
Un attacco contro il paternalismo, una malattia molto italiana che caratterizza il discorso dei giornali, della politica, della scuola e della famiglia.
Un’interpellanza presentata il 20 febbraio ai ministri della Difesa e della Salute dal deputato Andrea Quartini (M5s) chiede lumi sullo “stato di degrado” e sulla carenza di personale dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, un hub di produzione farmaceutica di proprietà dello Stato (è affidato all’Esercito) in cui si producono farmaci orfani (medicinali usati per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento di alcune malattie rare), farmaci salvavita e cannabis terapeutica.
Sì, lo Stato italiano produce farmaci per rispondere alle emergenze sanitarie del Paese e soddisfare le esigenze farmaceutiche delle Forze Armate.
Una situazione, quella dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, nota e denunciata da tempo dai sindacati e dalla stessa Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che a fronte dei cospicui investimenti stanziati per adeguare alcuni fabbricati per la produzione di anticorpi monoclonali segnalano “l’evidente stato di degrado in cui versa buona parte delle altre strutture utilizzate per le varie attività”. Degrado strutturale cui si aggiunge un degrado lavorativo: carenza cronica di personale, in particolare nelle figure apicali più qualificate, che sta determinando lo stop forzato di diverse linee di approvvigionamento e di produzione.
Umberto Fragassi, portavoce RSU, ha pubblicato una lettera aperta su Quotidiano Sanità in cui denuncia le “gravi ripercussioni sulle legittime richieste di tutti i pazienti che necessitano dei farmaci salvavita che l’Istituto non riesce più ad assicurare, probabilmente, a causa di un disegno politico, in atto già da diverso tempo. Tale strategia, ha creato, fatalmente, una situazione di estremo disagio nel personale civile, consapevole di non riuscire più ad essere interlocutore di tutti coloro che consideravano l’Istituto la loro unica ancora di salvezza”.
Le soluzioni proposte sono diverse: aumentare il budget della Difesa, spostare il controllo dello Stabilimento dal ministero della Difesa alla Presidenza del Consiglio (come è stato già fatto per la Protezione Civile), migliorare la sinergia tra i ministeri che si occupano di finanziare lo Stabilimento. Una cosa è certa: nessuno Stato al mondo può permettersi di chiudere uno stabilimento di produzione farmaceutica. L’Italia sembra ci stia riuscendo.
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