L’alta felicità che non ti raccontano
Da otto anni a Venaus c’è il Festival dei No Tav, uno spazio sicuro dove un altro mondo è già possibile.
È molto probabile che anche tu abbia sentito parlare del movimento No Tav. In Val di Susa, si oppone da quasi trent’anni (la prima manifestazione pubblica risale al 2 marzo 1996(*)) alla costruzione delle infrastrutture ferroviarie ad alta capacità (o velocità) che dovrebbero attraversare con un tunnel le montagne al confine fra la valle e la Francia. Il tracciato è cambiato molte volte, il progetto pure, le stime di bisogno di traffico di merci su quella direttrice si sono rivelate sbagliate e – non so se lo sai – l’alta velocità italo-francese esiste già, anche se quell’opera lì non è mai stata realizzata. Provare per credere: basta andare sul sito di Trenitalia e prenotare un Milano-Parigi. Sei ore e 57 minuti la mattina, un po’ meno la sera. Qui c’è l’inaugurazione del 18 dicembre 2021.
E allora perché si continua a parlare di Torino-Lione e di Tav-No Tav? Che senso ha, se questa tratta è già agibile e percorribile da treni che ci mettono decisamente poco?
La storia è lunga, è una storia che va molto al di là di un semplice tratto di ferrovia. È una storia che parla di grandi opere e di gestione della cosa pubblica, di dissenso e repressione: ne ho scritto anche sul numero 1 de La Revue Dessinée Italia e non è di questo che vorrei parlare, qui. Vorrei parlare, invece, del fatto che, siccome probabilmente hai sentito, letto, visto cose che riguardano il movimento No Tav, altrettanto probabilmente ne avrai una certa idea.
Framing e repressione
Ma questa idea coincide con quel che è stato raccontato in questi ventinove anni? E con quello che pensano le persone in giro per l’Italia? I No Tav sono stati dipinti dai media in molti modi diversi: in particolare, però, ne sono stati sottolineati puntualmente la presunta sovversività, i legami con gli anarchici – tragicamente nota è la storia di Sole e Baleno – o con altri ambienti abitualmente definiti “antagonisti”, l’essere affetti dalla sindrome nimby, l’essere pochi montanari violenti: sono stati sminuiti, banalizzati, ridicolizzati e additati dai media. Questo meccanismo di inquadramento e racconto di persone, gruppi, comunità, movimenti, ha un nome specifico: si chiama framing. E mentre avveniva, i No Tav venivano sistematicamente repressi sul territorio e nei luoghi che dovrebbero essere preposti all’amministrazione della giustizia (sorveglianze speciali, fogli di via, DASPO urbani sono all’ordine del giorno per il movimento No Tav).
Festival Alta Felicità
Eppure i No Tav, ventinove anni dopo la prima manifestazione, sono ancora lì e fanno tante cose che invece, molto probabilmente, non conosci perché non vengono raccontate. Una di queste cose si chiama Festival Alta Felicità. C’è tutti gli anni da 8 anni a questa parte e quest’anno, finalmente, per la prima volta ci sono andato.
Non ne trovi rappresentazione sui media “mainstream”, se non in relazione a presunte irregolarità o scontri o danneggiamenti. Perché succede? Forse perché una situazione bella non fa notizia? Forse perché chi propone un mondo alternativo non deve essere rappresentato in maniera positiva? Forse per queste ragioni insieme e per altre ancora?
Al Festival arrivano persone giovani e meno giovani da tutta Italia e da altre parti del mondo. Si mangia, si beve, si balla, ci si confronta. Si parla di molte cose: di idee alternative, di clima, di diritti, di acqua, di tecnologia, di comunità.
Il Festival è «uno spazio libero, ma allo stesso tempo protetto, dove potevano transitare giochi in libertà di bambini, carrozzine per disabili, rugbisti, giocolieri e senza paura di giudizi, teneri amori fra ragazze e innamoramento fra ragazzi mano nella mano», scrivono Chiara Sasso e Alberto Poggio.
Al Festival c’è spazio per posizioni che vanno da quelle del sottoscritto sulle intelligenze artificiali – sul tema sono un accelerazionista da un lato e un fautore dell’open access dall’altro, pur sapendo che ci sono rischi e problemi da risolvere: ne ho scritto qui – ad altre ancora più radicali sulla tecnologia come quelle espresse nel libro “Cambiate lavoro, per favore”.
C’è spazio per Le grandi dimissioni di Francesca Coin, per le lavoratrici e i lavoratori in sciopero di Mondo Convenienza, per il Collettivo di Fabbrica – Lavoratori GKN Firenze, per Lavorare meno di Sandro Busso, per parlare di Valerio Evangelisti.
Poi ci sono i cartelli che ricordano che anche se una donna sta servendo al bar non diventa automaticamente un oggetto cui rivolgere apprezzamenti.
Ci sono le infografiche, estremamente efficaci – i No Tav sanno anche comunicare – che dicono quante cose si potrebbero fare invece di continuare a sprecare soldi pubblici con il cantiere che non c’è – e che non serve.
Il costo di 1 metro del tunnel previsto equivale a 10 anni di assistenza domiciliare a una persona gravemente disabile. L’equivalente di 100 metri di tunnel è la messa in sicurezza di 10 scuole. Con l’equivalente di un centimetro si può comprare materiale scolastico per un anno per una scuola primaria.
Questi paragoni, che raccontano un’idea di politica pubblica molto lontana da quella che ci ritroviamo a raccontare o raccontata sui giornali, sarebbero facilmente diffondibili dai media mainstream.
Al Festival Alta Felicità ci sono i concerti, il cibo e quella concretezza – non è solo una sensazione – di chi le ha viste tutte e ha saputo portarti in un posto che ti dimostra, ovunque ti giri, che un altro mondo è possibile ed è possibile qui e ora, senza tante storie.
Le proposte dei “Disabili pirata” per accessibilità, vita indipendente, formazione, lavoro, proposte di legge e normative, per esempio, erano affisse in vari spazi del Festival e dimostrano come, dal basso, ci siano istanze di vario genere che provano a disegnare questo mondo “altro”, dove ciascuna persona può trovare un proprio spazio senza essere prevaricata e senza dover mendicare diritti fondamentali.
Eppure tutto questo sfugge alla rappresentazione del movimento No Tav e delle persone che lo frequentano: non lo saprai mai, a meno che tu non ti ci immerga volontariamente, a meno che tu non ci voglia andare.
Ecco, forse dovremmo darci tutte e tutti appuntamento alla prossima edizione del Festival Alta Felicità. Forse, più in generale, dovremmo ricordarci che si può raccontare e si può anche vivere in alta felicità. Perché se non la raccontiamo, quell’alta felicità non c’è e non ci sarà mai. E continueremo a credere che non ci siano alternative possibili al mondo che ci ritroviamo.
Errata corrige
(*) correzione del 26 agosto 2023: in un primo momento, avevamo scritto erroneamente 2 marzo 1995. La data corretta della prima grande manifestazione pubblica No Tav in Val di Susa è, invece, 2 marzo 1996. Grazie a Chiara per la segnalazione.
L’11 marzo 1995, invece, ci fu una manifestazione contro l’Alta Velocità a Firenze. Qui un elenco storico degli eventi, dal dicembre 1991, fino al 2012.