Le soluzioni degli altri
Venezia è unica. Ma non è l’unica. E non è sola.
Edimburgo è una delle città europee con il più alto tasso di Airbnb: è una città sotto assedio.
C’è un reportage di Jack London che si intitola The People of the Abyss, Il popolo dell’Abisso, scritto dall’americano dopo aver vissuto tre mesi nell’East End di Londra. Era il 1902. I quartieri popolari di Londra erano una giungla. Secondo il censimento del 1901, all’epoca nella Inner London vivevano 4 milioni 536mila 267 persone. Di queste, registra London, 1 milione e 800mila persone viveva nella miseria o sull’orlo della povertà, mentre circa un altro milione, scrive espressamente «distavano soltanto una settimana di stipendio dalla miseria». Tra questa gente vige una guerra intestina continua e a bassa intensità: una competizione sul dormire, sul mangiare, sull’abitare, sul lavarsi, sul curarsi, persino sul morire. Una guerra a tutto campo tra poveri e strapoveri, che, nel settore abitativo, ci mostra una dinamica che somiglia in modo inquietante a quella innescata dal fenomeno Airbnb.
Cosa c’entra Airbnb con le guerre tra poveracci dell’East End di inizio Novecento? C’entra che nel 1903, l’affittuaria di London, potremmo chiamarla la signora Upright, gliela racconta così: «Gli altri, i forestieri e la gente di classe inferiore alla nostra riescono a starci in cinque o sei famiglie in questa casa, mentre noi ci viviamo da soli. Per questo possono pagare un affitto più alto di quello che ci possiamo permettere noi. È scioccante, sir».
L’innesco del problema è semplice: sei hai a disposizione una serie di case da affittare e del quartiere non ti frega granché, visto che magari non ci abiti più e con quelle rendite ti paghi una vita tranquilla in qualche dominio di campagna, allora ti conviene certamente affittare le tua proprietà a più gente e per periodi brevi che affittarle tutta intere a lungo termine a famiglie di residenti. Rapporti più fluidi, veloci, spesso fuori dalla portata del fisco. Nessun problema con inquilini morosi che, perso il lavoro, non riescono a stare dietro alle spese di casa. Ma, soprattutto, introiti molto più importanti.
Esattamente come ora. A distanza di più di un secolo, infatti, in moltissimi dei quartieri residenziali delle maggiori città europee e americano, in un contesto in cui mancano leggi e regolamentazioni delle comunità a tutela del territorio e dell’abitare, tra affittare una casa per diversi anni a una famiglia di residenti e affittare la stessa a chiunque passi per caso in città per due o tre giorni alla volta attraverso una delle tante piattaforme di affitti a breve termine, non c’è alcuna possibilità di concorrenza: in media con le piattaforme e gli affitti brevi si incassa circa 3 volte di più.
Le chiamano “locazioni immobiliate a breve termine”, e che siano gestite da Airbnb o da altre piattaforme online, stanno innescando dinamiche pericolose, avendo un impatto molto forte sul tessuto sociale ed economico delle maggiori città occidentali. Da Parigi a New York, da Barcellona a San Francisco, da Madrid a Londra. Quasi tutte le principali città che rappresentano un’attrazione per il turismo di massa sono coinvolte.
Un caso interessante da cui partire è quello di Edimburgo. La capitale della Scozia sta vivendo un periodo di esplosione del turismo, tanto che quasi il 10 per cento delle attività economiche della città sono ormai consacrate ad esso. Un boom che sta cavalcando anche Airbnb che, secondo uno studio pubblicato nel 2018, avrebbe registrato nella sola Edimburgo un aumento del giro d’affari del 70 per cento, con oltre 1 milione di utenti all’anno. Uno su cinque dell’intera popolazione turistica della città.
Il 14 marzo del 2018, a un incontro sull’impatto di Airbnb organizzato dalla Cockburn Association nella chiesa metodista di Edimburgo, una anziana residente del centro storico della città, Rosemary Mann, ha raccontato una dinamica simile a quella esposta dalla signora Upright a Jack London 116 anni prima. «Per molto tempo la mia scala è stata abitata solo da residenti», disse la signora Mann, «con solo un appartamento su otto che era affittato a quello che allora chiamavamo affitti a breve termine, e duravano 6 mesi. Erano gestiti localmente e professionalmente. Non avevamo problemi».
Negli stessi mesi del 2018, Edimburgo registrava sul suo territorio il 41 per cento degli alloggi presenti sulla piattaforma di Airbnb nell’intera Scozia. Il 55 per cento di questi alloggi erano appartamenti interi. Senza contare tutti gli alloggi non censiti, potenzialmente potrebbero essere altrettanti, nel centro di Edimburgo c’è almeno un alloggio di Airbnb ogni 10 residenti. A distanza di quarant’anni dai bei tempi rimpianti dalla signora Mann, nella sua scala lei è rimasta l’unica padrona di casa. Degli altri 7 appartamenti, 6 sono in affitto a breve termine su Airbnb o su altre piattaforme.
Secondo i dati diffusi nell’aprile del 2019 da Landbay, una piattaforma di prestiti per mutui, in tutta la Gran Bretagna Edimburgo è la città in cui il prezzo degli affitti è salito di più negli ultimi dodici mesi, con quasi il 6 per cento di aumento secco da marzo a marzo. Un aumento che, se calcolato su 10 anni, viene stimato a quasi il 50 per cento. Se oggi, dunque, l’affitto di una casa nel centro di Edimburgo come quella della signora Mann, con tre letti e due stanze, costa circa 1400 sterline, significa che quella stessa casa, appena 10 anni fa, ovvero prima della diffusione delle piattaforme di affitto online, veniva affittata a poco più di 1000 sterline.
D’altronde basta passeggiare per il centro della città, inoltrarsi per gli stretti vicoli che scendono dal King Mile e su cui danno le porte di servizio dei palazzi della strada. A fianco della quasi totalità dei campanelli, in quasi tutti i portoni, c’è una piccola scatoletta nera. Le chiamano key safes e sono delle cassettine di sicurezza in miniatura a cui si accede con un codice. Custodiscono le chiavi degli appartamenti. Per avere una casa tutta per te nel centro storico di una città, insomma, non devi nemmeno più avere a che fare con il proprietario.
Da quanto dichiara Airbnb stessa, a Edimburgo in questo momento ci sono più di 11mila case in affitto sulla propria piattaforma, a un prezzo medio di 109 sterline a notte. Di queste, più di 7 mila sono appartamenti interi. Di questi, più di 4mila sono annunci pubblicati da utenti che su Airbnb hanno anche altri annunci. In media, circa il 30 per cento delle volte, hanno almeno 3 annunci, ma spesso sono anche di più.
Se all’inizio Airbnb poteva essere un servizio utilizzato da singoli proprietari per affittare la propria casa, ovvero, in qualche modo, una vera piattaforma di sharing economy che poteva supportare, con un reddito alternativo e parallelo, la vita economica dei residenti, ora non è più così. I piccoli proprietari come la signora Upright sono sempre meno. Spesso l’appartamento viene acquistato da una società, magari straniera, che quindi non ha nessun interesse nel preservare gli equilibri sociali ed economici della città: la proprietà si è svincolata totalmente dal territorio e dalla comunità. Ed è un grosso problema.
Quando si innesca una dinamica del genere, quando, di più, ci si iniziano a infilare delle società che comprano decine di appartamenti e, senza metterli sul mercato residenziale, li mettono a disposizione dei turisti, il vortice dell’abisso accelera.
Più affitti a breve termine ci sono in un quartiere, più i potenziali affittuari residenti dovranno competere con rendite il doppio più alte di quelle che possono offrire loro. Perché, un po’ come diceva la signora a Jack London, una decina di coppiette di turisti che pagano 109 sterline a notte rendono molto di più di una coppia che te ne dà in media 1400 al mese per un bilocale. Per lo stesso bilocale.
Se gli affitti salgono, però, non vuol dire che il valore della casa o del quartiere salga con loro. Come diceva la signora Mann, quando 7 su 8 dei vicini era gente con cui condividevi decenni di quotidianità e di comunità, il quartiere rifioriva. Ora che 6 su 8 sono turisti, quasi sempre stranieri, che cambiano ogni due o tre giorni diversi, per quanto ti possa andare bene hai perso 6 vicini di casa, ovvero chiacchiere, aiuto, fiducia, scambi, tessuto sociale. Un decadimento che alla lunga potrebbe avere ripercussioni anche sul valore economico delle proprietà stesse.
A proposito del tessuto sociale, la signora Mann ancora una volta ha capito tutto ed è molto lucida nel raccontarlo: «Ci sono meno residenti che prestano attenzione alle tegole slittate e alle grondaie ostruite, alla vegetazione che cresce sui muri, alle macchie di umidità, all’intonaco che si stacca dal muro. L’onere della manutenzione ricade su un minor numero di persone, se non finanziariamente, a livello di gestionale: va a finire che resta un solo proprietario-occupante o inquilino a lungo termine per organizzare ispezioni e riparazioni di routine. Peggio ancora, potrebbe anche non esserci un residente di lungo periodo, quindi nessuno che tengo d’occhio le aree comuni del tetto e delle pareti, il che si tradurrà nel decadimento del valore del patrimonio abitativo».
“Decay of the fabric of the housing stock”. Usa queste parole la signora Mann. Significa “decadimento del valore del patrimonio abitativo”. Ovvero, quando il tessuto sociale si impoverisce, quando i palazzi si svuotano di abitanti e lasciano il posto a passanti, anche il valore delle case rischia si abbassarsi, soprattutto se l’investimento è fatto a scopi residenziali e non a scopi speculativi. Si deteriorano, diventano dormitori per turisti, hotel che costano meno degli hotel per gente che hanno pochi soldi per viaggiare. Gli stessi che temeva la signora Upright dell’East End. D’altronde, chi vorrebbe abitare in un palazzo frequentato sempre e solo da perenni passanti sconosciuti?
Andrew Mitchell è il Responsabile dei servizi di regolamentazione per il Comune di Edimburgo. Nella sua relazione di fronte alla signora Mann, individua cinque punti problematici.
Niente che la signora Mann e la proprietaria di casa di Jack London non avessero già intuito, ma alle implicazioni dell’epoca di Jack London, come anche del dopo guerra della signora Mann, si è aggiunta una dinamica totalmente nuova e molto, molto insidiosa.
Per osservarla possiamo restare a Edimburgo, sempre sulla scala del condominio della signora Mann, ma dobbiamo cambiare punto di vista. Ora dobbiamo metterci nei panni della coppia di turisti francesi che arriva in quel condominio un pomeriggio, mettiamo di metà dicembre, quando la sera scende veloce subito dopo pranzo e dalla collina si accendono le luci del castello che domina la città.
Si tratta di una coppia giovane, precaria e non certo ricca. Si sono potuti permettere una vacanza in Scozia grazie a un volo low cost pagato 60 euro tra andata e ritorno, diretto, da Charles de Gaulle. Sono il target perfetto di Airbnb, fanno parte di quel 20 per cento di turisti che, secondo il rapporto della Colliers International citato dalla BBC, nella capitale scozzese scelgono la piattaforma digitale piuttosto che il classico hotel.
Sono sbarcati intorno a mezzogiorno. Con solo i loro bagagli a mano arrivano in città prendendo il tram e, sbagliando un paio di volte la strada, entro tre ore dall’atterraggio sono di fronte al portone del loro alloggio a Edimburgo. Seguono le istruzioni mandate via mail dall’host. Arrivano davanti a un portone, nel mezzo di in un vicolo, e si trovano di fronte a una parete di Blackbox. Non ci sono portieri, non ci sono passanti, non ci sono residenti. Non c’è nessuno a cui chiedere. I due si guardano attorno, perplessi. Si consultano e poi si avvicinano al portone. Hanno selezionato, seguendo le istruzioni da caccia al tesoro, una piccola scatola nera attaccata al muro, poco sotto ai campanelli. Smaneggiano un po’, ma niente. Poi riguardano il cellulare, ma niente. Ci riprovano, ancora una volta e una volta ancora.
Prima che suoni il cellulare e lui risponda con un sorriso di sollievo, passano almeno altri venti minuti. Nel frattempo sono passati due vicini e un postino, ma nessuno ha parlato con nessuno fino alla telefonata del proprietario — o del presunto tale — sollecitato da un messaggio che la coppia gli ha inviato preoccupata dalla piattaforma.
Nessuno parla con nessuno da dopo la telefonata fino al momento in cui finalmente i due riescono ad aprire la scatoletta nera, estrarre delle chiavi, infilarle nella porta e sparire dentro, richiudendosela alle spalle. A osservare la scena, con l’ansia che prova ogni volta che arriva la successiva coppia di sconosciuti a dormire di fianco a lei, possiamo immaginarci la signora Mann. Li guarda dall’alto della scala. Esattamente come potrebbe fare quella stessa coppia, quando è nel proprio condominio a Parigi e osserva e ascolta con timore ogni volta che nell’appartamento di fianco, in affitto con Booking o con Airbnb, arrivano degli sconosciuti.
Forse non sembra, ma questa è una scena più complicata rispetto sia di quella della signora Upright che parla con Jack London nell’East End di inizio Novecento sia di quella della signora Mann. L’aspetto più interessante è che questa coppia, a differenza dei coniugi Upright, è nello stesso momento la vittima e il carnefice di se stessa. Sia il servo che il padrone della dinamica che stiamo affrontando.
Non lo sono esattamente nello stesso momento, in realtà. Ora che sono a Edimburgo, mentre passeggiano lungo la King Mile e scelgono in qualche pub berranno le loro birre dopo aver visitato il castello, si sentono veramente dei re. E lo sono. Per una media di 109 euro a notte si sono potuti comprare un’esperienza unica: avere la sensazione di vivere nella Edimburgo super borghese, essere dei privilegiati. Oggi sono loro ad essere in vacanza, sono loro i padroni.
Ma la pacchia dura giusto quel weekend. Non appena questo finisce, i due diligentemente tornano a casa loro e, come Cenerentola dopo la mezzanotte, ritornano magicamente i poveri servi del sistema, vittime della stessa dinamica che hanno alimentato con il loro soggiorno a Edimburgo.
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