
Una delle cose che restano più dure e necessarie che abbiamo scelto in questa rubrica: non solo vale la pena di essere visto, ma ha bisogno di ognuno di noi per diffondersi
Una delle grandi battaglie culturali che si sta svolgendo ormai da anni è quella sul lavoro. Per questo ne parliamo in maniera sistematica su Slowly. Ci sono due elementi di questa battaglia che avvelenano la conversazione:
– il mercato del lavoro, che non è sinonimo di lavoro (e che mostra tutti i suoi limiti, visto che i lavori delle persone indispensabili che mandano avanti interi settori sono spesso sottopagati)
– l’idea che lavoro significhi per forza sacrificio
C’è poi una costante umiliazione dell’altro nella conversazione: il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon che dice che anche i laureati devono accettare di fare i camerieri, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che dice che lo stato non può mantenere chi aspetta il lavoro dei sogni sono solo alcune delle dichiarazioni che buttano benzina sul fuoco.
In effetti, i giornali da anni non fanno che enfatizzare tutti i problemi del reddito di cittadinanza, dimenticandosi sistematicamente i veri numeri.
E dimenticandosi sistematicamente che esiste, sebbene sommerso e per nulla rappresentato, il problema del lavoro povero. Cioè di tutte quelle persone che lavorano – 1,3 milioni secondo l’ISTAT – ma comunque non raggiungono una retribuzione di almeno 12mila euro l’anno.


Una delle cose che restano più dure e necessarie che abbiamo scelto in questa rubrica: non solo vale la pena di essere visto, ma ha bisogno di ognuno di noi per diffondersi

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