Dialogo di una macchina e di un essere umano
Domande e risposte sul destino della lotta di classe ai tempi delle I.A.
Le battaglie legali contro ChatGPT continuano ad aumentare. Di recente, la Authors Guild, una delle principali organizzazioni professionali per autori negli Stati Uniti, ha presentato una causa contro OpenAI per presunta violazione di copyright.
Le battaglie legali contro ChatGPT continuano ad aumentare. Di recente, la Authors Guild, una delle principali organizzazioni professionali per autori negli Stati Uniti, ha presentato una causa contro OpenAI per presunta violazione di copyright.
Oltre all’organizzazione, a promuovere l’azione legale come singoli ci sono 17 autori di fama internazionale, tra cui nomi molto noti come quello di George R. R. Martin, Jodi Picoult e John Grisham.
Secondo le accuse, OpenAI avrebbe utilizzato le opere di questi autori – tutte protette da copyright – per addestrare i suoi modelli di linguaggio, tra cui ChatGPT.
“Questa pratica potrebbe risultare in opere derivate”, spiegano, “che imitano, riassumono o parafrasano i loro libri”, gratuitamente o a prezzi molto bassi, “andando a danneggiare le loro fonti di guadagno”.
Insomma, questo tipo di output, gratuito o a basso costo, rischia di creare opere derivate che potrebbero sottrarre valore economico agli autori originali, minando i loro guadagni e riducendo la domanda per le opere originali.
Gli autori sottolineano come l’uso delle loro opere per l’addestramento dei modelli linguistici vada oltre i confini del “fair use,” poiché implica un impatto economico diretto e potrebbe incoraggiare la distribuzione di contenuti che richiamano le loro storie, stili e idee, senza però che gli venga riconosciuto il dovuto compenso – o gli vengano almeno attribuiti i crediti per il materiale “di partenza”.
Una situazione, però, non di facile risoluzione dati tutti i nuovi interrogativi che le intelligenze artificiali generative stanno ponendo. Anche, e soprattutto, dal punto di vista legale.
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