Un viaggio a 8 bit con il Rabbit r1
Da Sanremo a Magenta, fotografando con un aggeggio strano che converte, inventando, le tue foto rendendole digital-retrò.
Il film che celebra il centenario della Disney ci aiuta a pensare alla proprietà intellettuale. O forse a ripensarla.
Wish è il film che celebra il centenario della Disney. La critica non è stata tenera nei confronti di questo lungometraggio animato realizzato con una tecnica mista che rinuncia al 3d e richiama le origini classiche dell’animazione Disney. Il risultato è meno peggio di quanto sia stato evidenziato, anche se è abbastanza evidente dove si andrà a parare, quando ci si immerge nella trama. Credo, però, che pesi nel mio giudizio positivo anche il fatto di aver visto il film in famiglia (con moglie e figli). Ho notato che, con i bambini, il punto di vista cambia radicalmente, e l’osservazione tecnica che a volte sfocia in cinismo tipico del critico si annacqua e probabilmente si lascia condizionare un po’, anche se spesso i bambini sanno essere molto critici. Fatto sta che a loro il film è piaciuto e questo mi ha condizionato per forza.
Comunque, al termine del film ci siamo goduti i titoli di coda, per quanto possibile, visto che le luci si sono accese immediatamente e dopo il fuggi-fuggi generale entravano già le persone dello spettacolo successivo, che dunque hanno visto, senza capire bene, anche la mini-sequenza finale.
Abbiamo cercando di riconoscere tutti i personaggi dal passato Disney che apparivano, con buon successo. Poi, tornando verso casa, abbiamo cercato di ricostruire tutte le citazioni contenute nel film, quelle palesi e quelle meno palesi. Finita la nostra memoria, abbiamo cercato online quante ce ne fossero e ci siamo detti che questo film va rivisto per trovarle tutte. È stato bello farlo, non posso negarlo. Ma al tempo stesso non ho potuto fare a meno di pensare a due elementi.
Il primo è che, in generale e nel film, citare il passato funziona: citazioni e inside-joke (cioè quell’umorismo che diventa chiaro soltanto alle persone che condividono un certo passato, determinate esperienze, alcune conoscenze) sono gradevoli quando le cogli. Ti fanno sentire a casa, ti fanno sentire parte di qualcosa, e possono travalicare le generazioni e persino i confini.
Questo non può che ricordarci come la cultura, la creatività, le storie che raccontiamo e ascoltiamo si basino su un sapere che accumuliamo e citiamo costantemente, che plasmiamo e rigeneriamo: la creatività non avviene nella solitudine delle nostre menti ma è un fatto sociale.
Il secondo è che queste citazioni sono confinate. Il mondo Disney cita solo il mondo Disney!
I miei figli cercavano e vedevano, per esempio, citazioni da Harry Potter o dai Pokemon o da altri universi narrativi. A me sembrava che si sforzassero di trovarle. In realtà a loro veniva naturale: le vedevano negli archetipi che riconoscevano sviluppati in altri universi narrativi.
Ma mi è toccato smontarli e far notare loro che – ammesso ci siano – quelle citazioni sono involontarie.
Perché nel mondo della creatività e della cultura, invece di lasciare aperti i cancelli, di lasciare che si aprano i pori dell’immaginario, ci siamo inventati – spesso a beneficio delle grandi aziende – la proprietà intellettuale.
Il termine, e dunque il concetto, risalirebbe al 1867.
Il mondo Disney cita solo il mondo Disney. E se tu vuoi citare il mondo Disney nelle tue opere – fortunatamente, non nei disegni dei bambini – allora devi chiedere il permesso. Questo apparato è semplicemente limitante.
Per molte persone è un apparato naturale, perché per molte persone la proprietà intellettuale è come la proprietà privata, che sarebbe naturale anchessa. Ma anche semplicemente guardando Wish e ascoltando i bambini, non si può non rendersi conto che di naturale, nella proprietà, non c’è proprio nulla, in ballo. Ci sono solo i confini che scegliamo di tracciare o di abbattere.
Il finale – mi spiace non averlo visto rilevato nelle critiche in generale – è una sollevazione popolare. Non so quanto conscia o inconscia nella scrittura, ma in qualche modo a me ha ricordato le mille possibilità che abbiamo. Fra cui quella di liberare le nostre proprietà intellettuali perché la cultura, le culture, sono dell’umanità tutta e non solo di un piccolo, minuscolo universo narrativo che rischia di bearsi di sé e della propria immagine riflessa allo specchio.
Le immagini, a scanso di equivoci, provengono dal press kit ufficiale Disney e dunque si possono utilizzare con il loro permesso. Grazie.
Da Sanremo a Magenta, fotografando con un aggeggio strano che converte, inventando, le tue foto rendendole digital-retrò.
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