L’intelligenza artificiale per raccontare la strage di Bologna
Come stiamo usando le tecnologie per un lavoro sul 2 agosto 1980
Raramente capita di riflettere su quanto il web e tutto ciò che vi ruota attorno consumino energia. Sembra una realtà intangibile, come l’aria, presente senza alcun costo apparente. In realtà, però, l’industria tecnologica è uno dei settori più dispendiosi in termini energetici, e le intelligenze artificiali (IA) non fanno eccezione.
Raramente capita di riflettere su quanto il web e tutto ciò che vi ruota attorno consumino energia. Sembra una realtà intangibile, come l’aria, presente senza alcun costo apparente. In realtà, però, l’industria tecnologica è uno dei settori più dispendiosi in termini energetici, e le intelligenze artificiali (IA) non fanno eccezione, come sottolinea Mariana Mazzucato in un articolo sul Guardian.
Considerate che il solo video di Despacito su YouTube, con oltre 5 miliardi di visualizzazioni, ha consumato tanta energia quanto quella necessaria per riscaldare 40.000 abitazioni negli Stati Uniti per un anno. E per raffreddare i server che hanno addestrato ChatGPT-3, sono stati impiegati circa 700.000 litri d’acqua, una quantità che evidenzia l’impatto nascosto dell’IA sull’ambiente.
L’infrastruttura necessaria per supportare le applicazioni digitali, come i datacenter di Google e i nuovi supercluster di ricerca di Meta, consuma infatti enormi quantità di risorse, causando una significativa impronta ecologica. Le società tech non solo necessitano di energia per il funzionamento dei server, ma spesso collocano i loro datacenter in regioni dove l’energia elettrica è più economica, il che può aggravare la già scarsa disponibilità di acqua in zone aride. Inoltre, per alimentare i datacenter vengono utilizzati minerali come litio e cobalto, la cui estrazione comporta un elevato impatto ambientale e il rischio di violazioni dei diritti umani.
Il problema, però, non si limita alle risorse naturali, continua Mazzuccato.
Infatti l’infrastruttura energetica nazionale in alcuni Paesi, come il Regno Unito, faticherebbe a soddisfare la domanda. Ciò ha persino bloccato progetti edilizi a Bicester, dove la costruzione di 7.000 nuove abitazioni è stata sospesa per la mancanza di capacità della rete elettrica locale.
La sfida che ci troviamo ad affrontare oggi, conclude, è quella di promuovere modelli di business tecnologici meno estrattivi e più sostenibili. È fondamentale che i governi richiedano trasparenza e accountability alle aziende tecnologiche, magari vincolando i finanziamenti pubblici alla divulgazione delle loro pratiche ambientali. In questo modo, si potrebbe incentivare una gestione responsabile delle risorse e imporre standard di rispetto dei diritti umani lungo le catene di approvvigionamento dei minerali.
Le innovazioni tecnologiche devono rispondere ai grandi problemi di oggi senza comprometterne altri: il rischio, altrimenti, è che i successi raggiunti nell’elettrificazione e nella digitalizzazione si traducano in nuove minacce per l’ambiente.
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