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La cosa che resta di oggi è una canzone. L’ha scritta Federico Dragogna e fa parte di Fuori, il terzo album de I Ministri, pubblicato il 12 ottobre 2010. L’abbiamo scelta perché, come spesso capita nelle canzoni dei Ministri, è una lucida e corrosiva critica ad alcune delle caratteristiche peggiori dell’Italia di ieri di oggi e, se non cambiamo direzione, anche di domani: il paternalismo della classe dirigente italiana, che infantilizza cittadine e cittadini e minimizza tutto ciò che mette a disagio o genera conflitto.
Come scriveva Alberto Puliafito qualche giorno fa in un editoriale che parlava di pace: «Sì minimizzano le istanze contro la guerra (“è complicato”), si minimizzano le disuguaglianze (“non possiamo aiutare tutti”), si minimizza perfino l’indignazione (“serve concretezza, non idealismo”). È il modo più efficace per anestetizzare il pensiero critico: riconoscere formalmente un problema, ma togliergli ogni urgenza».
La canzone Una questione politica, sotto forma di dialogo-farsa, mette in scena questo teatrino: da una parte la voce di una persona che lotta, o che cerca di lottare per affrontare la realtà e che per farlo ci mette il proprio corpo. Dall’altra la voce di chi invece il proprio corpo non ce lo mette, ma che con pavidità e opportunismo prende tempo, minimizza, fino a quando non c’è più niente da fare.
È una canzone potente, radicale, e, questa sì, decisamente politica. La puoi ascoltare da qui.
Se ti interessa la critica al paternalismo insito nel giornalismo italiano, quella spinta equilibrista e conservatrice che minimizza il disagio e il conflitto e normalizza genocidi stigmatizzando le vetrine rotte, puoi leggere questo intervento di Alberto Puliafito che si intitola Fare un giornale è un atto politico e quest’altro di Andrea Coccia che si intitola Perché ci schieriamo? E da che parte stiamo?.


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