La scelta di puntare sui SAF, per quanto non richieda di ridisegnare l’intera aviazione, ha comunque degli ostacoli. Il primo, specifico dei bio-fuels, è la disponibilità limitata di biomasse di scarto. I SAF sintetici non hanno questo problema, ma hanno alti costi di produzione che li rendono, per ora, più sconvenienti del cherosene tradizionale.
«Oggi non ci sono impianti di produzione di cherosene sintetico a livello industriale. Il costo dell’energia elettrica rinnovabile è ancora molto alto» spiega Pettinau. L’idea generale è che gli investimenti del Green Deal riduranno gradualmente i costi dei SAF, mentre produrre cherosene da fonti fossili sarà sempre più costoso grazie all’Emission Trading System. «Ci si aspetta che già tra il 2035 e 2040 si potrebbe arrivare a una competitività, ma ovviamente sono stime con un grado di aleatorietà enorme, ci sono tantissimi parametri in gioco» conclude Pettinau.
Le incertezze tra gli investitori non mancano: secondo una ricerca del gennaio 2024 della European Federation for Transport and Environment (T&E), ong internazionale per la mobilità sostenibile, in Ue i progetti sugli e-fuels stanno sì aumentando, ma gli investimenti faticano a concretizzarsi, soprattutto da parte di banche e privati quando si tratta di finanziare studi di fattibilità, che per definizione non danno garanzie. Lo studio mette inoltre in luce un’Europa a due velocità nello sviluppo del mercato dei carburanti sintetici: tra i casi virtuosi, Francia, Norvegia e Germania; tra i ritardatari, Spagna, Polonia e Italia.
«L’incremento della produzione di e-fuels per l’aviazione dovrebbe essere una priorità delle strategie nazionali di decarbonizzazione del trasporto aereo» scrive Camille Mutrelle di T&E nella presentazione della ricerca. «L’Europa ha bisogno di tutto il cherosene sintetico che può produrre per rendere reale il sogno di voli più sostenibili».