenerazione urbana.
È una storia di guerre e di paci.
Alla sbarra del Parco della Pace di Vicenza mi presento. La collega è già arrivata, ci sono anche Marco, dell’ufficio stampa del comune, l’assessore Leone Zilio e un paio di tecnici che lo accompagnano.
“Non è la giornata migliore, questa”, ci dice l’assessore, che si chiede se possiamo fermarci anche il giorno dopo. Lo farà la collega, che avrà la possibilità di vedere il parco con il sole. Entriamo nell’ex struttura aeroportuale – sul tappeto di benvenuto è ancora evidente l’eredità dell’aeroporto che non c’è più – e troviamo muri con carte progettuali, un ampio spazio che diventerà il museo del volo e poi, salendo le scale, una sala con vetrate da cui si vede l’immancabile base americana e, a perdita d’occhio, il parco.
“È un posto simbolico”, dice Zilio, che ha la delega allo sport, ai grandi eventi e proprio al Parco della Pace. “È un posto importante per Vicenza, che per la città rappresenta anche una conquista e una sfida per l’amministrazione”. “Il movimento, con le idee pacifiste e ambientaliste, ha portato di fatto la città, quando era sindaco Variati, a ottenere 65 ettari dei 130 che costituivano il vecchio aeroporto”, aggiunge, riferendosi alla mobilitazione che abbiamo raccontato nella seconda puntata della serie.
“La dotazione economica ottenuta è importante: il governo stanzia 9 milioni di euro e se ne aggiungono poi 3 del cosiddetto ‘bando “periferie’, che permettono di vedere il parco quasi finito. L’area di cantiere è completata, siamo nella fase di collaudo”continua l’assessore.
“La gara d’appalto è stata nel 2013. Poi ci sono stati anni di bonifica bellica”.
Anni? Ma com’è possibile? Se guardi il parco della pace non ci pensi subito. E non ci pensi neanche quando guardi la base militare statunitense all’orizzonte. Non ci pensi neanche quando sei in un aeroporto, se la guerra non l’hai mai vissuta direttamente. Ma basta ragionare e mettere tutto in prospettiva storica per capire: l’aeroporto di Vicenza, diventato militare, era stato oggetto di pesanti bombardamenti nella seconda guerra mondiale, soprattutto quando la città era diventata uno dei centri operativi della Repubblica di Salò e dei nazisti.
Il 6 novembre del 2013 viene ritrovata una bomba di circa 1.800 chili. La chiamano old lady ed è, probabilmente, una delle quattro maxi-bombe che l’aviazione britannica sganciò su Vicenza il 17 novembre 1944. Quella notte, scrive lo storico Giovanni Versolato nel libro Bombardamenti aerei degli alleati nel vicentino 1943-45, “i bombardieri inglesi lanciarono sul “Dal Molin” [l’aeroporto cittadino dove oggi sorgono base militare e Parco della Pace, ndr] ben 104mila tonnellate di bombe, tra cui 4 HC Cookie da 4.000 libbre ciascuna (1.814 kg), 4 Dem TI da 2.000 libbre (907 kg), 92 GPTD da 1.000 libbre (454 kg), 161 GP da 500 libbre (226 kg), 51 GP da 250 libbre (113 kg)”.
Una delle 4 HC era stata ritrovata nel cimitero di Vicenza nel 2001. L’evento era stato traumatico: per la sicurezza delle persone vennero evacuate tutte le case nel raggio di quasi due chilometri e mezzo. Parliamo di 77mila persone allontanate, per un costo stimato in un miliardo e 400 milioni di lire anticipati dal comune di Vicenza.
Un’altra delle quattro bombe più grandi era proprio quella rinvenuta durante i lavori di bonifica per il parco della pace.
Così, dodici anni dopo, la città di Vicenza si prepara a vivere un nuovo bomba day. Come nel 2001, interviene l’esercito. Per il disinnesco si sceglie una data simbolica: il 25 aprile 2014, festa della liberazione dell’Italia dal regime nazifascista. Ma, in ogni caso, non si poteva fare prima perché, dovendo lavorare con la bomba in loco, era necessario andare avanti con la bonifica e bisognava preparare tutta una serie di misure di sicurezza.
L’esercito costruisce una piramide alta 7 metri e larga 8, per deviare l’onda d’urto in caso di esplosione.
Tutt’intorno alla bomba viene innalzata una costruzione protettiva, alta quanto la piramide: una specie di arena che circonda la bomba. All’interno della struttura, la bomba viene collocata in un sarcofago.
Tutte le immagini dell’operazione sono di pubblico dominio, scattate da Paolo Bovo per la testata DVIDS.
In avvicinamento al 25 aprile, non mancano le polemiche: c’è chi chiede che si evacuino meno persone, chi vuole sapere che fine faranno gli animali, chi chiede se in caso di esplosione i cittadini di vicenza verranno risarciti e come. Il commissario nominato per l’emergenza è il sindaco Variati. “L’evacuazione non è un invito, ma un ordine”, dice il sindaco il 4 aprile, “emanato per garantire l’incolumità delle persone in caso, remoto ma non escludibile a priori, di scoppio dell’ordigno durante il disinnesco. Se quella bomba, realizzata e sganciata sulla città dagli angloamericani per distruggere un intero quartiere, dovesse scoppiare, 1800 chilogrammi di esplosivo provocherebbero un’esplosione dieci volte più grande di quella che ha causato la strage di Capaci. Sarebbe come trovarsi vicino all’epicentro di un terremoto di una violenza tale da lesionare gravemente o, addirittura, far collassare, gli edifici, con importanti ripercussioni in tutta l’area segnalata. Questo è lo scenario che ci è stato prospettato dagli esperti nel caso il disinnesco non andasse a buon fine”.
In avvicinamento al 25 aprile, non mancano le polemiche: c’è chi chiede che si evacuino meno persone, chi vuole sapere che fine faranno gli animali, chi chiede se in caso di esplosione i cittadini di vicenza verranno risarciti e come. Il commissario nominato per l’emergenza è il sindaco Variati. “L’evacuazione non è un invito, ma un ordine”, dice il sindaco il 4 aprile, “emanato per garantire l’incolumità delle persone in caso, remoto ma non escludibile a priori, di scoppio dell’ordigno durante il disinnesco. Se quella bomba, realizzata e sganciata sulla città dagli angloamericani per distruggere un intero quartiere, dovesse scoppiare, 1800 chilogrammi di esplosivo provocherebbero un’esplosione dieci volte più grande di quella che ha causato la strage di Capaci. Sarebbe come trovarsi vicino all’epicentro di un terremoto di una violenza tale da lesionare gravemente o, addirittura, far collassare, gli edifici, con importanti ripercussioni in tutta l’area segnalata. Questo è lo scenario che ci è stato prospettato dagli esperti nel caso il disinnesco non andasse a buon fine”.
Contrariamente a quanto si può pensare, infatti, col tempo le bombe inesplose non diventano meno pericolose ma, anzi, addirittura più instabili. Chi se la sentirebbe di rischiare?
A differenza di altri casi, si decide di non far brillare l’ordigno sul posto, per evitare danni: la bomba viene stata trasportata in una cava fuori città con un camion dell’Esercito, dove gli specialisti hanno estratto l’esplosivo residuo rendendolo inerte (anziché farlo detonare).
L’operazione, comunque, riesce alla perfezione. La carcassa dell’Old Lady – nome in codice della bomba –, privata dell’esplosivo, è stata successivamente conservata e destinata all’esposizione pubblica: pochi giorni dopo il disinnesco, il 29 marzo 2015, l’involucro dell’ordigno (lungo oltre 2 metri) è stato simbolicamente consegnato al Comune e trasferito presso il Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza, in attesa di essere collocato nel futuro Museo dell’Aria previsto al Parco della Pace. Ma non è mica finita. Un anno dopo vengono evacuate altre 25 persone per un’altra bomba trovata nel parco, da 120 kg.
A marzo del 2016 la bonifica bellica viene dichiarata conclusa: in un sopralluogo stampa del 2 marzo 2016, il sindaco Variati e il Prefetto annunciano i risultati: oltre 650 ordigni complessivi rimossi:in media, quasi una bomba per ogni giorno di lavoro degli artificieri.
Nel 2018 cambia l’amministrazione comunale e diventa sindaco Francesco Rucco, di centrodestra. Quando, nel 2019-2020, partono finalmente i lavori di costruzione delle strutture del Parco della Pace, emergono nuovi ordigni inesplosi: “durante le operazioni di scavo o spianamento, vengono quasi quotidianamente ritrovati ordigni”, riporta la stampa locale. Dal 15 agosto 2020 in poi, oltre 30 ordigni vengono scoperti e segnalati ai Carabinieri. Sono soprattutto bombe da mortaio (di dimensioni di circa 50 centimetri).
Rucco convoca la ditta responsabile della bonifica per chiarimenti informali e poi una riunione con i vertici militari del genio dell’esercito. I militari spiegano che nei collaudi a campione (2% dell’area) effettuati a suo tempo non erano emersi ordigni residui e che quanto stava accadendo al Parco della Pace era un caso inedito mai riscontrato prima. “Qualcuno sarà chiamato ad assumersi le proprie responsabilità in merito alla bonifica bellica conclusa nel 2017”, dice Rucco.
Fra ottobre e dicembre del 2020 vengono eseguiti alcuni brillamenti di bombe inesplose in loco: sono tutti ordigni che non richiedono evacuazioni e quindi vengono fatti saltare in maniera controllata. Perlopiù si tratta di bombe di medio o piccolo calibro. La maggior parte, poi, erano bombe rese inerti col cemento (si faceva, in guerra, per esercitazione o per risparmiare esplosivo: la bomba lanciata dall’alto avrebbe fatto comunque danni).
I costi aumentano, ma non vengono dimostrate responsabilità o negligenza nella prima fase della bonifica: dopo le polemiche iniziali, la vicenda non ha avuto seguito né sul piano giudiziario né sul piano disciplinare. I colpevoli delle bombe? La guerra.
Il 15 dicembre 2020 la bonifica finisce. Per la seconda volta. È stata una delle più complesse e prolungate operazioni di questo genere in ambito urbano in Italia. In termini di quantità di ordigni rimossi, l’area dell’ex aeroporto Dal Molin si è rivelata un vero campo minato: oltre 700 residuati bellici eliminati tra 2013 e 2020, un numero eccezionale dovuto all’intenso bombardamento subito dall’aeroporto di Vicenza durante la seconda guerra mondiale.
La prima fase della bonifica (2013-2017) è costata circa 2,6 milioni di euro a carico del Comune di Vicenza, finanziati nell’ambito dei fondi statali stanziati come compensazione per la realizzazione della base USA “Del Din. A questa cifra si aggiunge l’ulteriore stanziamento del 2020.
Il bomba day è costato 1,4 milioni di euro, coperti da un finanziamento emergenziale. Nel 2020 il bilancio della bonifica del solo Parco della Pace, 75 anni dopo la fine della guerra, è di 4,4 milioni di euro.
Ecco un altro motivo per cui il Parco della Pace è unico, ma è anche un esempio da studiare per imparare:quando ci si trova di fronte a un progetto ambizioso di riqualificazione urbana i problemi che si possono presentare hanno radici profonde nella storia dei luoghi. La seconda guerra mondiale è tornata a creare problemi a Vicenza settant’anni dopo.
Il bomba-day e la bonifica non si ripresenteranno ovunque, ma sono il classico esempio di situazione non intuitiva che può intralciare in maniere spesso imprevedibili una soluzione che può sembrare semplice come quella di realizzare un parco naturale in un’area che sembrerebbe essere semplicemente perfetta: periferica, già nella natura, senza troppi problemi. E invece, oltre ai dissensi politici e alle polemiche e alle dinamiche più scontate che riguardano progetti di riqualificazione da milioni di euro, a Vicenza le bombe della storia si sono rivelate un ostacolo da aggirare, che ha rallentato i lavori per anni.
Il problema non è limitato a Vicenza: si ripresenta in tutti i territori che sono stati oggetto di bombardamento o teatri di guerra. Qualche dato torna utile per capire la portata del fenomeno. In Italia, in totale, sono state sganciate, durante la seconda guerra mondiale, 378mila tonnellate di bombe, più o meno un milione. Almeno il 10% – forse il 18%, secondo le stime meno ottimistiche – non sono esplose.
Solo il 60% di queste bombe è stato già ritrovato e messo in sicurezza. Gli artificieri dell’Esercito Italiano e delle altre forze specializzate compiono ogni anno circa 3.000 interventi per neutralizzare residuati esplosivi, con una media di oltre 8 interventi al giorno. Nel 2023, almeno tre persone in Italia sono morte per ordigni inesplosi della seconda guerra mondiale: non esiste un registro ufficiale di questi eventi. Ma dobbiamo tener conto di questo passato che ritorna. Persino quando cerchiamo soluzioni che possono rendere le aree urbane migliori.
Con il supporto di Journalismfund Europe
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La storia dell’ex aeroporto del capoluogo veneto si intreccia con quella delle basi statunitensi presenti in città. E per capire il senso del Parco della pace oggi, bisogna ripercorrere gli ultimi 100 anni di storia vicentina
A Vicenza, il Parco della pace nasce in seguito alla mobilitazione No Dal Molin, iniziata nel 2007 per contrastare l’ampliamento della base militare USA già presente in città. Oggi al posto dell’ex aeroporto ci sono sia una nuova caserma statunitense sia un parco di nuova generazione, che fornisce al capoluogo servizi ecosistemici
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Il processo per trasformare l’ex aeroporto di Vicenza in un luogo vissuto dalla cittadinanza e utile per l’intera città è ancora in corso. Ma avanza. Ed è un esempio interessante per tanti spazi simili in Italia ed Europa
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