Il piano Marshall di Giorgia l’Africana

Ci chiedevamo: che forma ha il Piano Marshall per l’Africa annunciato dal governo Meloni?

Una risposta l’ha data il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenendo ad una conferenza organizzata dalla Fondazione Med-Or all’Università Luiss di Roma in occasione della visita e dell’incontro con il presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud.

  1. La prima questione, lo abbiamo ormai capito e non c’era bisogno di annunci ma bastavano le firme, si lega ad una strategia sulle materie prime: “Vogliamo diventare hub energetico per tutta l’Europa, e il  continente africano è ricco di fonti energetiche. Inoltre, siamo la seconda manifattura d’Europa e abbiamo bisogno di materie prime in tutti i settori: ecco perché dobbiamo rinforzare i legami con i paesi africani, dobbiamo farlo non guardando all’Africa con l’occhio del neo-colonizzatore, ma leggendo la situazione africana con occhiali africani”. L’idea, non nuova ma certamente migliore della classica pioggia di aiuti, è “far sì che le nostre imprese si trasformino in protagoniste e creatrici di joint-venture con le imprese africane, per trasformare le materie prime in Africa con manodopera africana e per dare un segnale di completa differenziazione dagli altri”. Un modello che è già, da anni, quello di diverse aziende italiane operanti nel continente africano, soprattutto nel settore delle materie prime: caffè, frutta e prodotti agricoli in particolare.
  2. Sul tema flussi migratori la posizione è, invece, nota: “Abbiamo anche interesse a risolvere insieme agli africani il problema dell’immigrazione, perché c’è anche un’immigrazione interna al continente africano”. Favorire la crescita, investimenti e una strategia europea “a guida italiana”, ha detto il ministro Tajani: “Che l’Europa investa insieme, perché da questi investimenti dipende anche il nostro futuro”.
  3. C’è poi la formazione. In particolare, si era già visto durante l’incontro, sempre alla Luiss ma a dicembre 2022, con il presidente del Niger Mohamed Bazoum, l’Italia sembra avere intenzione di investire nella formazione di competenze, anche coinvolgendo il Ministero dell’Università: “Dobbiamo lavorare assieme nei tanti settori dove possiamo esportare know-how, contribuire alla formazione delle migliori leve nei paesi africani”. La formazione universitaria “è parte della nostra strategia: abbiamo presentato un piano per formare giovani africani attraverso le nostre università e le università telematiche per avere classi dirigenti che siano interlocutori privilegiati” che tuttavia non può funzionare se non saranno modificati i criteri soggettivi di accesso in Italia. Sono centinaia, ogni anno, gli studenti africani che vedono negarsi il visto per studio, nonostante dossier in regola e l’esborso di denaro per voli, alloggi, rette universitarie (che vanno pagate prima di richiedere il visto).

Ora, queste cose come dicevamo non sono nuove. Già con Renzi l’Italia sembrava proiettata verso l’Africa: con l’aiuto di Pagella Politica ricordiamo che la prima visita di Renzi in Africa subsahariana fu nel 2014, tra il 19 e il 21 luglio. Angola, Congo-Brazzaville e Mozambico le destinazioni. A luglio 2015, Renzi fece due visite, sempre della durata di un giorno: Kenya e Etiopia. Tra l’1 e il 3 di febbraio 2016, infine, visitò la Nigeria, il Ghana (dove è andato anche Matteo Salvini da Ministro dell’Interno) e il Senegal.

Durante il suo (ancor breve) mandato, Giorgia Meloni ha visitato Tunisia e Libia e ha mandato ministri in Egitto e Marocco. A marzo 2023 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà invece in visita in Kenya e, sempre a marzo, anche Giorgia Meloni tornerà in Africa, ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia.

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