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Le auto in città minacciano i nostri figli
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Intervistato da un podcast del Corriere della Sera dedicato alla decisione di Milano di diventare città a 30 km/h (a cui abbiamo dedicato anche noi la puntata di Slowly del 13 gennaio), l’urbanista Matteo Dondé ha ripetuto dati che, tra chi si occupa di mobilità, si sentono ripetere spesso:
- un’auto rimane parcheggiata il 92% del tempo, occupando il più delle volte, uno spazio pubblico;
- circa il 50 % degli spostamento in città sono nel raggio di 3 km/h;
- meno di 7 bambini su 100 vanno a scuola a piedi o in bici.
Dei tre punti, i primi due sono evidenti agli occhi di tutti coloro che l’auto in città la usano abitualmente. Quello meno evidente è il terzo, il cui riflesso è un altro, ancora più grave: 93 bambini su 100 vanno a scuola portati in auto dai propri genitori, un fenomeno che alcuni chiamano genitori-taxi e che è drammatico e molto sottovalutato. Ha effetti devastanti sulla vita psicomotoria dei minori e riduce la loro libertà in una maniera insostenibile.
“I bambini di oggi sono rinchiusi a scuola e in casa, rinchiusi in auto a fare la spola tra di loro, rinchiusi dalla paura, dalla sorveglianza e dalla povertà e rinchiusi in rigidi orari”, scriveva una scrittrice inglese nel 2013 (l’ho scovata leggendo Monbiot sul Guardian). Ed è una verità crudele che è il frutto delle nostre scelte e di quelle dei nostri politici e urbanisti nel corso degli ultimi 50 anni.
Uno studio inglese del 2016 ha dimostrato che i bambini di oggi stanno metà del tempo in strada rispetto.a quanto facevano i loro genitori negli anni Settanta. Un altro studio, effettuato da ricercatori dell’Università del Michigan nel 2008, ha rilevato che la quantità media di tempo trascorso dai bambini a giocare all’aperto è diminuito di quasi il 90% tra il 1981 e il 1997: se nel 1997 i bambini trascorrevano in media 7 minuti al giorno giocando all’aperto, nel 1981 quella media era di 45 minuti al giorno.
Perché è importante mettersi nei panni dei più piccoli e usare il loro punto di vista per portare avanti la battaglia civile per riavere delle città a misura di essere umani e non di automobili? Perché funziona. Nel 1971, ad Amsterdam, fu proprio la difesa dei bambini a muovere il gruppo Stop de Kindermoord, che in pochi anni, grazie a una battaglia civile, cambiò radicalmente faccia a quella che oggi è il modello internazionale più famoso quando si parla di città a misura di essere umani.
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