ForestaMI è una bellissima idea che si sta arenando
Vista dall’estero è un modello, un caso di studio e un vanto per la città di Milano, solo che vista da Milano praticamente non esiste
92,7% di emissioni di Co2 in meno, riduzione del 70% del consumo energetico. Il progetto di riqualificazione di Monterusciello e i fondi pubblici.
Siamo a Pozzuoli, in provincia di Napoli, e queste parole sono dell’urbanista Marco Romano che nel 1986 raccontava sulle pagine della rivista Domus la nascita di Monterusciello.
Realizzato tra il 1984 e il 1986, il quartiere serve per accogliere gli abitanti del Rione Terra e del centro storico del comune campano, costretti a lasciare le proprie case a seguito delle ondate di bradisismo di quegli anni: lenti movimenti del suolo (verso l’alto o verso il basso) che caratterizzano l’area dei Campi flegrei.
Quelle che avrebbero dovuto essere abitazioni temporanee – progettate per durare circa 25 anni – sono ancora in piedi e ci abitano, in condizioni particolarmente difficili, circa 30mila persone. «Questi edifici sono stati realizzati in prefabbricazione pesante, con pannelli di cemento affiancati tra loro», spiega l’architetto Agostino Di Lorenzo, dirigente del Coordinamento urbanistica del Comune di Pozzuoli. «I giunti di collegamento – prosegue – sono saltati da tempo e ci sono infiltrazioni d’acqua. Non sono stati sufficientemente isolati per cui sono freddi d’inverno e torridi d’estate: di conseguenza i consumi energetici per riscaldarli e rinfrescarli sono elevatissimi».
Per una parte degli abitanti di Monterusciello le condizioni di vita potrebbero presto cambiare, e in meglio. Il 19 maggio 2022, infatti, la giunta di Pozzuoli ha dato il via libera all’indizione della gara – che si svolgerà a febbraio 2023 – «per la rigenerazione eco-energetica dei primi 15 edifici del Lotto 2 di Monterusciello». Come riporta OpenCoesione, sul piatto ci sono 19,2 milioni di euro (di cui 5,2 finanziati dal Por Campania Fesr 2014-2020 nell’ambito della politica di coesione UE) e l’obiettivo non è solo portare gli edifici a un livello di efficienza energetica di «Classe A», ma fare anche in modo che soddisfino i requisiti di «Nearly zero energy buildings». Ovvero edifici ad altissima prestazione e dal fabbisogno quasi nullo che viene coperto da energia da fonti rinnovabili prodotta in loco.
Ma quali interventi occorre mettere in atto per far trasformare vecchie palazzine energivore in edifici a impatto quasi zero?
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, nulla di fantascientifico. «Questo intervento adotta tecnologie molto efficienti, collaudate e ben note agli addetti del settore», spiega Fabrizio Ascione, docente presso il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università Federico II di Napoli. Ascione ha fatto parte del gruppo di lavoro incaricato di svolgere un’analisi indipendente sul progetto nell’ambito di una convenzione di ricerca tra il Dipartimento e il Comune. «Sono state fatte scelte ben calibrate e congrue, ad esempio l’installazione di pareti ventilate all’esterno degli edifici che consentono tutti i benefici dei sistemi a cappotto, con riferimento all’isolamento invernale, migliorando anche la prestazione termica ed energetica estiva, grazie alle ventilazione in cavità che consente di dissipare il calore in ingresso dovuto alla radiazione solare», aggiunge. Verranno inoltre installate pompe di calore, pannelli fotovoltaici e termici.
L’analisi svolta dai ricercatori della Federico II ha valutato anche le prestazioni “dinamiche” delle palazzine interessate: allo stato attuale, un singolo edificio campione del Lotto 2 emette circa 22,85 tonnellate di CO2 all’anno che, grazie agli interventi di efficientamento previsti dal progetto, verranno ridotte del 92,7%. In totale, per i 15 edifici, le emissioni risparmiate sarebbero pari a 317,6 tonnellate di CO2 all’anno.
«Il nostro auspicio è far partire i lavori a settembre 2023», dice il sindaco Luigi Manzoni che punta a replicare il “progetto pilota” del Lotto 2 su altri edifici di edilizia residenziale del quartiere. «A gennaio 2022 il Ministero dell’Interno ha approvato il progetto per la riqualificazione del Lotto 11 e stanziato 10 milioni di euro», aggiunge. Le risorse, in questo caso, arrivano dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che complessivamente mette a disposizione 13,95 miliardi di euro per la ristrutturazione energetica e sismica degli edifici residenziali, comprese le case popolari.
Si tratta di interventi essenziali per ridurre l’impronta energetica del settore «casa» e per iniziare ad allineare il nostro Paese agli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Unione europea con il Green Deal e con il pacchetto Fit for 55, che punta a ridurre le emissioni climalteranti del 55 per cento entro il 2030 anche attraverso una revisione della Direttiva sull’efficienza energetica. In quest’ottica, il 25 ottobre 2022 il Consiglio dell’Unione Europea ha raggiunto un primo accordo in materia che fissa due obiettivi principali: tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero entro il 2030, mentre quelli esistenti dovranno raggiungere lo stesso risultato entro il 2050.
«Il 60 per cento del patrimonio edilizio italiano è stato costruito prima del 1976, anno di entrata in vigore della prima legge nazionale sul risparmio energetico, e ha consumi altissimi», spiega Francesca Andreolli, policy advisor del think tank indipendente Ecco.
Non fa eccezione l’edilizia sociale: circa la metà degli 806mila alloggi a prezzi calmierati gestiti da Federcasa (ente che riunisce 80 soggetti pubblici di tutta Italia) sono vetusti e classificati da alto consumo energetico: ovvero in classe E, F e G.
Vivere in una casa energivora significa anche destinare una quota significativa del proprio reddito alle spese di riscaldamento-raffrescamento, un fattore che può contribuire a far scivolare le famiglie nella cosiddetta “povertà energetica”: un fenomeno che, secondo le stime dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica, nel 2021 riguardava 2,2 milioni di nuclei.
«A nostro avviso è necessario un fondo ad hoc per intervenire sull’efficientamento energetico dell’edilizia residenziale pubblica (Erp)», sostiene Francesca Andreolli di Ecco.
«Si tratta di un intervento fondamentale per combattere la povertà energetica e per fare in modo che le fasce sociali più deboli non siano escluse dalla transizione ecologica e dai suoi benefici», spiega. Vivere in una casa più efficiente, infatti, non significa solo ridurre i consumi e di conseguenza le spese, ma trascorrere le proprie giornate in ambienti dove non si patiscono caldo o freddo eccessivi. Dove non si corre il rischio di ammalarsi per i troppi spifferi o per l’umidità. Significa vivere in luoghi dignitosi.
Secondo le stime contenute nel rapporto “Ossigeno per la crescita”, le risorse necessarie per riqualificare il patrimonio di edilizia sociale nel nostro Paese sono tra i 15 e i 20 miliardi di euro. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede 2,8 miliardi di euro per il «miglioramento della qualità dell’abitare»che comprende anche l’Erp. I criteri e gli obiettivi di efficienza energetica, però, non sono specificati.
La riduzione dei consumi energetici, insieme all’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, è anche uno degli obiettivi individuati dal nostro Paese all’interno dell’Accordo di partenariato tra Italia e Commissione europea relativo al ciclo di programmazione 2021-2027 della politica di coesione ue. Particolare attenzione viene data agli investimenti di efficientamento energetico, in particolare per quanto riguarda edifici, strutture e impianti pubblici oltre all’edilizia residenziale pubblica “per combattere la povertà energetica”. La priorità, sottolinea l’accordo, deve essere data a interventi su edifici, strutture e impianti a elevato assorbimento di energia e a “interventi di ristrutturazione radicale” che comportino profondi risparmi energetici.
Un impegno che l’Italia ribadisce anche nel documento in cui definisce gli Obiettivi strategici FSC 2021-2027 per le risorse nazionali: all’interno dell’area tematica “Energia” vengono evidenziati come prioritari gli interventi per «migliorare le prestazioni delle strutture produttive meno efficienti e del patrimonio pubblico», sia per quanto riguarda le sedi amministrative e di pubblico servizio, sia per quanto riguarda il patrimonio abitativo.
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