A scuola di efficienza energetica
Istituti più efficienti dal punto di vista energetico fanno bene all’ambiente e agli studenti. Per portare tutte le scuole italiane in classe A servirebbero 40 miliardi, ma i benefici sarebbero moltissimi. Le risorse europee possono essere una strada per raggiungere l’obiettivo, come dimostra il caso di Fiume Veneto.
Vista dall’esterno la “Cesare Battisti” di Fiume Veneto, in provincia di Pordenone, è una scuola come molte altre: costruita tra il 1932 e il 1933 è composta da un bell’edificio dalla facciata imponente su cui si aprono grandi finestre che inondano di luce le dodici classi, i corridoi, la biblioteca e la sala insegnanti.
Ma osservandola con maggiore attenzione si possono notare alcuni elementi interessanti: sul tetto è stato installato un impianto fotovoltaico da 19 Kw di potenza che fornisce energia elettrica all’edificio, al sistema di ventilazione e alla pompa di calore aria-acqua che alimenta il riscaldamento a pavimento. Le vecchie finestre sono state sostituite con nuovi infissi ad alto potere isolante dotate di doppia camera d’aria e triplo vetro. Inoltre, l’intero fabbricato è stato coibentato esternamente «con un sistema a cappotto costituito da pannelli isolanti in poliuretano rigido dello spessore di 12 centimetri», si legge nella relazione tecnica dell’intervento.
«I lavori sono iniziati a giugno 2017, subito dopo la conclusione dell’anno scolastico, e abbiamo corso come matti per poter riportare i ragazzi in classe per l’inizio di quello successivo. Siamo molto soddisfatti perché abbiamo potuto realizzare un intervento radicale di efficientamento energetico dell’edificio», spiega Gianni Battiston, funzionario del Comune di Fiume Veneto. «Il progetto prevedeva di ridurre i consumi energetici del 90 per cento: le verifiche post-esecuzione e i monitoraggi che eseguiamo tramite i contabilizzatori di energia ci hanno confermato questa stima», aggiunge.
La vecchia scuola che prima dell’avvio dei lavori rientrava in classe energetica F (con un indice di prestazione energetica globale non rinnovabile pari a 507,7kWh per metro cubo all’anno) è diventata un moderno edificio in classe A4, con un indice di appena 45,2 kWh per metro cubo all’anno. Il costo complessivo per gli interventi di efficientamento energetico messi in atto supera di poco il milione di euro e, si legge su OpenCoesione, è stato finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) della Regione Friuli Venezia-Giulia nell’asse “Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni”.
«Purtroppo non siamo riusciti a trasformarlo in un edificio ‘Nzeb’, a emissioni quasi zero: condivide parte del sistema di riscaldamento con altri due corpi dello stesso complesso scolastico che erano stati oggetto di precedenti interventi di ristrutturazione e dove era stata mantenuta la caldaia a gas», spiega Battiston.
Il nuovo impianto è comunque stato progettato in modo da privilegiare il riscaldamento dei locali tramite pompa di calore, alimentata da pannelli fotovoltaici, attraverso il nuovo impianto termico a pavimento. «È sufficiente che l’acqua raggiunga i 32 gradi, mentre con i termosifoni tradizionali deve raggiungere i 70 gradi», continua Battiston. «La caldaia a condensazione – prosegue – entra in funzione solo quando le temperature esterne sono inferiori ai cinque gradi, quando l’efficienza della pompa di calore non è ottimale. Questo ci permette di ridurre notevolmente non solo i consumi energetici, ma anche la dipendenza da combustibili fossili».
Secondo le stime contenute nel XXIII rapporto di Legambiente “Ecosistema scuola” – che indaga la qualità degli edifici e dei servizi scolastici analizzando un campione di 5.616 edifici in 94 Comuni capoluoghi di provincia – il 58,7 per cento degli edifici si colloca nelle due peggiori classi di efficienza energetica (F e G) mentre solo il 4,2 per cento si trova in classe A e il 2 per cento in classe B. In concreto, sei scuole su dieci possono essere fredde d’inverno o torride in estate, registrano dispersioni di calore o, al contrario, costringono insegnanti e alunni a convivere con spifferi e umidità.
Rispetto a questa situazione, nel 2019 sono state oggetto di efficientamento il 17 per cento delle scuole prese in esame da Legambiente, ma con una forbice significativa tra il 21 per cento di quelle situate nel Nord, il 15 per cento del Sud e il 5,8 per cento nelle isole. Poco è stato fatto anche per ridurre la dipendenza da gas e petrolio: in media solo il 21 per cento delle scuole prese in esame ha installato pannelli fotovoltaici, con percentuali rovesciate rispetto agli interventi di efficientamento (il 29,4 per cento al Sud, il 20,6 per cento al Nord).
Migliorare l’efficienza energetica delle scuole permetterebbe innanzitutto di garantire maggiore comfort e benessere a chi le vive e le frequenta: intervenire in questo senso sulle scuole, ad esempio, permetterebbe di migliorare la performance scolastica di bambini e ragazzi al punto da poter «risparmiare» dieci giorni di scuola ogni anno secondo il Buildings performance institute Europe (Bpie).
L’obiettivo da raggiungere è certamente ambizioso: per portare tutti gli edifici scolastici d’Italia in “Classe A” servirebbero investimenti per 40 miliardi di euro secondo le stime contenute nello studio “Ossigeno per la crescita. La decarbonizzazione al centro della strategia economica post-Covid 19” pubblicato a settembre 2020 dalla società di consulenza Ref-E. Il vantaggio, però, sarebbe quello di generare un risparmio energetico di 13,5Twh all’anno: circa il 4 per cento della domanda di energia elettrica italiana che, secondo i dati di Terna, nel 2021 è stata pari a 319,9 TWh.
Quello del risparmio energetico è un traguardo verso cui anche l’Unione europea sta puntando con decisione. Il 14 marzo 2023 il Parlamento europeo ha approvato una proposta di revisione della Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (2002/91/CE) il cui obiettivo è quello di ridurre il loro consumo energetico e le loro emissioni di gas climalteranti per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Il dibattito in Italia si è concentrato soprattutto sul comparto residenziale, ma la direttiva riguarda tutti gli edifici, compresi quelli pubblici, che dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 2017 e D entro il 2030, con tre anni di anticipo rispetto a quanto previsto per le abitazioni private.
«C’è una forte volontà da parte dell’Unione europea di dare un ruolo da protagonista al settore pubblico per quanto riguarda l’efficientamento energetico. Inoltre, intervenire sugli edifici pubblici e non residenziali è relativamente più ‘semplice’ soprattutto per quanto riguarda i processi decisionali», spiega Eva Brardinelli, Buildings policy coordinator per il Climate action network Europe (Can Europe), un’Ong con sede a Bruxelles.
C’è poi un’altra direttiva europea che giocherà un ruolo cruciale sulla tecnologia che useremo per riscaldare gli edifici, comprese le scuole: «Si tratta della Direttiva Ecodesign per i prodotti di riscaldamento: il testo attualmente in discussione prevede che dal 2029 non sarà possibile lanciare sul mercato unico europeo caldaie che funzionano esclusivamente a gas, petrolio o carbone, lasciando la possibilità di avere sistemi ibridi o pompe di calore. Un’approvazione della direttiva in questo senso lancerebbe un segnale molto forte ai produttori», spiega Marco Grippa, programme manager dell’Environmental coalition on standards (Ecos).
Nei prossimi anni, grazie alla loro efficienza e, a prescindere dall’approvazione della nuova Direttiva Ecodesign, le pompe di calore saranno il principale strumento per garantire il riscaldamento (e il raffrescamento) domestico e negli edifici pubblici, anche in virtù di un’efficienza energetica tre volte superiore rispetto al tradizionale boiler a gas.
«Ovviamente la soluzione migliore, soprattutto quando gli edifici su cui si vuole intervenire sono vecchi e poco efficienti, prevede innanzitutto un intervento di efficientamento energetico dello stesso per ridurre i consumi energetici, poi il passaggio da una caldaia a combustibile fossile a una pompa di calore», riprende Grippa. A questo punto sarà possibile installare un impianto che non solo è molto più efficiente, ma è tarato sulla domanda energetica di quello specifico edificio», conclude.
Sebbene non sia stato istituito un fondo europeo specificatamente dedicato all’efficientamento energetico, le risorse per progettare e realizzare scuole green ed efficienti non mancano: «Secondo una stima della Commissione Ue, che prende in considerazione diversi fondi, tra cui quelli di Coesione, sul piatto ci sono 33 miliardi all’anno nel periodo 2021-2027 per la riqualificazione energetica», argomenta Brardinelli.
Anche a livello nazionale sono disponibili risorse significative: a ottobre 2022 il ministero per la Transizione ecologica ha messo a disposizione -tramite il fondo Kyoto- 166 milioni di euro per l’efficientamento energetico e il risparmio idrico di edifici scolastici, strutture sanitarie e impianti sportivi di proprietà pubblica. Mentre il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede 3,9 miliardi di euro per finanziare 2.158 «interventi di messa in sicurezza, adeguamento sismico, efficientamento energetico e sostituzione edilizia» nelle scuole, oltre a 800 milioni di euro per abbattere gli edifici scolastici vecchi (e inefficienti) e realizzarne 195 di nuovi.
Intervenire sul tessuto di edilizia scolastica italiano, però presenta alcune difficoltà: gli enti competenti in materia sono i Comuni (per le scuole primarie) e le Province (per le secondarie superiori) che spesso, per mancanza di personale o di competenze specifiche, non hanno la capacità progettuale necessaria per elaborare i progetti che permetterebbero di intercettare i fondi a disposizione. Inoltre, per sfruttare al meglio queste risorse e ottenere il massimo beneficio possibile sono fondamentali interventi di riqualificazione complessivi e integrati evitando, ad esempio, di installare pannelli fotovoltaici su scuole “colabrodo” in classe energetica bassa.
Serve efficientare l’esistente, dove possibile, o abbattere per ricostruire se necessario, anche per effettuare contestualmente interventi di messa in sicurezza e adeguamento sismico.
Una strada che ha seguito anche il Comune di Fiume Veneto. Due edifici della “Cesare Battisti”, che erano stati costruiti negli anni ‘50 e ‘70, sono stati demoliti e poi ricostruiti tra il 2015 e il 2016. Un intervento dettato da ragioni di sicurezza, ma che è stato l’occasione per migliorare anche l’efficienza energetica attraverso l’installazione di un cappotto esterno e serramenti ad alta capacità isolante.
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