Quando parliamo dell’idea di Europa che avevano i padri fondatori, facciamo riferimento a un continente federale, ovvero un’unica grande nazione che contiene al suo interno i singoli Stati. Sulla base di questa idea, le competenze sono ripartite tra stato sovranazionale e singoli entità statali. Così, questa Europa immaginaria avrebbe le chiavi della politica interna, estera, economica, in materia di salute eccetera. Ai singoli stati, poi sarebbero demandate alcune competenze specifiche relative ai singoli territori.
Nel corso degli anni, però, questa idea è stata osteggiata proprio dalle varie realtà statali che si sono poste in difesa dei propri interessi nazionali.
Il racconto di Cedrone parte proprio da questo, cercando di rivedere la narrazione – tanto suggestiva quanto retorica – di un grande paese che dalle ceneri della guerra tirò fuori il Manifesto di Ventotene scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941.
Il sindacalista mette in chiaro fin da subito che – diversamente dal comune sentire – l’idea di Europa è nata partendo da un’esigenza economica, e non da un volere politico.
“Nei giorni subito successivi al ‘45 – comincia il professore -, gli alleati, e in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, iniziarono a porsi il problema di che cosa fare dell’Europa del dopoguerra, che forma darle, e poi naturalmente quale destino pensare per la Germania, che era stata la causa principale della guerra. All’epoca l’esigenza primaria era impedire ai tedeschi di potersi riarmare, limitando così fortemente anche il loro potere economico, che pesava fortemente sull’industria bellica. Allora, alcuni proposero di distruggere le miniere tedesche, minandole o inondandole con l’acqua”.
Così, continua Cedrone, Jean Monnet ebbe un’idea: “Perché invece di smantellarle non proviamo a utilizzarle e a gestirle insieme? È così che nasce la Ceca, la Comunità del Carbone e dell’Acciaio, ma soprattutto è così che nasce l’Europa”.
Ed è qui che Cedrone individua in qualche modo il peccato originale della nascita dell’Unione: “l’Europa degli inizi, quindi, non si è fatta con quell’intento politico – dice – ma economico. Ed è anche per questo che oggi il disegno dei padri fondatori rimane incompiuto”.
“Così – continua il sindacalista -, per quanto pragmatico, il primo passo è nato sbagliato. E lo è stato anche in riferimento alla richiesta culturale che c’era, ovvero quella di chi voleva un’unione federale, l’abolizione degli stati nazionali in favore di un grande soggetto politico per fronteggiare le sfide del secolo prima e del nuovo millennio poi”.