
La cosa che resta di oggi parla di cinema e di politica ed è un manifesto di 23 pagine, pubblicato nel 1969 sulla rivista Tricontinental
Una delle grandi battaglie culturali che si sta svolgendo ormai da anni è quella sul lavoro. Per questo ne parliamo in maniera sistematica su Slowly. Ci sono due elementi di questa battaglia che avvelenano la conversazione:
– il mercato del lavoro, che non è sinonimo di lavoro (e che mostra tutti i suoi limiti, visto che i lavori delle persone indispensabili che mandano avanti interi settori sono spesso sottopagati)
– l’idea che lavoro significhi per forza sacrificio
C’è poi una costante umiliazione dell’altro nella conversazione: il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon che dice che anche i laureati devono accettare di fare i camerieri, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che dice che lo stato non può mantenere chi aspetta il lavoro dei sogni sono solo alcune delle dichiarazioni che buttano benzina sul fuoco.
In effetti, i giornali da anni non fanno che enfatizzare tutti i problemi del reddito di cittadinanza, dimenticandosi sistematicamente i veri numeri.
E dimenticandosi sistematicamente che esiste, sebbene sommerso e per nulla rappresentato, il problema del lavoro povero. Cioè di tutte quelle persone che lavorano – 1,3 milioni secondo l’ISTAT – ma comunque non raggiungono una retribuzione di almeno 12mila euro l’anno.


La cosa che resta di oggi parla di cinema e di politica ed è un manifesto di 23 pagine, pubblicato nel 1969 sulla rivista Tricontinental

Mentre Sarkozy esce di carcere dopo meno di un mese, in Italia migliaia di detenuti soffrono “senza respiro” in carcere sovraffollate e sempre più pericolose

Un articolo del 1972 uscito in Olanda che parla di qualcosa che a distanza di più di 50 anni, qui in Italia, è ancora la normalità.

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