10 e 25, 2 agosto 2024: la strage di Bologna 44 anni dopo

Perché abbiamo prodotto un podcast e cosa ascolterai?

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

A Bologna, nel piazzale della stazione, c’è un orologio fermo sulle 10 e 25.
Ero a Bologna, il 17 novembre 2023, e c’era anche Gabriele Cruciata. Proprio lì, Gabriele mi ha raccontato la storia del podcast che voleva fare insieme a Flavio De Santis sulla strage di Bologna. Un giornalista e uno storico insieme. Un archivio di documenti digitalizzati da rendere pubblico usando uno strumento che consente di fare ricerca. Interviste e storie di persone. E poi una traccia da seguire, una serie di cerchi concentrici, dal più piccolo al più grande, quello che sfugge, seguendo quel che si segue sempre, quando si fa un’inchiesta giornalistica: i soldi. Per arrivare a una rivelazione finale.

Gabriele ha collaborato e collabora con Slow News da tempo (cliccando qui trovi tutte le storie che ha scritto per noi). Sa che siamo piccoli e indipendenti, caotici e non ordinari, ma sa anche che ci innamoriamo dei progetti, che ci mettiamo amore, che ci prendiamo il tempo che ci vuole per far funzionare quello in cui crediamo. Sa che da noi non ci sarebbero state questioni legate alla pubblicità – non esiste pubblicità, su Slow News – né paywall di sorta a bloccare i contenuti. Sa che avremmo garantito totale indipendenza e massimo rigore nel metodo giornalistico.

 

A Slow News sappiamo che Gabriele è una persona rigorosa, metodica, che studia e collega i puntini, che sa come si fa questo lavoro. Che sa fare il giornalista (e sa fare anche i podcast).

Ricordo di avergli chiesto cosa avremmo raccontato di nuovo. Ricordo che anche Fulvio Nebbia – con cui ho fondato IK Produzioni e faccio produzioni video – sollevò esattamente lo stesso dubbio quando glie ne parlai al telefono, ma a quel punto Gabriele mi aveva già convinto ed ero già entusiasta dell’idea.

Mi sono consultato con i miei soci: sapevamo bene che non sarebbe stata un’operazione da cui guadagnare – da subito abbiamo pensato che l’avremmo finanziata, almeno in parte, con un crowdfunding –, che avevamo altre cose da fare, che uno dei nostri problemi è che apriamo mille parentesi e poi facciamo fatica a chiuderle. Ma il tema, la storia, la possibilità di fare un lavoro in cui credere ci hanno conquistati e così ci siamo imbarcati facendo la nostra parte. Il grosso del lavoro l’hanno fatto, con passione e dedizione e facendo molto altro – è il destino di quelli come noi, credo: fare lavori più “alimentari” per potersi permettere di fare quel che amiamo – Gabriele e Dario.

Le scritte, le idee

Quando sono arrivate le prime parti scritte delle puntate mi sono dedicato personalmente all’editing, una di quelle funzioni che nel giornalismo veloce, cotto e mangiato, sparisce subito. Ho cercato di rispettare il tono di voce dei due autori, di snodare le parti troppo intricate, di far rallentare quando mi sembrava che ci fosse una valanga di informazioni, di dare leggerezza quando si poteva. Ho fatto domande e chiesto verifiche e fonti. Ad un certo punto ricordo perfettamente di aver scritto, in uno dei documenti condivisi: «Abbiate pietà di me e di chi vi ascolterà: qui bisogna fermarsi e fare il punto, perché se no al prossimo passo mi aspetto che arrivino gli alieni». 

 

Sì, perché per quanto io potessi saperne, della strage di Bologna, Dario e Gabriele mi hanno trascinato con loro nella tana del bianconiglio e il mio dovere da editor era valorizzare al massimo il loro lavoro. Minimizzando le contestazioni – che ci saranno –, massimizzando l’efficacia del racconto.

 

A proposito di efficacia, quando abbiamo scelto il titolo, 10 e 25, mi è venuta in mente una di quelle cose che poi rimangono lì e non ce ne facciamo molto: mi sono messo a cercare in tutti i libri della Bibbia le citazioni a 10,25 (nella notazione standard, il primo numero indica il capitolo del libro, il secondo il versetto). Ce n’erano alcune che sembravano fatte apposta per noi: le ho raccolte tutte in un documento. Gabriele e io notammo, per esempio, la Prima lettera ai Corinzi 1o,25: «Tutto ciò che è in vendita sul mercato mangiatelo pure, senza indagare per motivo di coscienza». Oppure Esodo 10,25 Rispose Mosè: «Anche tu metterai a nostra disposizione sacrifici e olocausti e noi li offriremo al Signore nostro Dio». O ancora Marco 10,25 E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.

 

Di quest’idea non abbiamo fatto niente. Ma il podcast esiste. Ed esiste anche grazie alla sapiente lavorazione di Rossella Pivanti, che ha reso vivo quel che prima era solo testo digitale e poi voci.

Altre persone, altri lavori

Non ci siamo fermati qui.

Fulvio Nebbia
, con cui facciamo le parti video delle inchieste di Slow News – come quella su Venezia o il lavoro sulla politica di coesione europea – è andato con loro a Roma a intervistare Ennio Remondino, perché vorremmo dare un seguito video a questo progetto e ci serviva avere del materiale che potesse funzionare come teaser. Andrea Coccia ha progettato e curato il crowdfunding. Alessandro Diegoli e poi Andrea Spinelli Barrile i social e quei minimo di rapporti-stampa che ci hanno consentito di andare su La7 e sullo speciale del Manifesto del 2 agosto. L’avvocata Flamina Leuti che ha dato il suo supporto legale.

Dario e Gabriele di ritorno dall'intervista con il giornalista Ennio Remondino. (Fulvio Nebbia, IK Produzioni)

Poi abbiamo deciso di chiedere a Maicol&Mirco di fare i disegni per il podcast. Non eravamo tutti d’accordo, ma in questo caso l’editore – siamo sempre noi, sempre Slow News – si è imposto. Non siamo poi così bravi a imporci, e discutiamo un sacco e ci facciamo venire un sacco di dubbi.

 

Però in questo caso ne avevamo ben pochi: la satira esistenziale degli scarabocchi, per noi, è il tratto perfetto che deve avere l’immagine che accompagna 10 e 25.

 

E ora vedere la cover del podcast lì, in mezzo alle altre, che si distingue con quel rosso e quegli scarabocchi e quel 10 e 25 e l’orologio fatto come fa gli orologi Maicol&Mirco ci fa pensare che sia stata un’ottima scelta!

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.

Le fonti aperte

Tra tutte le cose che mi hanno convinto di questo progetto ce n’è una che è un’ossessione per me, per Gabriele, per Slow News. Ed è l’idea che chi fa giornalismo debba mettere le persone in condizione di seguire le proprie orme e debba aprire – quando possibile e quando non si mette a repentaglio una fonte – il proprio archivio di informazioni.

È per questo che abbiamo un archivio su uno strumento che si chiama Pinpoint e che, per ora, è riservato alle persone che hanno sostenuto e stanno sostenendo il crowdfunding di 10 e 25. Con il tempo, lo renderemo disponibile affinché chiunque possa rifare le ricerche che sono state fatte per arrivare alla fine di questa storia.

Almeno, quella che siamo in grado di raccontare il 2 agosto 2024.

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