La pace si fa anche sventolando le bandiere
Quando il potere e i giornali cercano di spiegarti che manifestare non serve vuol dire che manifestare sta servendo
Di cosa si tratta e perché ci riguarda?
Mentre scrivo, mancano due giorni al termine ultimo per la raccolta firme della campagna Riprendiamoci il comune.
La campagna, promossa da una rete di realtà territoriali locali e nazionali (si va da Acli, Altreconomia, Arci, alla Rete nazionale beni comuni emergenti e a uso civico), non ha trovato alcun tipo di copertura da parte della stampa tradizionale (basta dare un’occhiata a Google News per rendersene conto).
L’idea di fondo che guida questa iniziativa è il ritorno all’idea del pubblico come bene comune, con l’obiettivo – si legge nel materiale preparato dal comitato promotore – di «invertire la rotta rispetto alle politiche liberiste che in questi ultimi decenni hanno costretto i Comuni a mercificare i beni comuni, privatizzare i servizi pubblici locali, alienare il patrimonio pubblico e cementificare il territorio, privando le comunità locali di diritti e servizi».
Perché dentro a campagne come questa c’è l’idea di mondo e di società che abbiamo: un mondo più giusto, solidale, accogliente. Una società che non depreda gli altri per i privilegi di poche persone.
Il comitato promotore ha anche preparato del materiale formativo, secondo il principio che la diffusione di conoscenza contribuisce alla creazione di una società più consapevole.
Quando il potere e i giornali cercano di spiegarti che manifestare non serve vuol dire che manifestare sta servendo
Di certo non delle persone con le mani alzate che fanno vedere al mondo cosa sia la nonviolenza
Se l’Unione vuole avere successo in questa nuova fase, deve rivolgersi verso il Sud. Per Amedeo Lepore, la politica di coesione può consentire di ancorare l’Europa alle profonde trasformazioni della globalizzazione, a condizione che sia in grado di sviluppare un metodo euro-mediterraneo.